Un potenziale che può anche rendere fragili

Secondo alcuni sono «piccoli geni», bambini che dimostrano capacità di apprendimento e curiosità intellettuale molto sviluppate e che per questo vengono definiti soggetti con Alto potenziale cognitivo (APC). Persone baciate dalla fortuna, verrebbe da dire, a cui tutto (o quasi) può risultare facile e immediato. Ma non sempre è così, o almeno non sempre lo è per tutti o per tutto.

Statisticamente i giovani con caratteristiche APC – cioè con un Quoziente Intellettivo (QI) sopra la media (indicativamente con valori oltre 130) – sono circa il 2.5% della popolazione. Bambini però, il cui disagio sociale o scolastico può portare a un sotto rendimento a scuola, malgrado capacità evidenti, problemi relazionali, rifiuto o fobia scolastica, fino a disturbi psico somatici o comportamenti inadeguati.

L’attenzione sul tema in questi ultimi anni, per le famiglie e da parte delle «istituzioni», è notevolmente aumentata, così come la sensibilizzazione che ha lo scopo di portare uno sguardo più attento ai possibili «segnali» da parte delle figure a contatto con la tematica, come insegnanti, ergoterapisti e psicologi.

Per capire quali possano essere i presupposti che portano a riconoscere in un bambino la condizione di APC e quali possano essere le eventuali conseguenze a livello scolastico, sociale e famigliare di questa situazione, abbiamo contattato l’associazione Filo di seta (www.filodiseta.ch), che da anni si impegna a sostenere i bambini dotati di alto potenziale cognitivo e le loro famiglie in Ticino. Hanno risposto alle nostre domande la presidente dell’associazione Elisabetta Monotti Campanella e due membri del comitato, Antonella Romboni e Lietta Santinelli.

Ma partiamo dall’inizio: cosa vuol dire essere un bambino con Alto potenziale cognitivo, e come si determina questa «condizione»? «L’elemento che accomuna gli individui con un APC – spiegano le tre responsabili di Filo di seta – è un Quoziente Intellettivo superiore alla norma. Nei bambini, il QI viene misurato attraverso il test Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC), uno strumento utilizzato in tutto il mondo per valutare le abilità intellettuali e situarle su una scala normativa. Ridurre l’Alto potenziale cognitivo soltanto a una misura dell’intelligenza sarebbe però fuorviante. All’interno dei risultati del test, infatti, ci sono vari indici che misurano l’efficacia in specifiche abilità – per esempio le componenti verbali, di performance, la memoria di lavoro, la velocità di elaborazione – la cui combinazione crea dei profili piuttosto eterogenei. In altre parole, avere un APC è un predittore positivo dello sviluppo e un fattore di protezione per la salute mentale, ma ogni bambino ha un proprio particolare funzionamento, che ne determina il potenziale e gli eventuali bisogni specifici». Ci sono poi alcuni segnali che portano ad una ricerca e valutazione di questa situazione. Durante il loro sviluppo, infatti, una parte di questi bambini presentano precocemente delle particolarità che a volte portano i genitori a consultare degli specialisti. «I ricercatori hanno constatato che già nella primissima infanzia i bambini APC sono precoci nel manipolare gli oggetti o nel camminare, sono curiosi, sviluppano precocemente il linguaggio, spesso imparano a leggere da soli e sono interessati ad argomenti “da grandi”. I genitori che si avvicinano ad una richiesta di bilancio lo fanno frequentemente in presenza di un disagio scolastico a livello di rendimento e di comportamento. Talvolta invece sono i docenti o le autorità scolastiche a consigliare una valutazione».

In generale, i bambini con APC non presentano rischi specifici per quanto riguarda il rendimento scolastico. Si stima che un’alta percentuale, non per forza rilevati, affrontino le sfide scolastiche senza particolari difficoltà. «C’è però circa un 10% di questi bambini che – spiegano ancora le tre rappresentanti de Il filo di seta – malgrado la loro intelligenza, possono trovarsi in difficoltà a scuola o nelle relazioni sociali con i pari o con i docenti. Alcuni bambini manifestano una grande creatività che li induce a porsi con un atteggiamento di sfida verso gli insegnanti, altri camuffano la loro intelligenza per essere accettati meglio dai pari, altri ancora si fissano degli obiettivi da raggiungere in modo autonomo che non sempre coincidono con il loro programma scolastico. In alcuni bambini poi l’APC convive con un disturbo dell’attenzione o un disturbo di apprendimento».

Sono però soprattutto le famiglie di questi ragazzi a dover accompagnare i propri figli in un percorso che possa rendere il meno difficile possibile il loro inserimento nella scuola o nella società. Ma devono farlo con strumenti adatti, consigliati nel proprio agire da «esperti del settore». «I genitori sono in prima linea nel sostegno del proprio bambino, perché ne conoscono i talenti, le sfumature e il carattere. Come per tutti i bambini, devono aiutarlo a crescere, avere fiducia nelle sue possibilità e incoraggiarlo ad affrontare le sfide quotidiane, senza aver paura di cogliere i segnali di disagio e di rivolgersi ai professionisti in caso di difficoltà. La nostra associazione offre un sostegno attraverso la formazione continua, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, delle attività per bambini, dei gruppi di scambio e di riflessione. Uno dei nostri obbiettivi è di creare una cultura che permetta ai bambini con APC di essere considerati nella loro neuro-divergenza, perché possano sfruttare al meglio le loro potenzialità e mantenere una situazione di benessere».

In Ticino, l’approccio adottato a livello scolastico prevede diversi accompagnamenti. La scuola è infatti sempre più sensibile al tema e si adatta alle cosiddette neurodivergenze con precise disposizioni. A questi ragazzi può essere infatti proposta una differenziazione scolastica, momenti settimanali di individualizzazione o personalizzazione dell’apprendimento, e anche, eccezionalmente, un’accelerazione del percorso scolastico. Ma, nella scuola, è sempre più necessaria una formazione nell’uso di strumenti concreti per aiutare e supportare questi bambini che, nonostante tutto, dispongono di un «dono» speciale, ma che spesso, senza un aiuto, non riescono a sfruttarlo nel migliore dei modi.

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