Come tanti suoi colleghi, per Yulianna Avdeeva «il compositore e il brano preferito sono quelli che sto suonando: altrimenti sarebbe impossibile stabilire una connessione intima e appassionata con quelle note».
È il motivo per cui alla classica domanda su quali siano i suoi autori prediletti la risposta è più che ecumenica: «Bach, Beethoven, Schubert, Schumann, Chopin, Liszt, Rachmaninov, Mahler, Prokof’ev, Šostakovič, Bartok…» E ovviamente Čajkovskij: martedì prossimo a Monaco di Baviera e due giorni dopo al Lac, Markus Poschner e l’Orchestra della Svizzera Italiana l’accompagneranno nel suo primo Concerto. «Come non annoverarlo? Furono di Čajkovskij le prime note che suonai in pubblico, a sei anni: due brani tratti dall’Album per la gioventù. Studiavo da una decina di mesi, i miei genitori non sono musicisti, ma grandi appassionati di musica sì; ascoltavo i loro dischi e con un dito solo cercavo di riprodurre le melodie sul pianoforte verticale di casa; mi portarono alla Gnessin (la scuola per talenti di Mosca, ndr.), dove studiai per tredici anni, prima di trasferirmi a Zurigo per perfezionarmi con Konstantin Sherbakov».
Di quel precoce debutto ricorda ancora le emozioni: «I miei mi ripetevano di non sentirmi in soggezione per le luci e la gente in sala, di concentrarmi sulla musica; invece io trovavo esaltante proprio quell’atmosfera, mi piaceva l’idea di condividere il piacere della musica con tanta gente. Fu lì che decisi di tentare la strada della concertista».
Anche oggi, sulla soglia dei quarant’anni (li compirà a luglio), sente in fondo a sé la stessa emozione di quando ne aveva sei: «La paragono all’eccitazione dei bambini alla vigilia di Natale: da piccoli si attende l’arrivo dei regali, ci si prepara senza sapere bene che cosa si troverà nei pacchetti; allo stesso modo si studia un programma e non si vede l’ora di salire sul palco, ma non si può mai prevedere con certezza il risultato: la reazione del pubblico, l’atmosfera della sala, il tipo di pianoforte, il proprio umore del momento… Sull’esecuzione incidono tanti fattori, in buona parte incalcolabili».
Se in Germania Poschner dirigerà la Quinta di Beethoven, al Lac sui leggii dell’Osi ci sarà la Nona sinfonia di Šostakovič, un autore con cui Avdeeva condivide una tappa della carriera: «Lui partecipò alla prima edizione del Concorso Chopin di Varsavia, nel 1927, e soprattutto da giovane suonava spessissimo Chopin». L’autore, e il concorso, che hanno consacrato la pianista russa: nel 2010 ha vinto l’edizione che celebrava il bicentenario dalla nascita del Polacco, quarta donna nella storia, dopo il duo Czerny-Stefanska e Bella Davidovic nel 1949 e a 45 anni da Martha Argerich, trionfatrice nel 1965. «Mi ritrovai Davidovic e Argerich in giuria: fu una fortuna poter parlare con loro durante il concorso. Era il bicentenario, c’era un’atmosfera di festa in città; tutti i concorrenti suonano solo Chopin, per trovare la mia chiave interpretativa studiai anche la storia, gli scrittori, i pittori (in particolare Delacroix) e i semplici amici che circondavano il Polacco e in qualche modo ebbero qualche influenza su di lui».
Come Chopin, anche Adveeva adora giocare a scacchi: «Cosa non rara tra musicisti; ho visitato il museo Prokof’ev a Mosca, che è la casa dove visse tra il 1948 e il 1953; ci sono ancora la sua scacchiera e una lettera in cui invita a giocare il grande violinista Oistrakh. Era bravo, riuscì a battere l’ex campione del mondo Capablanca!»