Cannes ha fatto ballare e riflettere sulle sette note, quest’anno più che mai. La musica è stata al centro di un grande appuntamento e ha avuto un ruolo da protagonista anche in altri momenti del festival. Parliamo, in particolare, della masterclass con Guillermo del Toro (regista messicano due volte premio Oscar) e Alexandre Desplat (compositore pure due volte premiato dall’Academy), ma anche del suggestivo e originale documentario su Bono, lo storico frontman degli U2, presentato in anteprima sulla Croisette e in arrivo su Apple TV dal 30 maggio.
Iniziamo col dire che la musica, a Cannes, è da sempre importante. Basti pensare ai recenti film dedicati a musicisti come Amy (2015) di Asif Kapadia, The Velvet Underground (2021) di Todd Haynes, o Elvis (2022) di Baz Luhrmann. I musicisti non sono mai mancati nemmeno nelle giurie o sul tappeto rosso, in veste di ospiti d’onore, richiamando con la loro sola presenza un ponte tra cinema, suono e memoria collettiva.
La musica è ovunque, anche sul tappeto rosso, dove accompagna (talvolta in modo assordante, bisogna dirlo) le star nella celebre sfilata, invitandole perfino a ballare — come dimenticare i passi improvvisati di Emma Stone e del cast di All We Imagine as Light lo scorso anno? All’interno delle sale, invece, risuona il celebre jingle Le Carnaval des animaux di Camille Saint-Saëns, colonna sonora immaginaria e sognante di una montée des marches che dal mare arriva fino alle stelle. Un motivo evocativo che segna ogni proiezione ufficiale e dà il tono al rito collettivo del cinema di Cannes.
Veniamo agli appuntamenti musicali dell’edizione conclusasi questo sabato. Il primo è Stories of Surrender di Andrew Dominik (già regista di un documentario su un altro cantante, Nick Cave); un film in bianco e nero dedicato a Bono. Girato sul palco del Beacon Theatre di New York, è uno show intimo e minimalista con un tavolo, quattro sedie, un’arpista e una violoncellista, dove musica, racconto e confessione si fondono in un vero one man show. In questo film, Bono si racconta con ironia e leggerezza, evocando momenti salienti della sua vita: la nascita con una malformazione cardiaca che anni dopo quasi lo uccise, l’incontro – nella stessa settimana – con la futura moglie e con la band e il rapporto complesso con il padre «duro e puro».
Non mancano aneddoti gustosi, come l’incontro con Pavarotti: «Venne in studio per convincermi a partecipare al suo concerto benefico a Modena, ma Adam Clayton e Larry Mullen Jr., cresciuti col punk, erano contrari… e si nascosero». Oppure il surreale faccia a faccia tra suo padre e Lady Diana: «Lei gli tese la mano, e otto secoli di oppressione svanirono in otto secondi». Il racconto è intervallato da versioni acustiche e raccolte dei brani più celebri degli U2 (Pride, Beautiful Day, With or Without You, Sunday Bloody Sunday), accompagnati solo da arpa e violoncello, di cui Bono svela origini, contesti e significati spesso inaspettati. È sicuramente un modo nuovo di ascoltare canzoni che pensavamo di conoscere a memoria.
L’altra grande tappa musicale del festival è stata la masterclass con del Toro e Desplat, un incontro per veri appassionati che non ha deluso. «Molti musicisti sono arrivati al cinema per caso. Io no, lo cercavo sin da ragazzo» ha raccontato Desplat. «I miei idoli erano De Niro, Scorsese, Spielberg, e andavo al cinema per ascoltare le colonne sonore. All’epoca non c’erano video, così tornavo più volte per godermi le sonorità di quei capolavori».
«La musica apre spazi mentali nuovi», ha continuato. «Amo ogni genere: classica, contemporanea, ritmi africani, sudamericani, sonorità avanguardistiche». Ha poi raccontato la sua esperienza per Birth di Jonathan Glazer, uno dei film chiave della sua carriera: «Il regista venne a Parigi, e per due giorni ci immergemmo nella colonna sonora. Partimmo da Wagner, vista l’atmosfera fiabesca del film, iniziando con quattro flauti leggeri, per poi arricchire la scena con altri strumenti e renderla più drammatica».
Desplat ha sottolineato l’importanza della collaborazione con i registi e dell’approccio ai personaggi più che agli ambienti: «Con la musica posso dare loro un carattere e accompagnarne l’evoluzione nella storia». La collaborazione con del Toro è tra le sue più feconde: La forma dell’acqua (che gli valse l’Oscar), Pinocchio e il nuovo, attesissimo Frankenstein in uscita tra autunno e inverno.
«Lavorare con Alexandre è molto creativo» ha detto del Toro. «Prima di lui non partecipavo mai alle sessioni di registrazione, poi non ne ho mancata una». E a proposito del suo Pinocchio ha aggiunto: «Volevo che cantasse per Mussolini. La musica doveva umanizzare il burattino». Desplat ha anche raccontato che la sfida in quel film fu anche quella di scrivere i brani durante il Covid, quando nessuno si poteva trovare, dunque le voci furono registrate da remoto: «Mi ricordo che, per esempio, Ewan McGregor ha lavorato dal suo garage».
L’incontro si è chiuso con un’anticipazione su Frankenstein, interpretato da Jacob Elordi e Oscar Isaac. Non sarà un horror: «Il cinema di Guillermo è lirico, e la mia musica lo è altrettanto. Sarà un Frankenstein più commovente che spaventoso», ha detto Desplat. E del Toro ha rilanciato: «Questa versione si concentrerà sul rapporto emotivo tra padre e figlio, piuttosto che sugli elementi horror classici. Sarà un progetto personale che esplorerà i temi dell’identità e dell’appartenenza».
Al termine della masterclass, un lungo applauso e due omaggi preziosi per celebrare il centenario della nascita di Georges Delerue, un altro grande compositore francese: una lettera a François Truffaut donata a Desplat, e una partitura originale regalata a del Toro. Due regali simbolici, due gesti d’amore verso il cinema e la musica. Un addio in perfetta armonia.
È dunque indiscussa l’importanza, anche per Cannes, della musica nel cinema, eppure non esiste un premio ufficiale per le colonne sonore. Dal 2010 viene «solo» assegnato il Cannes Soundtrack Award, un riconoscimento indipendente attribuito da una giuria di giornalisti alla miglior colonna sonora originale tra i film in concorso. A tal proposito, sempre durante la masterclass di del Toro e Desplat, la direttrice della Sacem (Société des auteurs, compositeurs et éditeurs de musique), Cécile Rap-Veber, ha sollecitato il Delegato generale Thierry Frémaux a istituire un premio ufficiale per la musica, senza però ottenere una risposta positiva…