La dissidente russa nell’America di Trump

Mentre la guerra in Ucraina continua – e Kiev proroga la legge marziale fino al 6 agosto, sospendendo il ciclo elettorale – vi raccontiamo la storia di Kseniia Petrova, una scienziata russa trentenne con un contratto alla Harvard medical school. L’università statunitense l’ha voluta per i suoi studi all’avanguardia sulla duplicazione e l’autoriparazione cellulare. La giovane è anche una dissidente anti-putiniana: è scappata da Mosca per sfuggire alle persecuzioni del Cremlino e dal febbraio scorso è in cella negli Stati uniti, a Richmond, in Louisiana. Un funzionario doganale dell’aeroporto internazionale Logan di Boston – ha di recente raccontato il «New York Times» – le ha annullato il visto e l’ha accusata di non aver dichiarato campioni di embrioni di rana che aveva portato in valigia dalla Francia. Una violazione di questo tipo è di solito considerata lieve ed è punita con una multa fino a 500 dollari. Invece il funzionario ha applicato le nuove norme di Trump per respingere gli stranieri e ha avviato la procedura di incarcerazione.

Petrova ora è detenuta in un casermone con altre 90 donne migranti, per lo più lavoratrici latinoamericane. Ci sono solo 5 toilettes in totale. Lei, in cella, legge libri sullo sviluppo cellulare e, quando le viene concesso, gioca a scacchi con le altre prigioniere in attesa. Gli oppositori di Putin sparsi nella diaspora, dopo la stretta del regime sul dissenso, hanno preso posizione: se gli Stati Uniti consegnano una scienziata dissidente al presidente russo varcano una soglia simbolica di grande significato politico. Intanto l’Immigration and Customs Enforcement ha negato due volte la richiesta di libertà vigilata presentata dall’avvocato della scienziata, sostenendo che c’è un rischio di fuga e che la ragazza è una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti. In questa storia c’è un dettaglio clamoroso che illumina alcuni aspetti degli Stati uniti nell’era Trump: da Harvard non si sono levate grida di protesta. Al «New York Times» che chiedeva informazioni, una portavoce dell’ateneo ha risposto laconica che l’università «sta seguendo da vicino i rapidi cambiamenti nel panorama della politica dell’immigrazione e le implicazioni per i suoi accademici e studenti internazionali, ed è in contatto con l’avvocato di Petrova su questa questione». Ma non ci sono state mobilitazioni, marce, iniziative pubbliche di denuncia. Alcuni ricercatori della stessa università nemmeno sono stati informati, dicono di aver avuto la notizia dell’arresto dai colleghi della Petrova che hanno lanciato un appello attraverso GoFundMe per aiutarla a pagare le spese legali.

La giovane scienziata è sempre stata una attivista anti-putiniana. Quando le è stato offerto un contratto in un laboratorio di un centro all’avanguardia e le è stato chiesto di promettere che non avrebbe pubblicato critiche a Putin sui social media ha rifiutato. Il 24 febbraio 2022, quando Putin ha inviato colonne di carri armati russi in Ucraina, era in piazza a Mosca. Il 2 marzo è stata arrestata, accusata di violazione amministrativa, multata e rilasciata. Ha abbandonato la Russia due giorni dopo. Leonid Peshkin, ricercatore senior presso il Dipartimento di biologia dei sistemi di Harvard, era alla ricerca di qualcuno a cui affidare gli studi sulle fasi più precoci della divisione cellulare. I fenomeni che avvengono in questo momento sono più facili da osservare nelle uova della rana Xenopus, che sono grandi e resistenti. Il team di Peshkin è interessato agli spermatozoi, agli ovuli e a come riparano i danni man mano che l’embrione si sviluppa. Avevano bisogno di qualcuno che padroneggiasse allo stesso modo l’apprendimento automatico nell’autoriparazione delle cellule e la biologia cellulare. Hanno assunto Petrova per questo, lei è arrivata in quel gruppo di studio nel maggio del 2023.

A febbraio, quando è stata fermata, stava tornando da una vacanza in Francia, dove era andata a sentire un concerto. Peshkin, il suo capo ad Harvard, collabora con un laboratorio di Parigi, dove uno dei tecnici aveva scoperto come tagliare sezioni finissime di un embrione di rana. Nessuno ad Harvard sapeva come farlo, Peshkin ha pensato che campioni di alta qualità avrebbero notevolmente accelerato il suo lavoro. In un paio di occasioni i suoi colleghi francesi avevano cercato di spedire i campioni di embrioni per posta, ma gli embrioni arrivavano troppo danneggiati per poter essere usati. Peshkin ha quindi chiesto a Petrova di essere lei a portarli in America. La scienziata è atterrata a Boston il 16 febbraio scorso. Al controllo passaporti un funzionario ha esaminato il visto J-1 che Harvard le aveva dato e che la identificava come ricercatrice biomedica. Il funzionario ha timbrato il suo passaporto, quindi l’ha ammessa nel Paese. Mentre si dirigeva verso il ritiro bagagli, un agente della pattuglia di frontiera le ha chiesto di perquisire la sua valigia. Lei ha spiegato che non conosceva le regole. L’agente è stato gentile e le ha detto che poteva andarsene. Poi un altro funzionario è entrato nella stanza e il tono della conversazione è cambiato. Le ha fatto domande dettagliate sui campioni, sulla sua storia lavorativa e sui suoi viaggi in Europa. Le ha poi detto che annullavano il suo visto e le ha chiesto se temeva di essere rispedita in Russia. «Sì, ho paura di tornare in Russia», ha affermato lei secondo una trascrizione del Dipartimento della sicurezza nazionale fornita dal suo avvocato. «Ho paura che la Federazione russa mi uccida per aver protestato contro il Governo».

Il suo avvocato difensore sostiene che il servizio doganale e di protezione delle frontiere non ha il potere di annullare il visto. Ha riconosciuto che Petrova aveva violato le norme doganali, ma ha detto che si trattava di un’infrazione lieve, punibile con la confisca e una multa. Petrova era stata legalmente ammessa negli Stati Uniti prima che il Governo creasse lo «status di immigrazione indebita» che ora è la base della sua detenzione. Un portavoce del Dipartimento della sicurezza nazionale, alla domanda del «New York Times» sul motivo per cui il visto di Petrova fosse stato annullato, ha detto che l’ispezione aveva rilevato fiale di cellule staminali embrionali nel suo bagaglio senza permessi adeguati. «L’individuo è stato arrestato legalmente dopo aver mentito agli agenti federali sull’introduzione di sostanze biologiche nel Paese», ha detto il portavoce. «I messaggi sul suo telefono hanno rivelato che stava progettando di contrabbandare i materiali attraverso la dogana senza dichiararli. Ha consapevolmente violato la legge e ha preso misure deliberate per eluderla». Quando l’agente della pattuglia di frontiera ha annullato il visto di Petrova, lei è diventata una migrante senza documenti, una tra le migliaia di detenuti/e per questa ragione da quando Trump è entrato in carica. Dal centro di detenzione di Richwood sta aspettando un’udienza in cui presenterà il suo caso di domanda d’asilo a un giudice dell’immigrazione. Se verrà respinta verrà rimpatriata, con tutte le conseguenze del caso. Chissà se nel frattempo l’Università di Harvard avrà deciso se e come intervenire.

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