Il nuovo papa sarà chiamato a ridefinire il profilo funzionale della Chiesa
Chiunque egli sia, il nuovo papa dovrà affrontare come priorità il governo della Chiesa. Esercizio abbastanza trascurato dai suoi predecessori. Forse l’ultimo pontefice che abbia provato a tenere in mano il timone della sua istituzione è stato Paolo VI, senz’altro il papa più politico della storia moderna. Dopo di lui, il lungo, grandioso pontificato polacco, con Karol Wojtyla impegnato a rovesciare la carta geopolitica d’Europa e del mondo, a portare sé stesso, icona vivente, in ogni angolo del pianeta; poi Albino Luciani, che non ebbe nemmeno il tempo di abbozzare un progetto di papato e che, secondo alcuni, pagò con la vita l’idea di pensarne uno troppo ardito; quindi Joseph Ratzinger, grande teologo caratterialmente inadatto a sporcarsi le mani con la gestione di una comunità così vasta e litigiosa; infine Jorge Mario Bergoglio, programmaticamente anticlericale, quindi avverso a riformare le sclerotiche strutture di Santa Romana Chiesa perché impegnato ad abbatterle in nome di una rivoluzione del popolo cristiano che non è mai scoppiata. Di qui il suo procedere per tentativi, in vista di riforme mai compiute. Lui stesso si professava amante del pensiero incompiuto.
Risultato: all’alba del terzo millennio la Chiesa cattolica universale è un arcipelago di cattolicesimi particolari. Contraddizione in termini. Eppure realtà: ciò che divide, in linea di massima, un cattolico americano da uno italiano, un congolese da un cinese, un indiano da un brasiliano pare più di quanto li unisce. Diversità culturali forse inevitabili. Ma che potrebbero/dovrebbero essere mediate e orientate da un forte centro. Da Roma. Forse non è un caso che l’ultimo pontefice «governatore» della Chiesa fu un italiano, Giovanni Battista Montini. A sua volta ispiratore e riferimento del massimo partito politico della Prima Repubblica italiana, la Democrazia Cristiana. Sopravvissuto infatti pochi mesi all’assassinio di Aldo Moro, suo amico e capo della Dc.
Trattandosi di un universo di oltre 1 miliardo e 400 milioni di anime – almeno stando ai battesimi, che gonfiano di molto il numero dei credenti, tacciamo dei praticanti – la carenza di una guida riconosciuta e rispettata rischia di produrre un insieme tendenzialmente scismatico. Anche se finora non si è determinato alcun vero, importante scisma di diritto, molti ne sono maturati di fatto. A cominciare da quello fra papa e curia. Scisma dentro Roma. Evidente sotto Francesco, accentratore per vocazione gesuitica (ordine di tono militare retto da un generale, culturalmente indisciplinato) e per carattere. La sua «Chiesa in uscita» sembra finita in coda di pesce. Deficit di spirito missionario, reso anche dal tracollo numerico dei missionari. Fra i suoi meriti, Bergoglio ha infatti quello paradossale di aver ricordato alla sua vasta famiglia che per uscire devi prima esistere come soggetto riconoscibile e riconosciuto.
Definire la Chiesa cattolica oggi è impresa davvero ardua, stante le diversità fra le culture – tacciamo delle teologie o presunte tali – che vi convivono in spesso fittizia coralità liturgica e pastorale. Tendente alla distonia.
Il nuovo papa sarà chiamato a ridefinire il profilo funzionale della Chiesa. In quanto umana collezione di anime diversamente centrate sul Cristo, impresa quasi impossibile. Ma da perseguire per necessità, pena l’autodissoluzione della stessa istituzione petrina.
Il clima dell’oggi è particolarmente avverso all’impresa. Non ci riferiamo solo alle molte anime interne alla Chiesa. Il problema è soprattutto la crisi della socialità e la pulsione al solipsismo stimolata dagli stili di comunicazione social, profondamente asociali. Narcisistici. Crisi talmente profonda e diffusa da poter stimolare, sperano alcuni, anticorpi disposti a riscoprire le virtù della societas. Senza le quali niente ecclesia.
O forse è già troppo tardi? L’unità della Chiesa cattolica, per quanto imperfetta, è utopia? Addirittura distopia? E che ruolo può avere la Santa Sede nel ricentrare la Chiesa? Sempre che questa urgenza sia intesa nel senso bergogliano del Mistero della Luna, suo famoso apologo pronunciato davanti alla congregazione dei cardinali alla vigilia del voto che lo eleggerà papa. Ovvero dell’idea che Dio è il Sole che con la sua Luce illumina la Chiesa. Contro l’idea che la Chiesa possa/debba brillare di luce propria. La differenza fra una Chiesa del popolo di Dio e una Chiesa del clero.
Se mappassimo oggi il profilo del cattolicesimo su scala planetaria scopriremmo che per definirlo occorre considerare il ruolo fondamentale delle singole Conferenze episcopali. La Chiesa universale è somma algebrica di Chiese particolari. Particolaristiche, talvolta. Gelose della propria specifica cultura e del relativo potere. Più di prima, la voce di Roma è la voce del papa, quasi senza mediazioni curiali o comunque di istituzioni ombrello, capaci di orientare l’insieme dei cattolicesimi. Per paradosso, il papa che si è voluto distinguere quale vescovo di Roma è stato assai poco romano. Sia nel senso della passione per una città che non ha mai specialmente amato, sia più profondamente nel senso di vedere nell’Urbe più un vincolo che una risorsa. Quasi l’orbe prescindesse dall’urbe.
Aveva ragione? Non sappiamo. Sappiamo però che questo è il nodo di Gordio che il suo successore dovrà sciogliere o tagliare: è possibile una Chiesa cattolica apostolica romana, essenzialmente petrina, senza di che non può esservi missione (paolina), oppure il suo futuro è uscire da sé stessa?