Passeggiata nel bosco

by Claudia

Eccomi nel bosco per una prima passeggiata primaverile. Un rituale consueto, accompagnato da emozioni, pensieri, risonanze e oggi anche da presenze immaginarie.

Accanto a me Francis Hallé, il biologo innamorato della foresta e profondo conoscitore dei suoi segreti, a ricordarmi che gli alberi si nutrono di sole, di acqua e di luce. A differenza degli altri viventi, le piante non devono uccidere per vivere e sopravvivere. Il mio compagno di viaggio immaginario mi aiuta così a percepire fin da subito questa loro preziosa espressione della vita e ad accogliere e a ospitare la presenza del bosco dentro uno sguardo complice in cui si annulla quella distanza con cui ci siamo chiamati fuori dalla natura. È uno sguardo profondamente diverso da quello con cui quasi sempre osserviamo la vita che ci circonda e la imprigioniamo nella sua alterità, nella sua differenza rispetto alle nostre forme di esistenza. Facciamo fatica a percepire i segni di una comune appartenenza alla vita, ma siamo bravi invece a creare gerarchie. È così che il mondo vegetale viene a volte pensato e rappresentato come un «di meno della vita», come una mancanza, finanche una perdita che viene purtroppo ad abitarci, ad esempio, quando la malattia ci avvicina alla morte.

A dispetto di queste rappresentazioni riduttive, il mio compagno di viaggio immaginario mi ricorda invece la straordinaria potenza vitale di un’intelligenza diffusa: negli alberi ogni cellula contiene tutto ciò che serve alla vita. Le piante sono esseri viventi intelligenti che sanno risolvere i problemi di sopravvivenza per il loro benessere e imparano a farne memoria.

Mentre cammino, Francis mi racconta di tante capacità straordinarie, come quella di controllare le piogge emettendo dalle foglie elementi volatili come fossero germi per l’umidità, capaci di generare gocce d’acqua, o della sorprendente intelligenza «predittiva» dei pioppi, della loro strategia in grado di combattere il fuoco e di non bruciare. Mi offre poi una preziosa verità: tutto ciò che accade nel bosco è una bella lezione per il nostro individualismo, perché gli alberi non possono vivere soli. È davvero rara la solitudine degli alberi, in alcuni casi riescono perfino a comunicare tra loro grazie ai funghi del suolo.

Accompagnata da questi pensieri, riesco infine a vedere quella bellezza che sempre chiama a riconoscere la verità. Nella mia esplorazione provo un sentimento di gratitudine per essere riuscita a entrare in contatto con questa bellezza che spesso non riusciamo a vedere. Non riusciamo a vederla la bellezza silenziosa di un cosmo che ci chiama a un’intimità più profonda con la vita.

Nella natura, nelle sue espressioni più belle, spesso vediamo una bellezza da ammirare proprio perché è altra da noi. Una bellezza distante, estranea, da trattenere nello sguardo e forse nel cuore, o anche solo una bella immagine da condividere con gli amici nei social.

Senza rinunciare alla gratitudine per l’armonia che il bosco mi sta regalando, sento che la passeggiata mi sta portando da un’altra parte rispetto a simili percezioni autoreferenziali.

È a questo punto che un altro compagno immaginario viene a prendermi per mano per portare ancora oltre il mio desiderio di intimità con il bosco. Lui si chiama Eduardo Kohn e ha scritto un libro straordinario su come pensano le piante.

Sì, anche le piante pensano, perché il pensiero non è necessariamente legato solo al linguaggio umano. È perché pensano che i viventi sono vivi, mi ricorda. Vita e pensiero sono la stessa cosa, la vita pensa e i pensieri sono vivi. Come ha scritto Emanuele Coccia nella prefazione al suo affascinante libro, grazie alla sua capacità di pensare, di comunicare, di emettere e di interpretare segni, ogni essere vivente è un sé: «gli animali, le piante, i funghi sono soggetti, presenze, forme alternative dell’io».

Percepisco così ancor più la presenza di una comune radice della vita da cui è emerso anche il pensiero umano: ora i miei passi riescono ad affondare dentro un continuum che lega ogni forma di esistenza.

Sto per rientrare, ed ecco che in uno di quegli spazi di luce che sorprendono le ombre del bosco mi sta aspettando, assorto nei suoi pensieri, Jean Jacques Rousseau. Se ne sta trasognato, dentro le sue Fantasticherie del passeggiatore solitario, in dialogo con il proprio mondo interiore, nella dolcezza di conversare con l’anima. Termina così, con questa preziosa presenza che viene da lontano, la mia passeggiata primaverile nel bosco: abbracciata alla fisicità possente degli alberi ho vissuto un’esperienza più profonda e più autentica della nostra umanità.