Quando tira aria di guerra

by Claudia

Une mese fa circa l’Ufficio federale per l’approvvigionamento del Paese ha pubblicato un nuovo opuscolo per raccomandare alla popolazione di rinnovare le scorte di prima necessità. Perché, come si poteva apprendere dall’introduzione al documento, «una crisi inattesa può manifestarsi in qualunque momento». Non credo che questo appello abbia avuto un effetto diretto. Ma ho potuto costatare i cambiamenti nel comportamento dei clienti, miei vicini, nelle code davanti alle casse della Migros. Da qualche settimana ho notato due cose: in primo luogo che il montante medio della spesa, effettuata da ciascuno di essi, è più che raddoppiato. Poi che la composizione dei prodotti nel carrello della spesa è mutata. Ora si compra il necessario. Sacchetti di riso e di farina, pacchi di pasta di tutte le forme e qualità, acqua minerale e succhi, burro, margarina, legumi in scatola e congelati, olio, zucchero, sale e, soprattutto, caffè, anch’esso in tutte le forme e le qualità. Il mio intuito di economista mi suggerisce – naturalmente posso anche sbagliarmi – che nelle nostre famiglie si stanno ricostituendo le scorte. Le scorte di beni di prima necessità? Ecco un termine che, da decenni, era scomparso dal nostro vocabolario. I cambiamenti che ho osservato e osservo nel mio supermercato cominciano ad essere confermati dalle statistiche sui consumi.

Da qualche mese il fatturato del commercio al dettaglio continua a crescere rispetto ai dati dello scorso anno. Contemporaneamente i prezzi di una serie di prodotti continuano ad aumentare, non da ultimo perché questi beni sono più richiesti. Come ho già ricordato, non penso che l’aumento dei consumi di questi ultimi mesi sia arrivato per effetto degli appelli delle autorità responsabili dell’approvvigionamento del Paese. E non è che nei nostri supermercati si incontrino scaffali vuoti. Insomma, finora non credo si siano manifestate difficoltà nell’approvvigionamento. Ma, da quando si è insediata l’amministrazione Trump, le aspettative economiche non sono buone. Le previsioni di crescita per il 2025 vengono riviste verso il basso in Europa, come da noi. Inoltre l’evoluzione delle forniture e dei prezzi di una larga serie di beni alimentari potrebbero essere minacciate, nel prossimo futuro, in Europa, da un lato dalla guerra in Ucraina e dall’altro dalla guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump. La guerra in Ucraina sta forse per arrivare, per una combinazione di circostanze, al suo momento risolutivo.

Ma è possibile che il cessate il fuoco, che potrebbe essere negoziato da Trump, non porti alla pace definitiva. Non si può nemmeno escludere che un alleggerimento degli impegni bellici in Ucraina suggerisca a Putin di avviare altrove analoghe «operazioni speciali», in particolare nei Paesi baltici. Per i Paesi europei la guerra in Ucraina è un’ipoteca che, sin dall’inizio, ha pesato negativamente sulle opportunità di crescita delle loro economie. Ma ancora più negativamente rischiano di pesare su queste opportunità le decisioni prese nelle ultime settimane dall’amministrazione Trump. Abbandonati ormai da quello che era il loro maggior alleato e protettore, i Paesi europei stanno cercando di correre ai ripari aumentando le loro spese militari. Ma il forte aumento dei budget militari non farà che incrementare i loro debiti pubblici che, in certi casi, già sono saliti alle stelle.

Ancora più preoccupante è però la possibile guerra commerciale che l’amministrazione Trump sta lanciando con l’imposizione di dazi sproporzionati anche sulle importazioni da alcuni Paesi europei (Svizzera non esclusa). Gli Stati Uniti sono il maggior mercato per le nostre aziende esportatrici. L’imposizione di dazi sulle merci esportate dalla Svizzera verso gli Usa potrebbe quindi avere ripercussioni negative importanti sia sulla crescita che sul rincaro. E questo anche se, come si può pensare, i nuovi dazi non saranno applicati all’insieme dei prodotti di esportazione. Tira insomma aria di guerra, sebbene per il momento potrebbe essere solo una guerra commerciale. Prima ancora della borsa, che comincia a rivedere i valori dei titoli verso il basso, sono i consumatori che corrono ai ripari e ricostituiscono le scorte di prima necessità. Per evitare che cosa? In primis l’aumento dei prezzi e poi di restare senza prodotti.