Graphic Novel: Ivano Talamo racconta la città elvetica «degli altri» partendo da cinque passeggiate fuori rotta
Nel descrivere Zurigo come fredda e quieta, ci si potrebbe riferire tanto all’ambiente fisico quanto all’atmosfera emotiva percepita da chi viene da fuori a un primo contatto con la città attraversata dalla Limmat. Ivano Talamo, che a Zurigo vive e lavora, prende in prestito quest’endiadi, già coniata da Emily Dickinson per descrivere la Svizzera in generale, e ne ricava un titolo provocatorio per il suo fumetto: Così fredda, così quieta. Cinque passeggiate nella Zurigo degli altri, nel quale mostra la vivacità e il disordine inaspettati che si nascondono in questa città solo in apparenza tranquilla.
Le cinque passeggiate menzionate, che raccontano i segreti di Zurigo, si snodano attraverso altrettanti capitoli. A questi si aggiungono un prologo, che introduce il tema dell’ordine cittadino soffocante poi sviluppato nel resto del volume, e un epilogo che ripete l’amore dell’autore verso questa città, dove ha imparato a trovare spazi e momenti più spontanei. I capitoli sono episodi a sé stanti che descrivono le impressioni o le esperienze, si direbbe reali, dell’autore riguardo a diversi aspetti di Zurigo, ma il loro accostamento amplia sempre più le rivelazioni sulla città, precisandone progressivamente il ritratto.
I disegni sono, per la maggior parte, paesaggi che riproducono numerose vedute della città in modo riconoscibile, componendo in successione un itinerario percorribile, come se l’autore li avesse realizzati davvero durante brevi soste lungo il percorso, en plein air, portando con sé ogni volta solo due matite colorate per posare tratti veloci sul bianco della pagina. Il realismo nelle forme dei paesaggi si combina armoniosamente con l’astrazione dei colori fantasiosi e la rinuncia frequente ai dettagli, talvolta con l’aggiunta di elementi stilizzati, comici o simbolici. Il risultato è dunque un ritratto trasognato, evidentemente filtrato tramite gli occhi dell’artista, la cui percezione soggettiva di Zurigo diventa il vero cuore del racconto.
Ogni passeggiata è tematicamente legata a ciò che narra l’autore nel capitolo: vie intitolate a intellettuali e mecenati del passato, quartieri scelti come ambientazione per romanzi distopici, aree poco sorvegliate che accolgono attività innocue o criminali, muri arricchiti dalle opere di artisti internazionali o da vandali, edifici carichi di ricordi affettuosi minacciati dagli interessi edilizi. Le nuvolette di dialogo sono rare: per la maggior parte, il racconto procede nelle didascalie, che sembrano riportare i pensieri dell’autore, oppure le sue parole rivolte al lettore che lo accompagna nella passeggiata, mentre i luoghi attraversati si susseguono come sottofondo visivo. Talvolta i disegni illustrano i temi specifici contenuti nel testo, alternando quindi passato e presente, realtà e immaginazione. Questa combinazione tra scrittura e segno agevola l’immersione in un tono intimista e diaristico, talvolta addirittura poetico.
Il volume non perde occasione per scavalcare l’apparente ordine intransigente di Zurigo e mostrarne i lati meno vistosi, la Zurigo degli altri, appunto. Vengono spesso messe in risalto le idee controcorrente, la cultura indipendente, le manifestazioni di sfida allo status quo e ai giganti dell’economia. L’autore non nasconde apprezzamento e ammirazione per queste piccole vite disordinate che riescono a ricavare un loro spazio e arricchire la città con arte e umanità; tuttavia non trascura nemmeno gli esiti negativi in cui talvolta delle iniziative controcorrente possono risultare. D’altra parte, la critica al conformismo e agli stili di vita considerati più rispettabili non è esplicita, bensì solo suggerita contrapponendo queste due anime coesistenti di Zurigo: l’autorità desiderosa di controllo, e la variegata resistenza contro l’appiattimento culturale. Sebbene le sue preferenze risultino chiare, l’autore riconosce contraddizioni in entrambe queste parti, così come l’artificialità del confine che le separa.
Il volume non costituisce dunque una critica a un’eccessiva tranquillità di Zurigo, bensì un elogio dei suoi abitanti capaci di fomentare disordine creativo e riflessioni sulla società. L’autore esprime il suo affetto per l’anima di questa città che ha scoperto accogliente, nonostante l’iniziale soggezione trasmessa da ricche industrie, marche di lusso e locali esclusivi, che impressionano i nuovi arrivati. Si tratta di un invito a varcare una porta di servizio nascosta per entrare nel cuore scapestrato e pulsante di Zurigo, difficile da trovare e difficile da lasciare.