Torna in scena la brillante commedia di sapore ottocentesco "Boston Marriage": al Kursaal di Locarno il 1. e il 2 aprile e al Cinema Teatro di Chiasso il 6 aprile
Il teatro è, per chi scrive, uno spazio di interrogazione della realtà e del vivere comune; tuttavia, non sempre deve sentirsi costretto a riflettere sulle questioni più alte. Ci può essere, insomma, un’apertura alla leggerezza, al gusto per la battuta sagace, per l’interpretazione e la maestria; a patto che, ovviamente, il contesto rimanga qualitativamente alto e non privo di intelligenza. Proprio per questo ha convinto due anni fa Boston Marriage, la brillante commedia scritta da David Mamet che al LAC avevamo apprezzato con la regia di Giorgio Sangati e la carismatica presenza scenica di Maria Paiato. Chi se lo fosse perso ora può recuperare, perché lo spettacolo torna a calcare le scene ticinesi, e più precisamente è in cartellone al Teatro di Locarno domani e dopodomani, 1. e 2 aprile, e al Cinema Teatro di Chiasso domenica 6 aprile.
Inizialmente il testo sembra richiamare atmosfere classiche, anche per la scenografia piuttosto tradizionale e borghese: un divano rosso, signore benvestite e pettinate le quali alludono con una certa insistenza al loro status privilegiato, una cameriera indaffarata, le tazze, le porcellane, il ciondolare in vestaglie raffinate, i dettagli. E, accanto a questi elementi, il gusto per la teatralità, per i gesti ampi ed eleganti, rotondi, per il linguaggio forbito e al contempo tagliente. Tutto lascerebbe supporre che Boston Marriage, insomma, si risolva in una messinscena convenzionale. Eppure, lo spettacolo riserva ben altre sorprese: a grattar la superficie, infatti, il messaggio che appare sottotraccia scardina i ruoli e diventa più contemporaneo di quanto ci saremmo aspettati all’inizio, e porta in scena tematiche attualissime; addirittura femministe.
Ambientata alla fine dell’Ottocento, la storia inizia con due amiche, Anna e Claire, che conversano nel salotto della prima e che discutono di frivolezze, amanti, soldi, lusso, non risparmiando commenti sprezzanti e apertamente classisti alla loro cameriera, decisamente vessata dalla padrona di casa. Tuttavia, il testo si emancipa subito dalla cornice convenzionale: il titolo Boston Marriage, come sottolinea il testo di presentazione dello spettacolo, fa riferimento a una convivenza tra donne indipendenti, comune nel New England tra il XIX e il XX secolo. E proprio questo concetto di indipendenza appare man mano centrale nella narrazione, dove le protagoniste sfidano le aspettative della società tradizionale e impongono un modo loro, privo di orpelli o sdilinquimenti, di vivere l’amore e l’erotismo, con libertà e autodeterminazione.
Maria Paiato e Mariangela Granelli incarnano con grande maestria due donne dallo spirito brillante e acuto: la più matura, interpretata da Paiato, vive negli agi grazie ai doni di un misterioso amante facoltoso da lei circuito, ma il suo cuore è diretto all’amica, un tempo sua amante, che vorrebbe riconquistare. Quest’ultima però le confessa di essere innamorata di una più giovane donna e chiede aiuto proprio a lei per organizzare un incontro clandestino, lontano dagli occhi severi della madre della ragazza. La vicenda si complica quando la giovane amante, pur senza mai apparire in scena, riconosce in una collana indossata dalla padrona di casa un gioiello appartenente alla stessa madre.
La padrona assoluta della scena è senza dubbio lei, una strepitosa, magnetica Maria Paiato, che riesce a caricare ogni battuta del già arguto David Mamet, l’autore dello spettacolo che è di per sé una garanzia, di sostanza viva (non è questo forse il segreto della recitazione più piena?). Anna, da lei interpretata, è una donna egocentrica ed egoriferita, un personaggio che non passa inosservato, amante della teatralità. Le riflessioni sulla vita e sulle sue insensatezze, nelle sue mani, si trasformano in momenti esilaranti, senza mai scivolare nella macchietta; anzi, alla fine, se scuotiamo il meccanismo, ciò che rimane sono briciole di amarezza.
Il linguaggio di Anna è un cardine importantissimo e centrale in questo testo e risulta composto da altezze e parole forbite, impreziosito dal gusto per l’eleganza e la ricercatezza; per questo, quando arrivano, la trivialità e le bassezze creano spiazzanti momenti di sorpresa. In questo equilibrio verbale, Paiato si muove con eleganza impeccabile, offrendo un’interpretazione mirabile, ricca, sfaccettata, sempre-cangiante; l’attrice cattura e ci riporta indietro, a un vecchio modo di fare teatro che forse qualche volta manca. Si ride tanto.
È uno spettacolo insomma godibilissimo, una commedia di qualità eccellente, che non aspira ovviamente a riflessioni sui massimi sistemi, ma che sa intrattenere, cosa forse ancora più difficile, con intelligenza e ironia e che fa ritrovare il gusto per la recitazione piena, i tempi perfetti, la presenza scenica ammaliante. Un appuntamento imperdibile, per chi a teatro cerca ogni tanto anche un po’ di leggerezza.