Cambiare il mondo con la gentilezza

Joe Weston è capace di trasmettere speranza anche nel difficile momento in cui ci troviamo, tra guerre, piani di riarmo, democrazie impazzite ed epidemie. Durante la nostra conversazione online mi ha spiegato, con un sorriso rassicurante e contagioso, come coltivare la gentilezza per migliorare noi stessi e il nostro rapporto con gli altri e col mondo. Il suo tono pacato e le parole puntuali e fiduciose sono coerenti con il contenuto del suo ultimo libro, tradotto in italiano col titolo Gentilezza Impetuosa: dal conflitto al confronto (FrancoAngeli). Joe Weston è autore, speaker, consulente e coach. Ha una carriera trentennale nella prevenzione dei conflitti, nella leadership, nella gestione dello stress e nella comunicazione.

Joe Weston, in che modo la gentilezza può migliorare le nostre vite?
Credo sia interessante notare che lei, come altri che mi hanno intervistato, mi stia chiedendo che utilità possa avere la gentilezza. Il fatto che ce lo domandiamo è emblematico: dovrebbe essere scontato essere gentili e invece di questi tempi non lo è. Nel mio libro uso la parola inglese «civility» che ha un’accezione leggermente diversa da «kindness». Per me gentilezza significa trattare le persone con dignità e rispetto e avere senso civico. Il sistema mondiale attuale ci sta portando a fare scelte basate su una cultura iper alimentata tecnologicamente e denutrita spiritualmente. Se osserviamo il corso della storia vediamo che c’è stato un buon equilibrio tra progressi nella tecnologia, nell’arte e nel miglioramento delle nostre vite. Adesso il sistema è cambiato. Dobbiamo recuperare l’idea di una società sana, perché altrimenti non siamo in grado di collaborare come specie umana. Per me è importante sottolineare che gentilezza non vuol dire debolezza, né rendere contenti gli altri, ma esercitare il potere trasformativo del cuore. È la capacità di andare oltre il sistema dicotomico nel quale esistono solo buoni e cattivi, chi ha torto e chi ha ragione, senza vie di mezzo. La gentilezza richiede una calma interiore.

Nel suo libro elenca le pratiche per raggiungere la calma interiore. Come possiamo diventare più sereni?
Tra le diverse pratiche, ci sono anche gli esercizi di respirazione che uso nei miei seminari e nei training. Per me è importante andare al di là della speculazione intellettuale e fornire strategie in modo che le persone possano padroneggiare certe tecniche. Quando siamo stressati e ansiosi il nostro sistema nervoso entra nella modalità fight-or-flight, combatti o fuggi. Come ci spiegano le neuroscienze, quando siamo in questo stato abbiamo reazioni primordiali, ci sentiamo in pericolo anche se magari la situazione che abbiamo di fronte è soltanto spiacevole. Non distinguiamo il disagio dalla minaccia. Se ci calmiamo acquisiamo lucidità. L’adrenalina e altri ormoni si attivano, ma possiamo restare connessi e concentrati, senza perdere il controllo. Invece, col sistema nervoso sregolato, non siamo nel pieno delle nostre potenzialità.

Lei osserva che la capacità critica degli esseri umani si sta deteriorando. Come possiamo correre ai ripari?
Il livello di istruzione nella parte dell’occidente che conosco, cioè gli Stati Uniti e i Paesi del Nord Europa, è calato in modo preoccupante rispetto a qualche decennio fa. E senza un certo livello di istruzione non è possibile coltivare il pensiero critico. Inoltre la velocità di Internet e dei social media fa sì che molte persone non si prendano il tempo per concentrarsi. La velocità annienta il pensiero critico, perché per capire è necessario studiare e contemplare. A volte servono giorni, mesi o anni per comprendere davvero qualcosa. Questa accelerazione crea uno stato costante di «disregolazione», cioè un’incapacità di controllare e gestire le nostre risposte emotive. Il cervello ha tre parti, il cervello rettiliano, il cervello dei mammiferi e la corteccia prefrontale. È nella corteccia prefrontale che formiamo il pensiero critico. Ma quando siamo in uno stato di «disregolazione» azioniamo la parte inferiore del cervello, fondamentale per la nostra sopravvivenza agli arbori dell’umanità, quando ci faceva scappare immediatamente se vedevamo una tigre affamata, senza restare seduti a riflettere, domandandoci quali sarebbero state le conseguenze se ci avesse aggrediti. Nel momento in cui questa parte del nostro cervello è in funzione non possiamo nemmeno accedere al pensiero critico. Il sistema mondiale, i governi e le aziende, stanno traendo profitto dal fatto che siamo «disregolati». Per parlare e affrontare questa situazione, ogni mese, conduco un incontro online aperto a chiunque voglia partecipare, chiamato Global Heart Gathering. Le informazioni si trovano sul mio sito joeweston.com. Non abbiamo il potere di contrastare le tecnologie perché non siamo miliardari, ma possiamo controllare il modo in cui rispondiamo a ciò che vediamo, esercitando il pensiero critico.

Il suo libro racchiude messaggi inaspettati di speranza. Nelle ultime settimane, in particolare, gli scenari mondiali sembrano catastrofici. Secondo lei come possiamo disinnescare l’aggressività che ci circonda?
Penso che sia un periodo duro, ma ho speranza nello spirito umano. Credo che la situazione migliorerà perché l’abbiamo visto dai corsi e ricorsi storici. Ci sono stati imperi che sono diventati enormi senza riuscire a sostenere una crescita incontrollata. E c’è un nuovo movimento che sta emergendo, nel quale sono coinvolte molte comunità e individui, impegnati per l’unità globale, la pace globale e il ripristino delle risorse del pianeta. È un movimento basato sull’equità e la pace per tutte le persone. Non ne sentiamo parlare dai media, ma io lo osservo con la mia fondazione Fierce Civility Project. Sono convinto che le nuove generazioni non tollereranno a lungo di essere comandate da disperati disposti a distruggere tutto ciò che li circonda. I «potenti» oggi sono disconnessi dai loro cuori, dalla loro umanità, sovralimentati tecnologicamente e spiritualmente denutriti. Comandano manipolando le menti delle persone; il loro è un consenso distorto e non potrà durare a lungo.

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