Una delle regole del buon giornalismo è seguire una vicenda sino alla sua conclusione. Per esempio se qualcuno viene accusato di un crimine, bisognerebbe raccontare le indagini, il processo e il verdetto finale con lo stesso spazio e la stessa evidenza delle prime accuse. Certo è difficile mettere in pratica questo principio quando le notizie si accavallano con un ritmo sempre più veloce, ma non è proprio questo che distingue il giornalismo superficiale da quello di qualità?
Mi sono chiesto se lo stesso principio potrebbe applicarsi anche al giornalismo turistico. Per esempio una decina d’anni fa destò un enorme interesse la proposta di case in vendita in Sicilia a un euro. Casualmente ero a Salemi nel 2008 quando il sindaco Vittorio Sgarbi lanciò per la prima volta l’idea: sorprendente, quasi provocatoria ma indiscutibilmente geniale.
Nel centro storico di Salemi vi erano molte case di famiglia abbandonate e in cattive condizioni dopo il terremoto del Belice del 1968; altre appartenevano a emigranti che avevano lasciato il paese per sempre. Ricordo che i primi acquirenti e gli agenti immobiliari, soprattutto inglesi, arrivarono subito numerosi. La curiosità era tangibile. La BBC acquistò due appartamenti e raccontò la ristrutturazione in una popolare serie TV: Amanda & Alan’s Italian Job.
L’entusiasmo non svanì neppure quando emerse che le case a un euro erano solo quelle pericolanti. Per quelle in condizioni ragionevoli serviva più denaro e l’euro in questione era più che altro una base d’asta. Ma soprattutto gli acquirenti avrebbero dovuto impegnarsi a ristrutturare gli edifici a loro spese ed entro un tempo stabilito, con un esborso notevole. Pur con questi limiti, l’idea ha avuto notevole fortuna ed è stata subito imitata da altri comuni siciliani: Gangi (2014), Sambuca (2019), Mussomeli (2020). Poi si è diffusa in Toscana, Sardegna e Calabria; infine è stata adottata anche all’estero, in Spagna, Francia e Portogallo.
Ma torniamo alla domanda iniziale: quasi vent’anni dopo, a che punto siamo? La proposta ha dato i risultati sperati? La risposta è incerta. Per cominciare, prima ancora di recuperare il patrimonio immobiliare, si cerca di rivitalizzare la comunità locale, dissanguata dall’emigrazione, quella storica dell’ultimo secolo e quella contemporanea dei giovani. In molti piccoli paesi i pochi cittadini rimasti non bastano più per mantenere un medico locale o un supermercato; la scuola chiude o viene accorpata per mancanza di scolari.
Anche dove il paese è più grande e ha conservato una certa vitalità, gli abitanti hanno preferito trasferirsi in nuove case di periferia e il centro storico è comunque in abbandono. Per questo diverse amministrazioni hanno pensato di invitare gli stranieri. Dopo tutto la Sicilia è sempre stata una terra di passaggio di popoli diversi e l’identità dell’isola, dalla lingua alla cucina, dall’arte alla musica, è il risultato di questa straordinaria mescolanza.
E tuttavia molti dei nuovi venuti, incluse parecchie celebrità, come l’attrice Lorraine Bracco (The Sopranos), cercavano soprattutto una casa di vacanza e pochi si sono trasferiti davvero in Sicilia per la maggior parte dell’anno. Un flusso esiguo ma promettente di nomadi digitali, ovvero di lavoratori da remoto, si è interrotto a causa del Covid e solo ora è in lenta ripresa; e non è facile comunque lavorare da un’isola.
Anche i meglio intenzionati poi si scontrano con trattative interminabili, lentezze burocratiche, imprese edili poco efficienti e inclini a fermarsi quando il nuovo proprietario si allontana. Per questo, dopo oltre un decennio da quegli inizi pieni di entusiasmo, un certo scetticismo sembra diffondersi, soprattutto per quanto riguarda i tempi dei lavori.
Alcuni cominciano a pensare che gli stranieri non siano la soluzione, che si dovrebbe puntare piuttosto sul «turismo delle radici» (un nuovo termine di moda) per invogliare al ritorno gli eredi degli emigranti di un tempo, che oltretutto spesso sono già padroni di qualche porzione di casa a seguito di divisioni ereditarie.
Qualcun altro ricorda, non senza ragioni, che la Sicilia non è l’America e che una certa rilassata lentezza del vivere è parte del suo carattere e del suo fascino. In Sicilia tutto avviene con gradualità, tra soste e ripartenze: case a un euro comprese.