Al CERN si testa una piattaforma di rete federata per assistere medici e pazienti in diagnosi e prognosi delle malattie
Oggi gli algoritmi sono entrati nel linguaggio corrente e sempre più persone si domandano se siano infallibili o, peggio, pronti a commettere errori di devastante sopraffazione sull’essere umano (che peraltro li ha generati) riducendo così il tema dell’Intelligenza artificiale (IA) alla contrapposizione della tecnologia contro l’umanità. Innanzitutto, occorre risalire al significato stesso di algoritmo, cuore pulsante ed evolutivo dell’IA, che deriva dal nome del matematico arabo Muhammad Ibn Musa al-Khuwarizmi vissuto a Baghdad nel nono secolo, e indica una successione di istruzioni per risolvere un problema, cioè per ottenere un preciso risultato a partire da un certo numero di dati iniziali.
Interessanti sono le riflessioni esposte a una recente conferenza pubblica tenutasi a Milano lo scorso febbraio dal Presidente dell’Accademia Commercialisti della città meneghina Fausto Turco che ha invitato a non percepire l’IA come un’entità separata e, talvolta, antagonista: «Dovremmo iniziare a considerarla come un alleato che, se correttamente integrato, potrebbe migliorare e potenziare le nostre abilità in ogni ambito, offrendoci strumenti per affrontare sfide che prima erano considerate insormontabili». È un’analisi oggettiva che pone al centro gli strumenti offerti dall’odierna tecnologia (fra cui proprio l’IA) quali estensioni né buone e neppure cattive delle nostre capacità, bensì: «Pronte a essere modellate e usate come meglio crediamo perché, in fin dei conti, la scelta dell’uso che ne facciamo è nelle nostre mani e sempre a noi spetta la responsabilità di decidere come e quando usare questi potenti strumenti». Significativa la sintesi di Intelligenza Artificiale proposta dai ricercatori dell’Istituto di ricerche farmacologiche milanese Mario Negri: «L’Intelligenza artificiale è la capacità di una macchina di “ragionare, apprendere e risolvere problemi” proprio come la mente umana, combinando una grande quantità di dati mediante precise istruzioni (ed ecco gli algoritmi) che la macchina apprende in modo automatico».
Al centro del discorso sta il fatto che di IA si parla oramai da molti anni, anche se oggi si è ripreso a discuterne in seguito alla produzione di un’enorme mole di dati e alla successiva disponibilità di computer in grado di elaborarli: «Aggiungiamo anche l’evoluzione dei software di IA che, da semplici sistemi tradizionali basati su comportamenti prevedibili (input forniti dall’operatore), oggi sono progrediti grazie al machine learnig (tecnica che addestra i computer, i quali imparano continuamente un’enorme mole di dati che vengono loro forniti)». E le potenzialità di questi algoritmi si estendono anche all’ambito medico nel quale pure se ne parla parecchio, ma la meraviglia «futuristica» è custodita e progredisce al CERN di Ginevra, grazie al progetto CAFEIN: una piattaforma di «rete federata» per lo sviluppo e la diffusione di modelli di analisi e previsione basati sull’IA per rapporto all’applicazione nella medicina.
Ne abbiamo parlato proprio con l’ingegner Luigi Serio, responsabile e ricercatore principale presso il Dipartimento delle Tecnologie del CERN: «Questa piattaforma di rete federata serve allo sviluppo e alla diffusione di modelli di analisi e previsione basati sull’IA ed è un nuovo strumento per assistere medici e pazienti nell’analisi, nella diagnosi e nella prognosi delle malattie. Si basa sull’integrazione di dati clinici e dei pazienti in un’infrastruttura di apprendimento federata e ospitata dal CERN, consentendo di costruire in modo collaborativo con l’IA modelli di analisi e previsione basati su dati clinici e su pazienti eterogenei, senza compromettere la privacy dei dati». Parecchie le applicazioni concrete in cui si traduce il progetto come, ad esempio, lo screening tool per l’analisi delle risonanze magnetiche presso l’Università di Atene e Brno dove un algoritmo supporta il lavoro dei radiologi, consentendo un’analisi rapida e accurata delle immagini e una selezione di quelle che contengono patologie con una identificazione precisa delle zone sospette, spiega Serio: «Per queste università è stato sviluppato un algoritmo capace di analizzare le risonanze magnetiche, facilitando così il lavoro del radiologo in situazioni di elevato carico: lo strumento inizia dall’immagine più bassa del cranio e procede verso l’alto, evidenziando potenziali patologie e fornendo al medico un’analisi iniziale rapida e dettagliata. Con un singolo database, l’algoritmo raggiunge una precisione che va dal 70 all’80%, ma con il sistema di Federated Learning la percentuale sale fino all’88%, aiutando il radiologo a individuare anche le immagini che devono essere trattate con priorità».
Tra i progetti in corso c’è il TRUSTroke: «È un’iniziativa che sfrutta l’IA per valutare lo stato dei pazienti e prevenire disabilità dovute all’ictus, e quello sullo screening del tumore alla prostata e al seno». Questa disponibilità di dati in ambito medico è quindi cresciuta enormemente così come le fonti dalle quali essi provengono e gli esempi in cui già si usa l’IA in medicina sono parecchi, come pure riferiscono all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, confermando ciò che l’ingegner Serio ha mostrato: «Il campo in cui si stanno facendo più progressi è quello diagnostico, in particolar modo nell’area oncologica, respiratoria o cardiologica: dopo aver istruito una macchina nell’interpretare immagini fornite tramite radiografie, ecografie, TAC, elettrocardiogrammi e da esami di analisi di campioni di tessuti biologici, è possibile identificare con un buon grado di affidabilità patologie tumorali, cardiovascolari, dermatologiche e respiratorie». E ancora: «La medicina supportata dall’IA sarà sempre meglio in grado di suggerire il modo migliore nella gestione o trattamento dal punto di vista farmacologico». Dal canto suo, Serio sottolinea che un’altra area sulla quale si sta lavorando molto nella ricerca e nell’allenamento degli algoritmi della Federated Learning è quella legata ai sistemi di predizione in grado di identificare possibili patologie ancora prima che si manifestino: «Ad esempio, strumenti simili permetteranno di predire con un’accuratezza e in anticipo di parecchi anni lo sviluppo di un tumore del polmone».
Per concludere, ci affidiamo alle considerazioni del nostro interlocutore: «Il progetto CAFEIN del CERN rappresenta una pietra miliare nell’evoluzione dell’analisi dati e dell’IA, nel quale operazione, controllo e verifica sulla nostra rete garantiscono non solo la salvaguardia della privacy dei pazienti, ma permettono pure di promuovere un uso etico e globale della ricerca nel settore sanitario. Un approccio che migliora non solo le capacità nella ricerca di modelli diagnostici e terapeutici, ma si estende anche alla progettazione di sistemi per Paesi in via di sviluppo dove la carenza di personale esperto rappresenta un ostacolo significativo». D’altra parte, è opportuno riflettere sul fatto che non bisogna immaginare l’Intelligenza artificiale come qualcosa che andrà a sostituire il medico: gli strumenti saranno pure «intelligenti», ma le decisioni finali rimangono allo specialista per questioni etiche, deontologiche e di responsabilità.