Anche l’aula magna può diventare spazio scenico. Bastano poche sedie disposte a semicerchio, magari un tavolo al centro, con sopra una tovaglia.
Arriviamo a prove avviate, nel bel mezzo dell’assassinio. Questa sera recitano gli studenti. Il copione di Omicidio sull’Orient Express di Agatha Christie è sui loro telefonini. «Scusate, questa battuta voglio rifarla» – dice uno di loro. «Vai pure» – lo autorizza il docente di italiano nel ruolo di regista, Andrea Bianchetti, mentre la scena prosegue con la finzione di un’ispezione delle ferite da taglio riportate dal personaggio al centro della storia: Samuel Ratchett, l’uomo misteriosamente ucciso nella sua cabina del lussuoso convoglio.
Siamo al Centro Professionale Commerciale di Lugano. È qui che da sei anni si rinnova un progetto molto particolare: un corso di teatro aperto agli studenti, facoltativo, che si tiene fuori dalla griglia oraria, 45 minuti nella pausa del mezzogiorno o la sera, a lezioni concluse, durante l’arco dell’anno scolastico. E i docenti sono volontari, vi dedicano il loro tempo libero. Parliamo dell’iniziativa con alcuni dei protagonisti, già proiettati verso la messinscena dello spettacolo, in cartellone al Lux di Massagno il 29 aprile, con tre rappresentazioni, due riservate alle classi, e una alle 17.30 aperta al pubblico, a ingresso gratuito.
Come è nata l’idea? «Era il 2018 – ricorda Bianchetti – e avevo deciso, con alcuni colleghi, di inaugurare un corso di teatro. Dapprima ho fatto una prova, ho invitato alcuni studenti bravi che conoscevo e così abbiamo messo in scena il primo spettacolo, che fu piuttosto terrificante, I ragazzi della cinquantaduesima strada. Poi ho capito come gestire tutto e il secondo anno è andato meglio, grazie anche alla collaborazione di Ledwina Costantini, regista e attrice di Opera RetablO. Il corso è libero: gli studenti si devono iscrivere, ma possono andare e venire, partecipare alla recita o solo assistere e dare una mano. A gennaio chiediamo di assegnare le parti. Inizialmente facevo qualche esercizio di teatro, ma poi ho concluso che valeva la pena lavorare subito sullo spettacolo, perché il tempo è poco. Il bello è che i ragazzi vengono al corso spontaneamente. È così anche per noi docenti, anche se io e alcuni colleghi da due anni godiamo di uno sgravio dal monte ore della sede scolastica accolto dal plenum».
Pedro Luca Clemente, 22 anni, al terzo anno di maturità commerciale, è alla sua seconda esperienza al teatro scolastico. Appare il più esperto della Compagnia teatrale uPperCut del CPC di Lugano, dal momento che ha frequentato già corsi in passato. Oggi impersona il detective Hercule Poirot. «Io dico che tutti dovrebbero fare teatro almeno una volta nella vita, aiuta tantissimo allo sviluppo personale, fa acquisire fiducia in se stessi, abitua a levarsi di dosso le catene, i pesi che sono la paura di essere giudicati. Ecco: imparare ad essere più liberi nel proprio corpo, con la propria identità. Penso che non si debba avere un talento innato per fare teatro, basta il coraggio di compiere il primo passo, di entrare nel mondo e… buttarsi, può davvero aiutare a svilupparsi in modi che non ci si aspetta». Gloria Stoppa, stessa età, pure lei al terzo anno di maturità commerciale, nello spettacolo ricopre il ruolo dell’eccentrica signora Hubbard: «Io andavo a sentire i musical, e quando fai teatro questo mondo ti incuriosisce. Spero, dopo il CPC, di trovare una compagnia, anche amatoriale, dove poter continuare».
Melissa Seddio, terza AFC di commercio, nella pièce impersona invece il capotreno Pierre Michel. «Ormai sono quattro anni che vengo qui a teatro, il primo anno facevo solo l’aiutante, poi ho avuto una parte, ho debuttato con Piccole donne. Sinceramente sono una persona molto timida, quando recito non si direbbe, ma nella vita normale faccio fatica ad espormi. Sono stata trascinata nel gruppo teatrale, da sola non lo avrei mai fatto. Prima non prendevo parte a nessuna iniziativa. È stato bellissimo, ho conosciuto tantissime persone. Aver vissuto quattro spettacoli, dalle prove, quando ancora non hai una battuta, all’applauso del pubblico, è grandioso. Devo dire che con lo studio del copione non sono proprio la più brava, mi riduco sempre all’ultimo giorno a imparare a memoria e ogni anno mi prendo le mie belle ‘‘alzate’’ per questo, però alla fine me la cavo».
Quali sono le competenze che vi sembra di acquisire con il teatro? Melissa: «Sicuramente ci aiuta tanto ad esporci davanti a un pubblico, ci vengono a vedere trecento allievi per ognuna delle tre rappresentazioni. E quando tocca a te è davvero emozionante. Ma il teatro aiuta anche ad aprirti con le altre persone, a socializzare. Se serve per lo studio? Non credo. Anche il teatro mette un po’ di stress, ma non pesa. Mi consente di distrarmi e non pensare alle mie verifiche, domani ho quella di contabilità, ma durante le prove non ci penso».
Sottolinea la docente di materie economiche Joanna Pavoni: «È fondamentale avvicinare i ragazzi al teatro perché riescono a lavorare in team, si creano atmosfere, una seconda famiglia. Partecipare dal nulla a uno spettacolo li fa sentire valorizzati». Aggiunge Bianchetti: «Siamo riusciti a integrare anche ragazzi molto complicati a livello di gestione e disciplina, anche con il tre in condotta, che magari si sentono meno valorizzati in classe e che qui con il teatro riescono a esprimere meglio le loro qualità. A volte succede così e alla fine dello spettacolo, a impresa compiuta, è davvero bello».
Ogni anno sono una decina gli attori e le attrici che si mettono in gioco, e talora quando manca una parte occorre convincere altri studenti per completare il cast. E allo spettacolo di aprile parteciperà anche Elena, otto anni, figlia della docente di tedesco, Petra Erni: «La storia di Orient Express ruota attorno a una bambina defunta e pertanto serviva una parte».
Qual è il ruolo del regista? «In estate leggo i romanzi, rielaboro i testi per accorciare certe scene e riscrivo il copione. Si potrebbe fare anche teatro sperimentale, ma è più difficile. Invece il copione prevede battute precise e ruoli assegnati. Cerco di intervenire il meno possibile sul lavoro attoriale, perché il tempo è davvero poco. Si cerca quindi di restituire alla fine quello che si è costruito. Curo anche tutta la parte delle musiche, alla scenografia lavoriamo invece tutti». Come si conciliano i ruoli di docente e di regista, non si confondono i due piani? «Chi fa il corso di teatro deve imparare a mettere un po’ da parte l’autorità. Devi essere in qualche modo amichevole con i ragazzi. Si crea un rapporto diverso perché tutti si ha una meta comune: portare lo spettacolo in scena e siamo dunque tutti alla pari. È vero che il docente è ancora il referente, probabilmente qui è proposto un altro tipo di scuola. Oggi è sempre più difficile trovare spazi d’arte, spazi creativi all’interno della scuola. È tutto ridotto all’osso. Per fortuna in questi anni abbiamo sempre avuto dagli 8 ai 12 allievi che sono venuti e sono cambiati nel tempo. E tanti sono stati anche i docenti che hanno collaborato. Ci sono tantissime ore di lavoro». L’insegnante di economia Marta Ghielmetti: «Il giorno dello spettacolo c’è grande solidarietà tra gli allievi». E il pubblico di studenti come reagisce? «All’inizio fanno ingresso al cinema Lux come orde, ma poi seguono e alla fine applaudono con convinzione, perché vedono l’impegno sul palco». E – assicurano i nostri interlocutori – c’è anche chi si commuove nel buio della sala, nell’intensità della musica che chiude e raccoglie ogni parola. Fino alle lacrime.