Un giorno, mentre passava dal monte Taj, Confucio vide una donna piangere disperata accanto a una tomba. S’informò su ciò che le era accaduto. La donna spiegò che tutta la sua famiglia era stata sbranata dalle tigri che infestavano quella regione. Confucio allora le chiese: «Ma perché resti in questo luogo?» La donna rispose: «Perché qui non ci sono Governi spietati». Confucio allora commentò: «Ricordate, miei discepoli, un Governo spietato è più famelico delle tigri».
A citare questo aneddoto è John Vaillant nel suo saggio La tigre (2010; Einaudi, 2012), nel quale mostra come esista un predatore più vorace della tigre siberiana dell’Amur. Solo l’essere umano infatti sa uccidere meglio di questo formidabile felino, un vero e proprio congegno programmato per la caccia. Il fatto è che, avrebbe forse commentato Confucio, una tigre si limita a toglierti la vita, mentre un Governo spietato ti toglie pure la speranza che il mondo abbia un senso.
Per me l’esistenza delle tigri prova che il mondo abbia un senso. Certo, io non corro il rischio di venire sbranato. Ma come scrive Vaillant, le popolazioni che per millenni hanno convissuto con questo animale non l’hanno mai visto come un flagello, bensì come una potenza della natura, un suggello del mistero, una sorta di via d’accesso per capire la propria vita. Della tigre ho sempre ammirato l’eleganza, la maestà, l’insondabile perfezione. Da bambino cercavo nei libri illustrati le strisce giallo-nere e più tardi, più tardi ho collezionato versi e romanzi sul più avventuroso e metafisico fra tutti i felini. Come scrisse Jorge Luis Borges, «non esistono parole […] che possano essere emblema della tigre, questa forma che da secoli abita l’immaginazione umana» (Tigri azzurre, 1977, in Tutte le opere, II, Mondadori, 2005).
La tigre è potente, ma rischia l’estinzione. Gli esseri umani, tanto più fragili, sono invece fra le specie di animali a sangue caldo più numerose al mondo (gli unici a tenerci testa sono i polli, poi a seguire i ratti e i topi). Come dice un esperto intervistato da Vaillant, «perché le tigri esistano, dobbiamo volerlo». A mettere in scena questo scenario è Endangered (Grand Gamers Guild, 2020), un gioco di Joe Hopkins in cui i partecipanti, da uno a cinque, collaborano per salvare le tigri dalla scomparsa. Alla mia prima partita abbiamo perso all’ultima mossa, perché non siamo riusciti a convincere il governo brasiliano a stanziare dei fondi. In precedenza, va detto, ci eravamo illusi che le tigri avessero procreato una prole abbastanza numerosa da resistere alla distruzione del loro habitat, in particolare in Cina, ma avevamo fatto male i nostri calcoli. Per fortuna abbiamo imparato dai nostri sbagli. Nella seconda partita siamo riusciti a influenzare le lobby giuste per lottare contro il disboscamento, evitando sia la frammentazione del territorio dei felini, sia che arrivassero a contatto troppo ravvicinato con i villaggi umani.
Endangered è basato sull’uso di dadi per attivare carte azioni, combinato alla gestione di una mappa che raffigura l’evoluzione dell’habitat naturale. Nella scatola, oltre alle tigri, sono presenti altri due moduli per tentare di salvare il panda gigante e la lontra di mare. Ogni partecipante ha un ruolo unico (il benefattore, la reporter, il lobbista, la zoologa…). Tutti insieme tentano di influenzare il voto delle Nazioni Unite. Il materiale è assai curato, con piccole tigri (o panda, o lontre) di legno che aiutano l’immedesimazione.
Un altro gioco che invita a proteggere gli animali, sia pure in modo più astratto, è Moving Wild (Oink Games, 2024). Chris Priscott ha immaginato che i partecipanti, da uno a sei, debbano costruire un parco naturale in grado di accogliere quante più specie possibile. Si tratta di selezionare delle carte, che passano di mano in mano, per allestire degli ambienti. Poi bisognerà creare delle combinazioni per gestire gli animali, ricordando che gli ippopotami hanno bisogno sia di acqua sia di terra, i bradipi e i pinguini non possono stare soli mentre gli orsi non amano i gruppi numerosi, oppure che è meglio tenere le murene lontane dai trichechi e i formichieri separati dai coccodrilli… eccetera. Il gioco, compatto, è racchiuso in una piccola scatola dalla grafica suggestiva, nel tipico stile minimalista della casa editrice giapponese.
Endangered è cooperativo, Moving Wild competitivo; entrambi sono appassionanti. Lo scopo di questi giochi non è direttamente educativo, per fortuna. Non c’è niente di peggio del moralismo di una predica travestita da divertimento. Ma occorre dire che, in maniera implicita, la lotta per salvare gli animali è un invito a considerare la bellezza, a preservarla. Lasciatemi concludere con una finta citazione di Confucio (non se ne avrà a male): «Finché ci saranno tigri, ci sarà speranza».