Raccontarsi come un libro aperto

Ascoltare uno o più capitoli della vita degli altri, permeata da esperienze di pregiudizio o esclusione, come fossero dei libri da sfogliare. Non si tratta di una metafora, bensì dell’essenza della Biblioteca Umana. La straordinaria idea nasce in Danimarca all’alba del nuovo millennio, nel 2000.

E fra pochi giorni, in Ticino, fedele alla lettera a quel progetto illuminato, prenderà corpo – è proprio il caso di dire, dal momento che parliamo di libri in carne ed ossa – il primo evento pubblico alle nostre latitudini, in calendario sabato 7 giugno dalle 15.30 alle 18 a Massagno alla SUFFP, la Scuola universitaria federale per la formazione professionale, sotto il titolo Biblioteca Umana, dialoghi che aprono mondi, dopo che ad oggi l’iniziativa viene proposta con regolarità in un centinaio di Paesi di tutto il mondo, in Europa in particolare, ma anche oltreoceano.

Ne parliamo alla vigilia dell’incontro con il suo fondatore, Noè Albergati, umanista a pieno titolo – scrittore, poeta, autore di un potente romanzo in versi (Cemento e Vento, Gabriele Capelli Editore), bibliotecario, un dottorato in italianistica e collaboratore della SUFFP, egli stesso «libro vivente» che ha accettato di registrare nel fitto catalogo della permanente Human Library di Copenhagen il volume riguardante la sua personale condizione di giovane vedovo.

Di cosa stiamo parlando precisamente e come nasce l’iniziativa?
La Human Library viene fondata a un festival da un gruppo di attivisti danesi contro la violenza che escogita un modo per combattere i pregiudizi, coniando il motto «Eliminare un giudizio su qualcuno». Io sono incappato in questa iniziativa nel 2023 quando stavo frequentando il Master in biblioteconomia perché era al centro di un modulo. L’idea mi è piaciuta tantissimo e così ho proposto ai miei superiori di poterla realizzare anche in Ticino, secondo tutte le direttive del progetto originario. La SUFFP è lieta di accogliere questo progetto perché rientra in uno dei suoi temi strategici: lo sviluppo sostenibile. Una volta ottenuta l’autorizzazione ci ho impiegato un po’ a tradurla in realtà. Ho scritto a una trentina di associazioni ticinesi, alla ricerca di persone interessate a diventare «libri», e nel frattempo, prima che si concretizzasse il progetto, sono trascorsi quasi due anni.

All’evento ci sarà un pubblico, ma soprattutto «libri viventi». Come va intesa quest’ultima definizione?
I «libri viventi» in sé devono seguire una formazione online della durata di circa un’ora per acquisire alcune strategie di storytelling e di gestione della lettura. Ogni «persona-libro» potrà essere ascoltata da un pubblico formato da una o due persone, le quali, dopo un’esposizione di alcuni minuti, avranno la possibilità di porre domande. I «libri», se lo ritengono, completeranno la narrazione, oppure, in un modo elegante, potranno ribattere con espressioni del tipo «spiacente ma questo capitolo sul quale mi interpella non è ancora stato scritto». I «libri viventi» devono comunque arrivare all’evento preparati. Ancora prima io devo valutare se lo sono realmente, perché non deve essere un incontro di natura terapeutica. Chi ricopre il ruolo di «libro» deve aver superato in buona parte la propria storia. Se, al contrario, si sentisse ancora fragile gli viene consigliato di posticipare il momento a un evento successivo, dandosi così un tempo di elaborazione. Per i «libri viventi» si tratta di un’esperienza intensa, ma non si vuole che diventi spiacevole, bensì protetta entro precisi limiti.

Quali «libri» possono aderire al progetto?
Tutti. Non c’è alcun limite. Possono essere legati a ideologie – come le persone vegane o femministe, attorno alle quali ci sono ancora diversi pregiudizi – ad aspetti fisici (come i tatuaggi e i piercing) o all’orientamento sessuale. Il 7 giugno ci saranno persone legate all’ambito LGBTQ+, a malattie, a neuro divergenze. Ci saranno persone ipovedenti o sorde, o con una disabilità fisica, oppure persone dipendenti – avremo al proposito un ex alcolista – o ancora con un passato migratorio. Nella pagina online dell’evento il pubblico interessato potrà consultare il catalogo completo con i titoli proposti.

Spesso si tratta di temi divisivi.
Sì, soprattutto il focus delle storie trattate dai «libri» riguarda pregiudizi o idee non fondate, temi rispetto ai quali i «libri» possono sentirsi vittime o riconoscersi in questi termini.

Concretamente il 7 giugno come si svolgeranno le letture?
Ci sarà un catalogo. I «libri», ad oggi, salvo rinunce, sono ventuno, di diverse età. Sono previsti quattro slot di letture di circa mezz’ora l’una. Come funziona? Il pubblico sceglie un libro e, uno o due lettori si recheranno con il libro prenotato in un’aula, in modo da ritrovarsi in uno spazio isolato, con una certa privacy. Inizia dunque a prendere la parola per primo il «libro», narrando per circa cinque minuti il contesto del suo titolo. Per il resto del tempo saranno i lettori e le lettrici a poter rivolgere domande su quella precisa tematica al loro interlocutore. E dal canto suo, il «libro» cercherà di rispondere nel modo più esaustivo possibile. In contemporanea avranno luogo in altre stanze dello SUFFP altre letture, con altri libri e un altro pubblico formato da una a due persone. Eviteremo di norma letture per gruppi più ampi. Con me ci saranno altri collaboratori librai volontari che monitoreranno lo svolgimento delle narrazioni. Potenzialmente dovremmo raggiungere per questo primo evento complessivamente una quarantina di persone. L’evento è a ingresso gratuito, ma per ragioni organizzative è richiesta la prenotazione all’indirizzo suffp.swiss. I «libri» non vengono retribuiti, è tutto su base volontaria, a parte un rimborso a copertura delle spese. Questo a garanzia della qualità e dell’autenticità della proposta. È un principio importante, perché altrimenti i «libri» potrebbero anche banalmente inventare.

Sarà questo il primo di una serie di eventi per la nuova Human Library?
Lo spero, con l’idea che il catalogo potrebbe crescere e diversificarsi, così da ampliare la scelta. Chiaramente ogni libro iscritto non sarà tenuto a seguire tutti gli eventi.

Ma qual è, in conclusione, la differenza di «lettura» tra il fruire di un libro della Biblioteca Umana e il tradizionale volume che possiamo stringere tra le mani?
Il romanzo classico non è flessibile, dal momento che il contenuto lo decide l’autore. Nel caso della Human Library, invece, è la persona del pubblico che formula una o più domande e interroga dunque il libro e pertanto stabilisce in quale direzione deve andare la narrazione. La parte preminente della Biblioteca Umana è infatti formata dalle domande e dall’interazione fra chi narra e chi ascolta.

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