Equipaggiamento scarso, arsenali da rifornire, servizi segreti da riformare, droni che dovrebbero finalmente riuscire a spiccare il volo. E finanziamenti da assicurare anche sul medio e lungo termine. Questa lista dei compiti da portare a termine è lunga e non esaustiva, e ci dice che sono davvero parecchi i cantieri aperti lasciati dall’ormai ex consigliera federale Viola Amherd. Tra questi ce n’è uno di cui si parla poco: quello degli effettivi dell’esercito. E sarà una delle numerose sfide con cui si dovrà ora confrontare Martin Pfister, il nuovo responsabile del Dipartimento federale della difesa, storico di formazione, colonnello nell’esercito e ormai ex Consigliere di Stato nel suo Cantone, Zugo.
Alla voce personale sono almeno tre i grattacapi che rischiano di togliere il sonno al neo-ministro. Il primo nodo da sciogliere è quello più noto e riguarda la sostituzione del capo dell’esercito Thomas Süssli e di Christian Dussey, il direttore del Servizio delle attività informative, i servizi segreti del nostro Paese. A cui si aggiunge anche il concorso per rimpiazzare il divisionario Peter Merz, il numero uno delle forze aeree elvetiche. In altre parole Pfister dovrà riuscire a individuare le personalità in grado di affrontare i tanti guai che al momento intaccano la difesa del nostro Paese. Una scacchiera delicata su cui c’è bisogno di tre mosse vincenti. Il tempo qui è comunque galantuomo, visto che si tratta di dimissioni presentate con largo anticipo rispetto all’effettiva partenza di questi alti funzionari dello Stato, il capo dell’esercito Thomas Süssli, per esempio, lascerà il suo incarico alla fine dell’anno.
Ma al di là di queste nuove figure di spicco del grigioverde elvetico, Martin Pfister deve tener d’occhio altri aspetti meno appariscenti, e che riguardano pure loro il personale. Da una parte c’è da sollevare il morale delle truppe, un problema che si è manifestato in particolare proprio all’interno dei servizi segreti, confrontati con continue ristrutturazioni e parecchie dimissioni. Una riorganizzazione che si protrae ormai da più di due anni, sotto la guida del direttore dimissionario Christian Dussey, che a sua volta aveva ricevuto questo incarico direttamente dalla ministra uscente Viola Amherd. Una nuova impostazione degli 007 svizzeri che ha lasciato diverse scorie tra il personale, come emerso anche da un sondaggio interno a questa struttura, indebolita da processi di lavoro inefficienti e da scarse capacità manageriali. La gestione dei servizi segreti svizzeri ha ricevuto solo 35 punti su un massimo di 100. La media per gli altri settori dell’amministrazione federale è di 61 punti. Una pagella decisamente insufficiente per un settore così delicato come quello dei servizi segreti, chiamati per di più a muoversi in un contesto geopolitico più teso e problematico rispetto al recente passato.
Ma alla voce «personale» le sfide non finiscono qui. Ce n’è anche una terza di cui si parla davvero molto raramente, ed è quella degli effettivi, del numero di militi a disposizione dell’esercito svizzero. E qui non mancano tensioni tra le esigenze delle caserme e le necessità di un altro tipo di servizio, quello civile. Un braccio di ferro alla caccia di personale di cui ha parlato anche il neo-ministro Pfister in una delle sue tante interviste rilasciate durante la campagna che lo scorso 12 marzo gli ha permesso di essere eletto in Governo. Sulle colonne della «NZZ», il Consigliere federale di Zugo si era espresso in questi termini: «Occorre riuscire a coordinare il servizio militare con le esigenze della vita professionale. Ciò detto diventa un problema se le unità del nostro esercito non dispongono del personale necessario. Mi disturba il fatto che parecchi soldati decidano di passare al servizio civile, dopo aver completato la formazione della scuola reclute. Questa possibilità dovrà essere ridotta o persino eliminata».
Per Pfister è chiaro, qui c’è un problema. E la pensa così anche il Consiglio federale, che lo scorso mese di febbraio ha presentato un piano d’azione articolato in sei misure proprio per frenare questo passaggio dal servizio militare a quello civile, un’emorragia che non riguarda soltanto i soldati semplici ma anche i sottoufficiali e gli ufficiali. Tra le misure previste segnaliamo in particolare l’aumento del numero minimo di giorni, in tutto 150, da effettuare per chi passa al servizio civile. In termini generali per il Governo il numero di giovani ammessi al servizio civile rimane «elevato». Ogni anno sono circa 6500 i nuovi «civilisti» che svolgono questo servizio, ad esempio in una casa di riposo o in un istituto scolastico. Ma resta alta anche la quota di soldati, che dopo aver svolto una parte del loro obblighi militari, decide di cambiare casacca e di passare alla concorrenza. «Nel 2023 il 32% delle ammissioni al servizio civile è avvenuto dopo l’adempimento della scuola reclute e l’incorporazione nelle formazioni dell’esercito», dice il Governo nel messaggio presentato in febbraio per impostare una riforma della legge sul servizio civile. Una percentuale simile a quella degli anni precedenti, in tutto circa 2000 soldati all’anno lasciano il grigioverde per questo motivo.
Del tema si è interessato anche il Parlamento, con il fronte del centro-destra che sostiene questo tipo di misure in favore del grigioverde, mentre a sinistra si teme per il futuro del servizio civile, messo ora sotto pressione da questo tipo di limitazioni. Ma non è finita qui, visto che nella recente sessione primaverile delle Camere federali è stato deciso che il servizio civile dovrà dare una mano anche alla protezione civile. In caso di bisogno una parte dei giorni di servizio assegnati ai «civilisti» dovrà essere effettuata a favore della protezione civile, che interviene ad esempio in caso di catastrofi naturali. In altri termini la concorrenza si accentua, tra le necessità dell’esercito, quelle dei «civilisti» e ora anche quelle della protezione civile. C’è un altro tema di cui si parla da tempo: le donne potrebbero in futuro essere costrette a prestare servizio militare (o nella protezione civile). È quanto prevede una delle due varianti sull’evoluzione dell’obbligo di servizio presentate a metà gennaio dal Consiglio federale… «Dove c’è da mettere ordine, farò ordine», aveva detto qualche settimana fa il nuovo capo del Dipartimento della difesa. Per Martin Pfister la sfida è ora lanciata.