Un microcosmo di credenze

by Claudia

Sono ben 503 le comunità religiose nel cantone: una cartografia

In una terra tutto sommato geograficamente piccola come il Ticino si contano ben 503 diverse comunità religiose. Lo scopriamo osservando una mappa online del nostro cantone (https://geo-religions.ch/it/) punteggiata da mezzo migliaio di puntini interattivi. Clicchi sopra uno di loro ed ecco che esce una breve scheda sulla comunità in questione: il nome, mettiamo Associazione Thai Swiss buddhisti in Ticino (abbr. Wat Thai); la data di creazione: 2013; la tradizione di appartenenza: Buddismo; l’indirizzo e altri dati. Stiamo parlando del progetto di cartografia Re:Spiri, realizzato dal Centro intercantonale di informazione sulle credenze (CIC) e sostenuto – oltre che dal Percento culturale Migros – dal Servizio per l’integrazione degli stranieri (SIS), dal Dipartimento delle istituzioni (DI), dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS).

Attenzione, non significa che in Ticino ci siano cinquecento diverse religioni, ma – come spiegano gli autori di Re:Spiri – cinquecento «istituzioni sociali rappresentati da individui, specialisti religiosi e non, che si incontrano fisicamente in un luogo a intervalli regolari per attività ed eventi dal carattere esplicitamente religioso». Perciò, ad esempio, sono indicate tutte le parrocchie ticinesi e il cattolicesimo romano conta da solo 318 comunità su 503. Le tradizioni religiose di riferimento sono dieci: oltre al Cristianesimo, il Buddismo, l’Ebraismo; l’Esoterismo, la Fede baha’i, l’Induismo, l’Islam, i Nuovi movimenti religiosi, le Nuove spiritualità e lo Spiritismo/la Medianità. Abbiamo chiesto a Tatiana Roveri, che con Federica Moretti ha curato il progetto sotto la direzione di Manéli Farahmand e Mischa Piraud, di spiegarci come è nato e con quali scopi: «Questa ricerca si concentra sull’analisi spaziale della dimensione religiosa. Ha l’obiettivo di accrescere la comprensione del fenomeno religioso e anche del suo ancoraggio nello spazio, analizzando la dimensione collettiva delle comunità e i loro luoghi di culto. Mostrando l’importanza di conoscere cosa c’è sul territorio, mostra la diversità da un altro punto di vista e permette alle istituzioni un’adeguata comprensione per poi sviluppare delle politiche pubbliche».

Anni fa Michela Trisconi aveva scritto un Repertorio delle religioni nel Canton Ticino. Il vostro è uno sviluppo di quello studio?
Dal punto di vista scientifico è un aggiornamento del Repertorio. Ma l’approccio è un po’ diverso. Nel primo caso c’erano schede approfondite sulle varie religioni, noi ci siamo concentrati sulle comunità e sui luoghi di culto. Le nostre definizioni si basano sulla comprensione sociologica delle comunità in quanto gruppi di persone che a intervalli regolari si ritrovano in un luogo di culto fisico per motivi religiosi o spirituali.

Nel lavoro di Trisconi non c’erano le comunità cattoliche, tra l’altro.
Esatto. Secondo le nostre definizioni ci sono 503 comunità religiose in Ticino nel 2024. Abbiamo ad esempio preso in considerazione tutte le parrocchie. Invece nel Repertorio del 2007 c’era una spiegazione generale sulla Chiesa cattolica romana.

Ci sono dieci tradizioni repertoriate, le grandi religioni e alcune galassie, come le nuove spiritualità e l’esoterismo. Cosa si può dire di queste realtà in Ticino oggi?
Abbiamo repertoriato una presenza importante, ci sono 17 comunità esoteriche, 15 nuovi movimenti religiosi e 14 nuove spiritualità. Questo mostra la trasformazione del paesaggio religioso ticinese, che, come in altri cantoni in Svizzera, va in questa direzione. In numerosi studi emerge infatti che le persone si sentono più spirituali che religiose o spirituali ma non religiose. Anche i numeri rilevati in Ticino lo dimostrano.

Poi c’è l’Islam di cui si è parlato molto dal 2001 in avanti anche come potenziale fonte di preoccupazioni. Fino a poco tempo fa si parlava di un 5% di musulmani in svizzera. Oggi la situazione com’è?
Secondo i dati dell’UST sulle appartenenze religiose individuali nel 2023, le persone musulmane nel nostro cantone rappresentano il 2,2% della popolazione. Noi abbiamo repertoriato nove comunità musulmane in Ticino. Il fatto che la percentuale sia più bassa forse dipende dal fatto che qui ci sono meno centri urbani. Abbiamo anche analizzato le attività socioculturali delle comunità e per quanto riguarda quelle musulmane si possono notare varie iniziative svolte verso la società. Questo apre un dato interessante per quanto riguarda la questione dell’integrazione e della coesione sociale. Un altro dato che abbiamo rilevato riguarda le lingue del culto.

E cosa emerge?
Emerge che nelle comunità religiose il culto viene svolto in 36 lingue diverse, ma l’italiano è presente in quasi tutte le comunità e nella totalità delle comunità musulmane.

È stato difficile ottenere i dati dalle comunità religiose?
Considerando l’ampiezza e la complessità del campo di analisi è stata una sfida, ma la partecipazione è stata rilevante e pari all’84% delle comunità repertoriate. Noi abbiamo approcciato le comunità, i loro responsabili attraverso un formulario che mirava a raccogliere dati fattuali sulle loro realtà e che poteva essere compilato in una quindicina di minuti. L’abbiamo fatto anche per telefono e tramite organizzazioni mantello, come la federazione delle chiese evangeliche in Ticino. È stato più complesso per quelle comunità che non sono così strutturate in un’organizzazione più ampia. Ma è stato piuttosto complesso anche con le parrocchie, forse per questioni di struttura. D’altra parte, spesso il ruolo di responsabili di comunità viene svolto in modo volontario o all’interno di gremi. Abbiamo avuto situazioni in cui erano in contatto personalmente con alcuni responsabili che promettevano di compilare il formulario ma poi non lo compilavano.

Come mai?
Come in qualsiasi ricerca può dipendere da vari fattori e situazioni, comprese questioni molto pratiche come una mancanza di tempo o una dimenticanza. Nel caso della nostro progetto, tuttavia, possono anche esserci ragioni più concettuali come il non sentirsi rappresentati dalle categorie utilizzate e in particolare il non riconoscersi nel concetto di «religione». E questo nonostante abbiamo deciso di utilizzare anche il termine «spiritualità».

Questo vuole anche dire che c’è un sommerso religioso che probabilmente non siete riusciti a repertoriare.
A dire il vero ritengo questa ricerca come un inizio, suscettibile di uno sviluppo futuro. Abbiamo una carta interattiva che può costantemente aggiornarsi. Anche altre comunità religiose che magari non abbiamo individuato potranno essere inserite. E allo stesso tempo si potranno registrare dei cambiamenti di indirizzo.

Ce ne sono?
Tre comunità da quando abbiamo terminato la ricerca a maggio 2024 si sono trasferite. Il fatto di avere una carta interattiva premette di tenere conto anche di questi aspetti e di comprendere come mai. Alcune l’hanno fatto per esempio per motivi di affitto, trasferendosi in un posto più piccolo che costava meno o più centrale.

Voi non utilizzate mai il termine «sette religiose», come mai?
Perché vogliamo un’informazione neutra e scientifica. Usiamo invece ad esempio l’espressione «derive settarie» per spiegare che certi fenomeni negativi sono possibili anche all’interno di denominazioni religiose comuni.