Una nave di ricordi per suo padre

«Ho paura della morte, ma non ho scelta. Allora l’accetto e approfitto della vita, con tutto il buono e il cattivo che mi riserva». Sono queste le parole con cui Robert De Niro, mercoledì scorso, ha concluso la sua masterclass, rispondendo a una domanda del pubblico. Parole che riecheggiano l’autenticità dell’icona mondiale del cinema, che alla 78ª edizione del Festival di Cannes ha ricevuto la Palma d’Oro alla carriera.

Un appuntamento, quello della masterclass, che da qualche anno la rassegna cinematografica (in svolgimento proprio in questi giorni) propone agli appassionati nella sala Debussy – la seconda per capienza, con i suoi 1068 posti. Nelle scorse edizioni si sono alternati, tra gli altri, Meryl Streep, Tom Cruise e Sylvester Stallone. Ma De Niro è diverso. Anzitutto per il suo carattere schivo e riservato, e poi per quell’aura unica che lo circonda, frutto di una carriera straordinaria, dei due Oscar ricevuti e dei numerosi altri riconoscimenti ottenuti. È stato quindi un evento storico poter assistere alla sua masterclass. Come ha detto all’inizio il Delegato generale del festival, Thierry Frémaux: «Questa sarà una data che, tra qualche anno, potrete raccontare ai vostri figli e nipoti dicendo: “Io c’ero”».

La conversazione si è rivelata interessante e fuori dagli schemi. Di solito, infatti, l’intervistatore ripercorre la carriera della star, soffermandosi su aneddoti e dettagli più o meno noti. In questo caso, invece, il regista e fotografo francese JR ha preferito esplorare il presente di De Niro. Lo ha fatto grazie all’amicizia che li lega e a un progetto che portano avanti insieme da alcuni anni. Il tutto sotto gli occhi curiosi e attenti anche di Leonardo DiCaprio e Quentin Tarantino, presenti in sala.

Come noto, il protagonista di Taxi Driver non è un grande parlatore (al contrario, per esempio, di Tom Cruise, che poco prima ha catalizzato l’attenzione nella masterclass dedicata al regista dell’ultimo Mission: Impossible, Christopher McQuarrie). Ma JR conosce bene De Niro e ha saputo metterlo a suo agio, portandolo a parlare del progetto in corso, a partire dal loro primo incontro.

«A 27 anni sono andato a New York e ho avuto l’onore di incontrare Bob al Tribeca Festival. Gli ho parlato dei miei progetti e lui, incuriosito, mi ha preso sotto la sua ala. Ci siamo sentiti regolarmente, fino a quando mi ha proposto di visitare l’atelier di suo padre e di realizzare un documentario su di lui».

«La mia intenzione – ha raccontato De Niro – era far conoscere il loro nonno ai miei figli e agli altri membri della famiglia. Per questo ho chiesto a JR di filmare alcuni reperti che ha lasciato e lo studio in cui ha dipinto. Del resto, anche come attore, ho sempre amato conservare oggetti, vestiti e cimeli di scena, per poi mostrarli ai miei figli».

Il documentario è stato anche lo stimolo per sfogliare i diari lasciati dal padre. «A dire il vero, non ero mai stato pronto a leggerli, ma con questo progetto mi sono preso il tempo per scoprirli e per comprendere meglio mio padre, visto che anche lui non era un gran chiacchierone». Un percorso di scoperta che è proseguito anche attraverso le lettere della madre, Virginia Admiral, pittrice, poetessa e attivista per i diritti civili.

Una decina di anni fa era già stato realizzato un documentario sul padre, prodotto da HBO e intitolato Remembering the Artist: Robert De Niro Sr.. Il nuovo progetto – come ha spiegato ancora De Niro – va però ben oltre. Sia per la profondità della ricerca, sia per il tempo impiegato nella realizzazione. «Lo portiamo avanti quando abbiamo un’idea: ne discutiamo, magari giriamo qualche scena. Per ora non so bene cosa sia, ma credo che, quando sarà terminato, lo scopriremo. Siamo completamente liberi di decidere».

Il pubblico ha poi avuto il privilegio di vedere un estratto del filmato. Difficile descrivere a parole di cosa si tratti, anche perché quella mostrata è con buona probabilità una versione destinata a cambiare ancora. In ogni caso, il filmato è suggestivo e visivamente sorprendente: ad esempio, una ripresa dall’alto mette a fuoco dapprima De Niro sdraiato, allargando poi l’inquadratura con un lento zoom per farci scoprire che l’attore è disteso su una gigantografia del padre, ed entrambi sono su una grande nave cargo diretta a Manhattan. Altre scene, invece, sono più intime e familiari. Il tutto realizzato senza effetti speciali o trucchi particolari.

Gli ultimi minuti della masterclass, riservati alle domande del pubblico, hanno permesso a De Niro di raccontare alcuni aneddoti della sua vita, al di là della riflessione iniziale sulla morte: il primo film visto al cinema con suo padre fu, ad esempio, La bella e la bestia di Jean Cocteau. «Andavamo almeno una volta alla settimana al cinema. Era facile, perché così non doveva parlare molto», ha detto sorridendo. Ha poi aggiunto di essere cresciuto con gli occhi pieni delle interpretazioni di Marlon Brando, James Dean, Montgomery Clift e Laurence Olivier: «Quella generazione di grandi attori mi ha sicuramente formato, così come i western di John Ford».

Rispondendo a un giovane attore, ha anche svelato il metodo che applica nella scelta delle sceneggiature: «Se ho un’intuizione iniziale, spesso è quella giusta. Magari prima devo fare un giro e un percorso più lungo per capirlo, ma l’intuito mi è sempre stato vicino».

De Niro ha poi lasciato la scena con la sua consueta aria da persona qualunque, ma accompagnato da una scia di applausi e da una lunga standing ovation.

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