Wilma Laclava

Suona il telefono. Rispondo.

«Buongiorno Mozzi. Diamoci del tu, va bene?», dice una voce femminile.

«Buongiorno», dico. «Con chi parlo?».

«Sono la Wilma», dice la Wilma.

«Wilma e poi?», dico.

«Laclava», dice Wilma.

«Mi dica, Wilma Laclava», dico, «in che cosa potrei esserle utile?».

«Non ci davamo del tu?», dice Wilma.

«È stata una scelta unilaterale», dico.

«Ti dà fastidio che io ti dia del tu?», dice Wilma.

«No», dico. «Le dà fastidio che io le dia del lei?».

«Per niente», dice Wilma. «Io sono una signora».

«Bene», dico. «Continuiamo così».

«E dunque Mozzi», dice Wilma, «come ti dicevo ti chiamo per via del mio romanzo».

«Non me l’aveva detto», dico.

«Ah no?», dice Wilma.

«Eh no», dico.

«Me lo sarò scordato», dice Wilma.

«Mi dica del suo romanzo», dico.

«Il mio romanzo è bello», dice Wilma.

«Questa è la sua opinione», dico.

«Non si possono più avere delle opinioni?», dice Wilma

«Certo che si possono avere delle opinioni», dico. «Ma io non ne ho nessuna».

«Tu non hai opinioni?», dice Wilma.

«Non sul suo romanzo», dico.

«Ma te l’ho detto: è bello», dice Wilma.

«Ed è, appunto, la sua opinione», dico.

«Mozzi, si gira in tondo», dice Wilma.

«Sono d’accordo», dico. «Mi dica qualcosa di questo romanzo».

«È un romanzo contemporaneo», dice Wilma.

«Sì», dico.

«Racconta una storia d’oggi, che interessa alle donne e agli uomini d’oggi», dice Wilma.

«Sì», dico.

«È scritto con un linguaggio facile e accessibile a chiunque, però profondo e ricco di riflessioni», dice Wilma.

«Sì», dico.

«Tu sai dire solo di sì?», dice Wilma.

«Dico più spesso di no», dico.

«Però mi fa piacere che tu dica di sì», dice Wilma.

«Il no, di solito», dico, «lo tengo per la fine».

«E allora lo pubblichiamo, questo romanzo?», dice Wilma.

«No», dico.

«E come, no?», dice Wilma. «Stai scherzando?».

«Sono serissimo», dico. «In questo momento non ho elementi per valutare se il suo romanzo sia pubblicabile o no».

«Ma ti ho detto –», dice Wilma.

«Che è un romanzo contemporaneo; che racconta una storia d’oggi che interessa alle donne e agli uomini d’oggi; scritto con un linguaggio facile e accessibile a chiunque, però profondo e ricco di riflessioni», dico.

«Ecco», dice Wilma. «E non basta?».

«Questa è la sua opinione», dico. «Non è la mia».

«E qual è la tua?», dice Wilma.

«Non ne ho nessuna», dico.

«Si gira in tondo Mozzi», dice Wilma.

«Sono d’accordo», dico.

«Il mio romanzo», dice Wilma, «racconta le difficoltà di una coppia d’oggi che nel mondo d’oggi stenta ad affrontare le proprie difficoltà».

«Sì», dico.

«Il mondo d’oggi è complesso, variegato», dice Wilma, «e di fronte alle difficoltà le coppie d’oggi sono in difficoltà».

«Sì», dico.

«Ma anche nel mondo d’oggi le difficoltà si possono superare», dice Wilma, «se c’è l’amore».

«Sì», dico.

«Perché l’amore, se c’è davvero», dice Wilma, «anche nel mondo d’oggi pieno di difficoltà permette di superare tutte le difficoltà».

«Anche quelle del mondo d’oggi», dico.

«Sì», dice Wilma. «Vedo che ha capito».

«Sono un bravo ascoltatore», dico.

«E dunque Mozzi», dice Wilma, «lo pubblichiamo o no questo romanzo?».

«No», dico.

«Ancora!», dice Wilma.

«Il suo romanzo si intitola La forza dell’amore», dico.

«Mozzi», dice Wilma. «Io il titolo non te l’ho detto», dice Wilma.

«Lo so», dico.

«Da chi l’hai saputo?», dice Wilma.

«Da nessuno», dico.

«Come, da nessuno?», dice Wilma.

«È stata un’intuizione», dico.

«Mi hai rovinato il colpo di scena», dice Wilma. «Me lo tenevo per ultimo».

«Purtroppo», dico, «noi editori siamo dei guastafeste».

«E comunque, Mozzi», dice Wilma, «il romanzo c’è, il titolo c’è, lo vogliamo pubblicare o no?».

«No», dico.

«Uffa! Cos’altro devo fare, per convincerti?», dice Wilma.

«Devo leggerlo», dico.

«Come sarebbe?», dice Wilma.

«Finché non lo leggo», dico, «non posso farmene un’opinione».

«Suvvia Mozzi», dice Wilma, «da quando in qua gli editori leggono i libri che pubblicano? Nel mondo di oggi –».

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