Trent’anni di Scintille

by Claudia

Incontri: la passione dell’attrice e regista Katya Troise che del teatro ha fatto una filosofia di vita

Il periodo della pandemia ha impresso segni profondi nelle dinamiche del teatro indipendente ticinese. L’interruzione di molte attività, già precarie per loro natura, ha compromesso produzioni e progetti obbligando tutti a una sofferta apnea. Un capitolo buio, indubbiamente, in cui però c’è chi non ha mai smesso di sognare. Perché il teatro, professionale e amatoriale, è fatto di sogni, sacrifici e resistenza. Poi il tempo passa e dà ragione a chi ha tenacia e continua a nutrire la passione. Anche scrivendo continuando a pensare al teatro, come ha fatto l’attrice, regista e pedagoga Katya Troise con le sue Visioni da una nuvola zuccherata, una raccolta di pensieri poetici scaturiti da quel periodo di magra forzata poi pubblicati in un volumetto. Quando a Locarno nel 1995, con il primo corso per bambini, veniva fondata l’Associazione Scintille, teatro e spazio creativo, Katya aveva poco più di vent’anni ma aveva già ben in mente che cosa fare. Con il passare del tempo quell’attività si è consolidata inglobando un anno dopo anche il Piccolo Teatro di Locarno e diventando un punto di riferimento locale con i suoi corsi annuali e con decine di spettacoli per l’infanzia e l’adolescenza presentati in istituti scolastici, festival oltre a progetti di teatro-scuola. In coincidenza con il 30esimo dell’associazione è ancora Katya Troise, sostenuta dal suo comitato, a raccontare una storia legata al teatro, fra l’amatoriale e il professionale, un lungo percorso di formazione che si è trasformato in filosofia di vita. «Il teatro si è talmente mescolato al mio quotidiano – ci racconta – che è diventato un modo di vivere. A furia di stare in mezzo alle persone, lavorare con le loro emozioni è diventato anche un modo di vedere il mondo. Le emozioni non hanno età e il teatro permette di incontrare tutti, di annullare o far cadere le maschere. In questi trent’anni ho affinato la conduzione di un gruppo: un lavoro di grande responsabilità e faticoso perché si ha a che fare con delle persone, che siano adulti, bambini o ragazzi. Ma è un’attività che permette di incontrarsi e di allargare le vedute. Chi fa teatro o prova a farlo una volta poi non può più far finta di non sentire o di non vedere. Si acquisisce uno sguardo diverso, si apre una finestra sul mondo che non si chiuderà più». L’abbiamo incontrata in occasione della presentazione del programma che accompagna l’importante anniversario. Il suo entusiasmo è contagioso.

Katya, nella formazione dei bambini quanto conta l’aspetto inclusivo?
Il tema è attorno a noi e ovunque. Con i bambini giochiamo al teatro, ci tengo sempre a sottolineare questo aspetto. È una disciplina con le sue regole ma nel gioco tutto è possibile e tutto è per finta. Quindi possiamo far finta di litigare, di usare le armi, tutte quelle cose che possono essere brutte o violente ma siamo in un laboratorio, in uno spazio protetto. Giocando si può far tutto, e questo, che sia consapevole o inconsapevole, è un modo per includere.

Quali attività formative di Scintille attirano di più?
Sono delle chiamate diverse. Quella rivolta ai bambini spesso è un’attività promossa dai genitori per occuparli in modo costruttivo. C’è anche quella legata alle caratterialità, come nel caso di soggetti particolarmente timidi dove spesso avvengono dei veri e propri miracoli. Nel caso dei ragazzi sono spesso, anche in questo caso, i genitori a spingerli. Per l’adolescente la voglia di partecipare dipende molto da chi c’è e da che cosa si fa. Il gruppo ha un ruolo determinante. C’è molta richiesta e molta necessità di avviare al teatro la fascia d’età delle scuole medie. Vent’anni fa era tutto diverso e il programma che proponevo era differente. Oggi lnternet porta a un modo di pensare veloce per cui il corso deve essere accattivante. I ritmi lenti e i momenti di silenzio sono difficili da digerire per cui dapprima bisogna conquistare la fiducia. Solo allora si possono affrontare livelli d’esperienza differenti.

Qual è il suo sguardo sul resto del territorio?
Sono in contatto e conosco la realtà di altri professionisti come me e siamo un po’ tutti sulla stessa barca: tutti vorremmo più mezzi. Ho però notato che certe mancanze invece di unirci ci separano, rimaniamo tutti nel nostro guscio. E anche se collaboriamo siamo sempre un po’ schivi. Non avverto la volontà di unirsi. Io sono invece convinta che si potrebbero fare molte cose mettendosi insieme. In modo un po’ ingenuo ho sempre lottato affinché Scintille restasse piccola. Non perché siamo in pochi ma perché è molto importante curare le cose piccole, poi crescono da sole…

Torniamo alla formazione: va verso il teatro amatoriale o quello professionale?
Fra i ragazzi delle medie e del liceo che hanno seguito i miei corsi, per più di tre anni, diversi hanno partecipato a provini. Qualcuno c’è riuscito in Francia, in Italia, in Danimarca, altri hanno continuato la formazione e sono diventati dei professionisti. Per i bambini invece non mi pongo questa prospettiva. Faccio soprattutto in modo che possano condividere il lavoro di gruppo, giocare, aprirsi. Ricordo con piacere Claudia Lombardi che ha partecipato al gruppo adulti e che oggi, a distanza di anni, con il centro della sua Fondazione rappresenta una realtà e un’opportunità importante per i giovani.

Che cosa manca a Scintille?
Lo spazio fisico, una sede. Per il resto, ho scelto un lavoro che mi rende felice. Non ne farei un altro, mi lascia libera. Lo dico sempre ai miei allievi: fate qualcosa che vi renda felici. E se sei felice sei libero.