«Nel contesto del Ticino, come in molte altre regioni, la questione dei genitori invadenti a scuola riguarda il comportamento di genitori che si intromettono in modo eccessivo o inappropriato nelle decisioni scolastiche, nel percorso educativo dei propri figli o nelle dinamiche interne degli istituti scolastici. Questo fenomeno può generare conflitti tra scuola, docenti e famiglie, complicando il rapporto educativo e la gestione della comunità scolastica». Lo dice l’intelligenza artificiale, in questo caso ChatGPT. Sarà vero? Senza dubbio. È un tema che la saggezza popolare ha, da anni, sintetizzato con un aneddoto: una volta, se un allievo veniva redarguito a scuola, quando raccontava l’accaduto veniva rimproverato anche a casa. Ora non più, la famiglia difende il figlio a prescindere.
«D’istinto il genitore difende il proprio figlio. Chi non darebbe la vita per il proprio figlio? – è quanto ci dice Enrico Santinelli della Conferenza Cantonale dei Genitori (CCG) – Lo fanno tutti, c’è poco da fare. Per la buona educazione del figlio sarebbe giusto valutare, discutere e, se necessario, redarguire il proprio figlio se ha fatto qualcosa di male. Ma è vero che non sempre riusciamo ad essere razionali. Forse questo è anche il risultato della nostra società, che richiede sempre più impegno a livello professionale e quindi c’è meno tempo a casa per essere più razionali».
Claudio Della Santa, del Dipartimento Formazione e Apprendimento della SUPSI, inquadra il tema: «Probabilmente i cambiamenti non sono da ascrivere alla sola relazione tra genitori e scuola, ma al modo in cui si configura la società stessa al giorno d’oggi: la qualità e la coesione del tessuto sociale, la partecipazione alle attività collettive, la fiducia nelle istituzioni e il modo di rapportarsi con esse sono tutti aspetti che sono stati messi in discussione e sono mutati in questi decenni, generando incertezza e diffidenza nei confronti dell’altro. Questo si rispecchia anche nel rapporto tra i genitori e i docenti, provocando a volte situazioni di delega di responsabilità, di accuse reciproche e, in ultima analisi, di deresponsabilizzazione dell’allievo, che percepisce nella fragile alleanza educativa una mancanza di sostegno nei suoi confronti. La collaborazione scuola famiglia al giorno d’oggi è dunque una dinamica che va ricercata da entrambe le parti ed instaurata progressivamente attraverso una comunicazione trasparente e regolare. Quando avviene, i vantaggi sono indubbi: per esempio si genera una migliore riuscita educativa e dunque maggiori probabilità di successo scolastico e si identificano soluzioni più durature ed efficaci alle problematiche».
Un rapporto che si basa sulla fiducia
Il fenomeno va quindi contestualizzato nelle mutazioni del tessuto sociale. L’alleanza educativa, che Della Santa definisce fragile, sembra essere un punto centrale.
«Secondo me la fiducia nella scuola da parte delle famiglie c’è. – sostiene Santinelli – Ci sono però dei genitori, a mio parere pochi, che fanno notizia, che denunciano le mancanze che ci sono nella scuola. E le mancanze ci sono. Anche 50 anni fa c’era il docente bravo e quello meno bravo. Questo vale per tutti gli ambiti lavorativi: 80% normali, 10% eccellenti e 10% inconcludenti. Quindi anche fra i docenti abbiamo questo aspetto. Penso sia giusto far notare chi nella scuola non è adatto o non è al posto giusto e che influenza negativamente i ragazzi che gli sono affidati. Una volta forse i genitori non reagivano di fronte a situazioni anomale, non direi per rispetto delle istituzioni, ma perché non avevano la volontà o la capacità di farlo. Oggi c’è chi reagisce di fronte a situazioni scorrette».
Diamo la parola anche a una docente, molto attenta e lucida nel descrivere il suo ruolo: «Il mio intento non è di fare di tutta l’erba un fascio, – scrive Giorgia Imperiali sulla rivista Verifiche – dicendo che tutte le famiglie sono ingestibili. Spezzo quindi una lancia a favore di tutti quei genitori che si dimostrano comprensivi e che hanno compreso che tutti quanti noi vogliamo solo il bene dei bambini. Che si fidano di noi docenti e della scuola. Perché è proprio qui che sta il nodo cruciale. La fiducia. La fiducia in un docente che ogni giorno usa ogni grammo del suo essere per rendere l’apprendimento un’esperienza entusiasmante e formativa».
Dal genitore iperprotettivo al genitore assente
Il grado scolastico più delicato è la scuola media. Perché i giovani attraversano un momento cruciale del loro sviluppo e perché, tendenzialmente, sono chiamati a scegliere prospettive formative o professionali che varranno per il resto della vita. In questa fase il ruolo della famiglia è molto importante e si declina in modi diversi: o troppo invadente e iperprotettiva o, perfino, assente. Un operatore sociale che è anche genitore, Stefano Bernaschina, ha uno sguardo che definisce «drammatico» della famiglia di oggi. Sostiene infatti che «la genitorialità di oggi è molto assente e la definirei “famiglia dell’abbandono”. Vedo grandi parcheggi dove stazionano bambini, da preasili zeppi da mattino a sera, da servizi prescolastici e post-scolastici, da nonni impiegati come genitori in affitto non retribuiti. Qualche mese fa ho partecipato a un convegno organizzato dall’Assicurazione invalidità. Un relatore identificava come sintomo del disagio giovanile di pochi anni fa la trasgressione, che portava all’uso di sostanze, al bullismo e al vandalismo. Oggi sembra sia la “mancanza di senso” a farla da padrone, che porta alla resa, all’abbandonarsi in sé stessi, al “chi se ne frega”. È importante avere docenti che non chiudano la porta a genitori che desiderano partecipare alla crescita del proprio figlio. Per questo, occorre avere docenti in chiaro e sicuri di ciò che stanno facendo».
Un’altra docente, Giulia Tavarini, annota su Verifiche: «Abbiamo a che fare con famiglie iperprotettive e preoccupate del profitto scolastico dei ragazzi, che si sentono sotto pressione perché non vogliono deludere le aspettative dei loro genitori. Questo controllo può essere a volte asfissiante e provocare delle ansie. Iperproteggere i bambini non li aiuta a trovare le proprie strategie per far fronte alle frustrazioni della vita».
Altro aspetto che può ripercuotersi sulla scuola sono le attività post scolastiche che impegnano bambini e ragazzi. Sport, ginnastica, corsi di musica, cori, balli e balletti, attività varie. L’agenda settimanale di tanti allievi è impressionante. «Si cerca di far fare ai ragazzi molto di più. Un po’ perché ne abbiamo la possibilità, un po’ perché pensiamo sia utile e interessante per loro e un po’ per lavarci la coscienza perché siamo meno presenti come genitori. – afferma Santinelli – È un dato di fatto. C’è sempre meno tempo per stare con se stessi».
L’importanza della comunicazione
I docenti e le direzioni sono pronti a gestire il rapporto con i genitori? «Personalmente – precisa Claudio Della Santa – ritengo che direzioni e docenti sono consapevoli dell’importanza di una relazione positiva e aperta con i genitori e dunque tentano di curare al meglio questa dimensione, anche sostenendo e accogliendo genitori in difficoltà. È importante ricordarsi che dal punto di vista comunicativo ogni conflitto nasconde un bisogno che va riconosciuto, espresso e considerato, proprio per ritrovare un dialogo e un’alleanza educativa a favore della crescita del bambino».
La CCG cosa chiede alla scuola? «Chiediamo di ascoltare i genitori e di dialogare nel rispetto reciproco. – sottolinea Enrico Santinelli – Attualmente stiamo cercando di favorire il dialogo fra le direzioni e le assemblee dei genitori. Dobbiamo poter comunicare direttamente con le famiglie, grazie alla posta elettronica. Una volta era la direzione della sede scolastica che contattava i genitori tramite i ragazzi. Naturalmente la comunicazione non funzionava perché, molto spesso, i ragazzi dimenticavano di consegnare alla famiglia le comunicazioni. Ora c’è un progetto concreto con il CERDD (Centro di risorse didattiche e digitali), così le assemblee potranno a breve comunicare direttamente con i genitori. Il nostro scopo è promuovere il coinvolgimento dei genitori nella formazione dei giovani e vegliare sul buon funzionamento della scuola. Attualmente notiamo una pericolosa tendenza a ridurre le risorse della scuola, come si è visto recentemente sulla questione dei tagli al personale scolastico e sociosanitario, e lì ci siamo attivati. Cerchiamo di fare pressione, anche a livello politico, su questi temi. Abbiamo avuto recentemente un paio di incontri con Marina Carobbio, direttrice del DECS. Partecipiamo ai lavori delle commissioni che riguardano la scuola e la formazione professionale. Poi lavoriamo con le assemblee dei genitori delle sedi scolastiche per cercare di farle funzionare nel modo migliore».
Anche nella legge
La legge sulla scuola del 1990 stabilisce che «le componenti della scuola sono i docenti e gli operatori scolastici specializzati, gli allievi e i genitori e, nelle scuole professionali, i formatori». Inoltre, che «la scuola promuove, in collaborazione con la famiglia e con le altre istituzioni educative, lo sviluppo armonico di persone in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società e di realizzare sempre più le istanze di giustizia e di libertà».
La collaborazione fra scuola e famiglia è quindi un caposaldo assoluto, come sostiene Claudio Della Santa: «Un noto proverbio africano afferma “per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”. Ciò permette di illustrare in una frase la necessità di creare una buona sinergia tra una molteplicità di istanze educative. Attraverso questa legge si esprime chiaramente che la scuola e i suoi attori non possono svolgere efficacemente la loro azione educativa senza la collaborazione e la partecipazione dei genitori. Nel concreto, si traduce sul piano istituzionale nell’esistenza dell’assemblea e del comitato genitori, due istanze con le quali la direzione e i docenti possono dialogare per migliorare l’efficacia educativa, e sul piano dei singoli individui nell’importanza di un contatto regolare, di un’informazione e coordinamento reciproco a vantaggio dell’allievo e del suo percorso di apprendimento e di sviluppo».