Una giostra di fiati tra Berna e i Balcani

by Claudia

Tra i numerosi ospiti di JazzAscona anche la formazione elvetica Traktorkestar, in scena il 27 e il 29 giugno (Stage Elvezia, ore 23:00)

Sebbene si tenda ad associare un festival dalla lunga tradizione (siamo giunti alla 41esima edizione) come quello asconese a ritmi e sound provenienti dal continente americano, l’appuntamento è anche occasione di scoperta di talenti locali, nati e cresciuti alle nostre latitudini, ma con un occhio sempre attento alla tradizione con la «t» maiuscola.

È anche il caso di una formazione curiosa e insolita, composta da dodici elementi (tre trombettisti, un sassofono contralto, un sassofono tenore, tre tromboni/corno tenore, un elicone, una percussione, un rullante, una grancassa) che quest’anno si esibirà per la prima volta a JazzAscona. Alle spalle 15 anni di esperienza, collaborazioni prestigiose con artisti della scena elvetica come Stephan Eicher e un innegabile (auto)ironia, che se da una parte la rende immediatamente riconoscibile, al contempo non permette di ascriverla a un unico genere.

I Traktorkestar, per ammissione del loro stesso fondatore, il trombettista Balthasar Streit, sono in qualche modo nati grazie alla sua passione sfrenata per il brass balcanico. Era infatti il 2005, e nell’aria si respirava ancora l’energia a tratti sovversiva di Goran Bregovic, che a sua volta, per anni, aveva esaltato in musica le gesta tragicomiche degli amabili personaggi del regista Emir Kusturica. Da allora sono passati più di quindici anni, e dalla versione balcan brass di un classico della tradizione elvetica di lingua tedesca come Vreneli ab em Guggisbärg, si è approdati nel 2024, dopo cinque album, a Möwe auf Tuba, Schwimmend (Gabbiano su una tuba, mentre nuota, NdR) dove prevalgono sonorità più elettroniche, per quanto contrappuntate come da tradizione dai fiati, e qua e là si strizza l’occhio all’hip hop, al funk, al reggae, ma anche a band celebri come Züri West, avvalendosi di testi che denotano una ricerca interiore accresciuta e un consolidamento di quanto dimostrato fino ad allora.

Balthasar Streit, ci racconta le origini del vostro progetto musicale?
A diciotto anni, nel 2005, andai in Serbia per assistere al GučaTrumpet Festival, grande festival di balcan brass, a tre ore da Belgrado. Rimasi impressionato dall’energia della musica, e così, quando poi cominciai a studiare alla Swiss Jazz School di Berna, invitai alcuni colleghi musicisti a fare qualcosa insieme. All’inizio ci limitavamo a trascrivere dei brani, poi piano piano abbiamo cominciato a sperimentare. Nel 2009, fu il Guča a invitare noi per un’esibizione. Per noi era solo il secondo o il terzo concerto in assoluto! A quel punto il nostro progetto musicale ha quasi cominciato a muoversi in autonomia.

Quali sono le vostre modalità di collaborazione, visto il numero dei componenti di Traktorkestar?
Cerchiamo sempre di uscire un poco dal solco della tradizione, e ci chiediamo ogni volta cosa sia possibile realizzare con una formazione di queste dimensioni. La maggior parte di noi ha studiato a Berna nello stesso momento.

La vostra band è nata sulla scia dell’entusiasmo per il balcan brass. Nella vostra formazione avete anche musicisti con radici balcaniche?
Paradossalmente no, siamo tutti svizzero tedeschi! Nel corso degli anni, però, ci sono state tantissime collaborazioni con artiste e artiste di provenienza balcanica, e ci siamo esibiti in occasione di numerosi matrimoni. Al Festival di Guča non partecipiamo ormai più, da una parte perché negli ultimi anni la manifestazione ha preso una strada più ideologica, molto nazionalistica, dall’altra perché la band si è aperta anche ad altri generi musicali, appunto, sperimentando.

Gestire la creatività e gli aspetti pratici di dodici musicisti non deve essere facile. Come siete organizzati?
Dal momento che non abitiamo più tutti a Berna, è praticamente impossibile incontrarci tutte le settimane. Lo facciamo ogni qual volta abbiamo un progetto nuovo, e in quelle occasioni ci incontriamo a Berna.

Alcuni vostri brani sono accompagnati da video «particolari», penso ad esempio a Ruth, con il suo lungo piano sequenza, all’animazione di Lost Boy & Suicide Girl o all’uomo con la faccia da cavallo in Eine freudige Tanzmusik. Vi è dunque attenzione anche all’aspetto estetico del fare musica?
Abbiamo sempre collaborato con cantanti della tradizione Mundart (canzoni in svizzero tedesco, ndr), soprattutto nella produzione degli album: questo porta sempre delle novità all’interno del nostro gruppo. Lost Boy & Suicide Girl, ad esempio, il cui video è opera di Kleidi Eski, è nato da una collaborazione con Simon Jäggi, membro della band Kummerbuben, e di tutto il nostro repertorio è il brano che la radio ha trasmesso più spesso. Ruth, invece, è nato nel periodo del Covid: avremmo dovuto suonare al Cafe Bar Mokka di Thun, ma il concerto fu annullato. Dal momento che gli spazi erano liberi, pensammo di girarvi il video, che è una sorta di omaggio al mitico Bädu Anliker, scomparso nel 2016 e indimenticato fondatore del Mokka. Il Bar Mokka è come una specie di museo, vi sono ovunque oggetti appartenuti ad Anliker, e questo ci ha ispirati a girare il video.

Cosa porterete in occasione del vostro doppio concerto ticinese?
Siamo felici di venire ad Ascona, poiché abbiamo suonato praticamente in ogni cantone della Svizzera, al di fuori del Ticino, dove ci siamo esibiti solamente una volta per un matrimonio privato. In Ticino porteremo soprattutto i brani del nostro Möwe auf Tuba, Schwimmend.