È una data che porta sempre con sé un pizzico di ilarità: il primo aprile. Tra due settimane sarà anche il primo giorno di lavoro in Governo per il neo-consigliere federale Martin Pfister, ma tutto lascia pensare che per lui ci sarà ben poco da scherzare. Quasi sconosciuto fino a poco tempo fa, perlomeno a livello nazionale, mercoledì scorso Pfister è stato eletto in Consiglio federale. Un’elezione brillante, al secondo turno, con il suo rivale di partito, Markus Ritter, che ha dovuto fare buon viso a cattiva sorte, lui che ha vestito per diverse settimane i panni del favorito. In nome del partito del Centro, Pfister prenderà il posto di Viola Amherd, in Governo e anche alla guida del Dipartimento della difesa, della popolazione e dello sport. Un Dipartimento alle prese con un’ampia serie di grattacapi, e questo in un momento estremamente delicato a causa delle continue turbolenze internazionali che stanno mettendo a dura prova la politica di sicurezza europea, e di conseguenza anche quella svizzera.
Colonnello di milizia nell’esercito, Martin Pfister è da quasi dieci anni consigliere di Stato a Zugo, responsabile della sanità cantonale. A Berna lo aspetta un Dipartimento in cui lavorano oltre 12mila dipendenti, di gran lunga il più corposo di tutta l’amministrazione federale. Un colosso, e colossali sono anche le sfide che attendono il neo-ministro. Una di queste riguarda proprio il personale. E qui dovrà riuscire a muovere le pedine giuste, visto che c’è da ricomporre la cabina di comando della nostra difesa nazionale. Né più, né meno. Nei prossimi mesi occorrerà trovare un nuovo capo dell’esercito, un nuovo responsabile dei servizi segreti e un nuovo comandante delle forze aeree. Il neo-ministro della difesa dovrà dimostrare di avere fiuto nella scelta di queste figure di grande prestigio e responsabilità, dopo la cascata di dimissioni che ha segnato le scorse settimane. Per Pfister la selezione di questi nuovi comandanti sarà di certo uno dei suoi primi banchi di prova, lui che al momento non conosce i meccanismi e le dinamiche interne alla macchina amministrativa federale.
Non per nulla c’è anche chi ha definito la sua elezione un azzardo per le incognite che porta con sé, proprio per la sua scarsa conoscenza della Berna federale. Ma per il neo-ministro zughese le sfide non finiscono qui, da affrontare ci sono anche tutti gli altri cantieri aperti del Dipartimento della difesa. Ne citiamo solo un paio: c’è da fare ordine nell’ambito informatico e in quello dell’armamento, per progetti che globalmente raggiungono i 19 miliardi di spesa. E qui ci sono dei passi falsi da scongiurare, come quello dei droni da ricognizione di fabbricazione israeliana, acquistati da tempo ma non ancora operativi. Ma c’è anche da calmare le acque attorno all’ordinazione dei 36 nuovi caccia da combattimento F/35, voluti per sostituire gli ormai vetusti FA/18. È un contratto da sei miliardi di franchi già sottoscritto da tempo. A Berna, in Parlamento, c’è però chi teme che il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump possa rimetterlo in discussione, vista l’impulsività con cui si muove il presidente statunitense. Il Dipartimento della difesa è chiamato a chiarire al più presto la situazione, anche per evitare ritardi nella consegna dei nuovi caccia.
Sono dunque parecchi i nodi da sciogliere e gli interrogativi che già si affastellano sulla scrivania del nuovo capo della Difesa, atteso ad un rodaggio tutto in salita. Ma al di là di questi e altri grattacapi interni al suo Dipartimento c’è anche da capire quale sarà l’impulso politico che Martin Pfister sarà in grado di trasmettere al Consiglio federale nel suo insieme. E questo è un argomento che ci riporta al giorno della sua elezione. Il voto è segreto e mai si conosceranno le dinamiche che hanno portato il colonnello Pfister in Governo. Stando però alle dichiarazioni di diversi parlamentari, una delle ragioni di questa elezione è da ricercare nella personalità di Pfister, a quanto pare particolarmente portata alla collegialità e al dialogo. Non così invece per il suo rivale in questa corsa al Governo, il sangallese Markus Ritter, consigliere nazionale dal 2011 e lobbista di prim’ordine in difesa dei contadini. Un politico dalla personalità molto decisa, ma anche divisiva, e considerato da molti a Berna poco incline al dialogo e al confronto costruttivo, aspetti che di certo gli sono costati il posto in Consiglio federale. Dal canto suo Martin Pfister è senza dubbio un uomo di Governo, lo ha dimostrato nell’Esecutivo del suo Cantone, ora occorrerà capire come questo storico di formazione riuscirà a portare questa sua esperienza anche all’interno del Consiglio federale.
Pfister è un esponente del Centro, posizionato sulla destra del partito ma con un’apertura sull’Europa – a suo dire la Svizzera ha bisogno di un rilancio degli accordi bilaterali – e sulla Nato, con cui nella sua visione il nostro Paese deve intensificare la collaborazione, sempre nel rispetto della neutralità. Due temi che hanno di certo convinto la sinistra a sostenerlo, come del resto ha fatto anche una parte del PLR e dello stesso Centro. Nella speranza che Pfister possa portare questo suo slancio anche in Governo, per dare al Consiglio federale una linea più chiara in questi due ambiti, così decisivi per il posizionamento internazionale del nostro Paese. Su questi due temi dovrà però non solo riuscire a costruire una solida base all’interno del Governo ma anche in Parlamento. Con l’UDC che non mancherà di prenderlo di mira, anche pesantemente, come del resto succede già oggi quando i ministri degli altri partiti esprimono visioni e progetti diversi rispetto alle grandi linee guida del partito democentrista. In Consiglio federale al momento si è creato quello che viene definito un «blocco», in cui la PLR Karin Keller Sutter e l’UDC Albert Rösti dettano spesso il ritmo delle operazioni, con il sostegno dei loro rispettivi compagni di partito, Guy Parmelin e Ignazio Cassis. In questo modo la maggioranza governativa è salda, visto che gli altri tre ministri finiscono sovente in minoranza. Ora c’è chi pensa che l’arrivo di Pfister possa portare ad una modifica di queste dinamiche, ma anche chi invece ritiene che il neo-eletto andrà a rafforzare ulteriormente questo blocco di destra. Per saperlo non ci resta che attendere, il futuro ci dirà anche un’altra cosa, decisamente determinante: se questa elezione di un politico con scarsa esperienza a Berna sarà stata un azzardo esagerato, e perdente, oppure una scommessa vinta.