Voci provenienti dal fondo del mare

by Claudia

Pubblicazioni: Sirene, scimmie d’acqua e colossi estinti: Lida Turpeinen riscrive la storia dimenticata della «Ritina di Steller»

Sirene e scimmie di mare sono veramente esistite in tempi lontani? O sono solo fantasie letterarie? Magari figure bizzarre e ammiccanti apparse nello scintillio abbagliante di quella distesa marina «incognita» dove tante navi con i loro equipaggi si sono avventurate e perse? E la Rithyna Stelleri mitico colosso dei mari, il cui scheletro imponente – uno degli unici tre esistenti al mondo – è esposto al Museo di Storia Naturale di Helsinki, che sembianze aveva? Perché da quel primo, fatale incontro con l’uomo avvenuto nel 1742 solo ventisette anni dopo, si estinse?

Lida Turpeinen, scrittrice finlandese, si è trasformata in detective e ha scavalcato i secoli per risolvere questo «giallo» storico-scientifico iniziato quando le carte geografiche riportavano le poche terre conosciute e il resto del mondo era un vasto mistero. L’ultima sirena (Neri Pozza editore, 2025), è il romanzo avvincente e insolito nato da questa indagine che ricostruisce la scoperta dell’imponente animale marino della famiglia dei sirenidi, la Ritina di Steller, e lo strano destino dei personaggi realmente esistiti che gli sono ruotati attorno in epoche diverse. Abbiamo intervistato Lida Turpeinen su questa magnifica avventura letteraria che, con le sue rivelazioni, è all’origine di alcune mostre, tra le quali una attualmente in corso al Museo Nazionale di Storia Naturale di Helsinki (fino al 17.8.2025).

Il suo libro ha ricevuto molti premi (tra cui l’Helsingin Sanomat Literature Prize per il miglior esordio), mentre le mostre celebrano una donna sino a oggi sconosciuta al mondo scientifico, come mai?
Sì, e ne sono orgogliosa. Per sette anni ho spulciato diari di viaggio, resoconti di spedizioni di esploratori, etnografi e naturalisti; carteggi, lettere di marinai e, in alcuni casi, come per John Grönvall, che per primo ha assemblato lo scheletro della Ritina di Steller, mi sono tuffata in scatoloni colmi di disegni e fotografie. Ma erano tutti uomini. Non riuscivo a credere che non ci fossero mai state donne in questa vicenda scientifica. Finché ho «incontrato»: Hilda Olson, talentuosa pittrice e disegnatrice il cui ruolo capitale a livello scientifico, era ignorato da tutti. È lei che, grazie al mio libro, oggi viene celebrata a Helsinki in queste due mostre e ha finalmente la popolarità che meritava.

La storia inizia con la spedizione del 1741 di Vitus Jonassen Bering, capitano danese che sulla San Pietro imbarca il naturalista-teologo tedesco Georg Wilhelm Steller, «stravagante e colto». Lei come lo sa?
M’interessava capire come poteva essersi svolto l’incontro tra l’uomo e una specie animale sconosciuta, ma più che raccontare quei momenti, volevo immaginare come Steller li avesse vissuti. Ci sono riuscita proprio grazie ai suoi diari e a quelli degli altri protagonisti della spedizione e alle tante osservazioni annotate da tutti – come usava in quell’epoca in cui si scriveva tanto – e che mi hanno permesso di costruire un racconto per immagini, stile graphic novel, vivido e pieno di curiosità, corredato da risvolti psicologici veri, o presunti.

Il viaggio, il naufragio, l’isoletta disabitata nel Pacifico, i sopravvissuti in preda alla fame e allo scorbuto, la morte di Bering. Quasi un’avventura conradiana?
All’epoca anche i naturalisti e gli etnografi scrivevano delle loro scoperte in uno stile letterario e ho capito che con qualche modifica, era lo stile giusto per il mio romanzo. Anche la descrizione dell’incontro su quell’isola tra Steller e uno strano animale: «Grande come un elefante, che non è un pesce, né una balena e nemmeno una foca grigia e la testa, che a distanza faceva capolino tra le onde, assomigliava a quella di un essere umano e non a quella di un abitante del mare», è piuttosto fedele a quanto scritto da Steller e dai naufraghi che si salvarono proprio grazie alle carni di quell’animale. Il mio libro è quasi un miracolo, visto che ho iniziato a indagare trecento anni dopo questi fatti. Cominciai intervistando il tassidermista del Museo di Storia Naturale di Helsinki sul perché lo scheletro della Ritina di Steller fosse arrivato al Museo solo un secolo dopo la sua scoperta e la sua estinzione. Cosa era successo?

Un altro mistero. Come ne è venuta a capo?
Mi hanno aiutato le tante ore passate con i ricercatori del Museo; con professori di zoologia e paleontologia, ma soprattutto le centinaia di lettere scritte da Anna Furruhjelm. Ecco un’altra donna fondamentale in questa storia: nel 1859 era la moglie del governatore svedese dell’Alaska russa.

Lei racconta con leggerezza e perspicacia la vita in quei territori; le popolazioni indigene; le preoccupazioni e gli obbiettivi politici, commerciali, ma anche scientifici del governatore, incaricato di raccogliere informazioni su animali che, in pochi anni, sembravano essere scomparsi, proprio come la Ritina di Steller, che tutti i musei sognavano di avere.

Quindi è a quell’epoca che prende corpo l’idea della possibile scomparsa di una specie?
Sì. Si passa dal credere che la natura sia inesauribile, al concetto di estinzione. Ma il raccapriccio è massimo quando si percepisce che la nostra specie, l’uomo, potrebbe essere la causa della scomparsa di un’altra specie. Ed è già più che un sospetto quando lo scheletro di un esemplare della Ritina di Steller nel 1861, dall’Alaska arriva a Helsinki al professor Nordmann, famoso paleontologo e zoologo. E lui aggira la legge che vieta alle donne di occuparsi di scienza e ne affida i disegni al miglior disegnatore che conosca: Hilda Olson. E questa è solo una delle tante storie che racconto nel libro.