Il vicepresidente americano JD Vance non sopporta di dover «salvare di nuovo l’Europa». L’ha detto al segretario alla Difesa Pete Hegseth in una chat di gruppo segreta condivisa accidentalmente con il direttore della rivista «The Atlantic», che poi ha spifferato tutto. Nella stessa riunione è spuntato pure l’epiteto di «parassiti» riferito agli europei (l’ha usato Hesgeth ed è stato poi ribadito dallo stesso Trump).
Restiamo zen. Partiamo dagli europei «parassiti». La scelta dell’aggettivo si riferisce alla questione dei dazi: l’Europa avrebbe fatto la cresta sui prodotti che esportava in America. È corretto? I nostri dazi erano in verità piuttosto moderati, mentre è vero che nel 2024, le esportazioni europee verso gli Stati Uniti ammontavano a circa 584 miliardi di dollari e le importazioni dagli Stati Uniti erano pari a 357 miliardi di dollari (fonte Euronews). La bilancia commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea ha quindi mostrato un disavanzo significativo a favore dell’Europa che ora Trump vuole recuperare imponendo tasse esorbitanti su molte merci europee (e non solo).
L’America percepisce come parassitario l’atteggiamento europeo anche sul fronte della sicurezza. Gli Stati Uniti sono la nazione che ha fatto di più in termini di sostegno a Kiev ma tutti i Paesi europei insieme hanno dato all’Ucraina più degli Stati Uniti in termini di denaro: l’Europa ha destinato a Kiev 132 miliardi di euro (70 in aiuti finanziari e umanitari e 62 in aiuti militari) contro i 114 miliardi degli USA, 64 in armi e 50 in aiuti finanziari e umanitari (fonte: Analisidifesa).
È probabile però – e qui passiamo al tema dell’America che «salva di nuovo l’Europa» – che la percezione degli europei «a scrocco» degli Stati Uniti affondi le proprie radici nella storia del Novecento. Sia chiaro: non risulta che gli antenati del vicepresidente americano JD Vance abbiano partecipato alla liberazione dell’Europa dal nazismo. Probabile, quindi, che la sua singolare uscita non si riferisca a se stesso o alla sua famiglia, ma al suo Paese, l’America, che ha sacrificato moltissime vite nel e per il Vecchio continente. Le bianche e commoventi croci dei cimiteri militari americani in Normandia ce lo ricordano ancora oggi. Nessun europeo che abbia il senso della storia può dimenticarlo. Come non può ignorare l’aiuto del Piano Marshall (1948-1952) per la ricostruzione dell’Europa occidentale, l’adesione alla Nato per garantire la sicurezza collettiva dell’Europa e gli interventi militari in Bosnia e Kosovo negli anni ’90.
D’altra parte nessun americano che abbia il senso della storia dovrebbe dimenticare il contributo che l’Europa ha dato alla grandezza del nuovo continente. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’America è diventato il faro delle scienze grazie anche all’ingegno di Albert Einstein, tedesco, Enrico Fermi, italiano, Niels Boh, danese, e molti altri. Ma oggi la scienza non gode di grande popolarità a Washington. Il suo ammirevole sistema politico, un tempo modello planetario di democrazia, si nutre del pensiero di John Locke, inglese, Charles de Montesquieu, francese, Jean-Jacques Rousseau, svizzero. Il Campidoglio degli Stati Uniti e la Casa Bianca sono templi neoclassici ispirati all’architettura dell’antica Grecia e di Roma, e la Cattedrale di San Patrizio a New York e molte chiese e università sono in stile neogotico, rielaborazione del gotico francese o britannico.
Perché l’America è figlia dell’Europa. Circa il 60% della popolazione Usa è di sangue europeo. Se appena sfogli gli alberi genealogici di chi la governa scopri che il vicepresidente JD Vance ha origini irlandesi e scozzesi, il segretario alla Difesa Pete Hegseth norvegesi e lo stesso Donald Trump tedesche da parte del padre e scozzesi da parte della madre, mentre tutti e quattro i suoi nonni sono nati nell’esecrato Vecchio continente.