Un momento di incertezza straordinariamente alta

by Claudia

Durante il mese di marzo, partendo dai dati disponibili per il primo trimestre, gli istituti di previsione rivedono le loro previsioni per l’anno in corso. Quest’anno i loro comunicati sono stati influenzati dalla grande incertezza che pesava e pesa sul divenire della congiuntura da quando il presidente americano ha deciso di introdurre gravi dazi sulle importazioni del suo Paese. Per il KOF del Politecnico di Zurigo l’insicurezza è ora «straordinariamente alta». Partendo dall’ipotesi che la guerra commerciale non peggiori, l’istituto di ricerca prevedeva, per l’economia del nostro Paese, un tasso di crescita del Pil pari all’1,4% nel 2025 e uno dell’1,9% nel 2026. Anche la Banca nazionale svizzera faceva precedere le sue nuove previsioni dall’avvertimento stando al quale «le prospettive economiche per il mondo e per la Svizzera sono diventate, a causa degli sviluppi commerciali e geopolitici in atto, sensibilmente più insicure». Il gruppo di esperti della Segreteria di stato dell’economia (Seco) ha poi riveduto le sue previsioni «a causa della situazione molto incerta», abbassando leggermente i tassi di crescita del Pil. Per il 2025 dall’1,5% di dicembre all’1,4%, per il 2026 dall’1,7% all’1,6%. Anche in questo caso la nuova previsione si basa sull’ipotesi che la guerra commerciale non peggiori.

Per coprirsi le spalle però la Seco ha anche sviluppato due scenari alternativi. Uno poco desiderabile che parte dall’ipotesi che il conflitto commerciale con gli Usa provochi un rallentamento significativo della congiuntura internazionale influenzando così in modo negativo l’evoluzione delle esportazioni del nostro Paese. L’altro scenario è positivo. Parte dall’assunzione che l’incremento straordinario della spesa pubblica che sarà indotto, in Germania e in altri Paesi europei, dai nuovi programmi di riarmo, stimoli anche le esportazioni della Svizzera, imprimendo un colpo d’acceleratore alla congiuntura della nostra economia. Stando alla Seco, in marzo, lo scenario negativo era maggiormente probabile di quello positivo. Possiamo solamente aggiungere che, un mese dopo, la probabilità in questione non è certamente cambiata. Se l’economia rallenterà la sua marcia che cosa succederà in materia di disoccupazione e di inflazione? Ricordiamo dapprima che la revisione delle previsioni di dicembre 2024 è stata fatta quando ancora non si conoscevano le intenzioni del presidente Trump rispetto alle importazioni dalla Svizzera. La revisione verso il basso del tasso di crescita del Pil è avvenuta più perché il clima di insicurezza, che già allora vigeva, ispirava un atteggiamento di prudenza, piuttosto che in seguito alla quantificazione effettiva delle possibili conseguenze negative dei nuovi dazi. Comunque già allora si prospettava che la diminuzione del tasso di crescita del Pil avrebbe fatto crescere la disoccupazione.

Il tasso di disoccupazione per il 2025 sarebbe cresciuto dal 2,4% del 2024 al 2,8% (secondo la valutazione fatta dalla Seco) o, secondo la valutazione con i criteri ILO, dal 4,3% al 4,7%. Ovviamente la crescita della disoccupazione potrebbe essere anche maggiore nelle aziende e nelle economie delle regioni in cui l’esportazione verso gli Stati Uniti è particolarmente importante. Per esempio, per il Ticino, tenendo presente questa circostanza, la perdita di posti di lavoro potrebbe variare tra le 750 e le 1500 unità. Di conseguenza il tasso di disoccupazione (calcolato con i criteri ILO) potrebbe addirittura aumentare di circa l’1%. Il tasso di inflazione, misurato con la variazione dell’indice dei prezzi al consumo, dovrebbe invece rimanere stabile. Il KOF prevede un aumento dallo 0,5% del 2024 allo 0,6% in media quest’anno. Il basso tasso di rincaro potrebbe indurre una diminuzione del tasso di interesse e dei tassi ipotecari. Tutto sommato, nonostante la revisione verso il basso di diversi indicatori importanti, le previsioni macroeconomiche del mese di marzo non descrivono ancora una situazione preoccupante. Il momento congiunturale è reso però particolarmente difficile dalla mancanza di informazioni precise sulle intenzioni dell’amministrazione Trump. Se nei prossimi mesi non fa marcia indietro in materia di introduzione di nuovi dazi non possiamo che aspettarci il peggio!