I ricordi dell’avvenire di Elena Garro, riedito da Sur e tradotto da Francesca Lazzarato, è uno dei pochi romanzi sopravvissuti della scrittrice messicana. Come scrive l’autrice conterranea Guadalupe Nettel nella prefazione, infatti, Garro condivide con altri grandi un destino travagliato: alcuni suoi manoscritti sono andati perduti e altri sono stati distrutti da lei stessa, in preda all’insicurezza. A contribuire alla convinzione di essere pazza o di non essere abbastanza brava c’era suo marito, il poeta messicano premio Nobel Octavio Paz, che ha cercato per anni di dissuadere la moglie dal dedicarsi alla letteratura. I ricordi dell’avvenire, però, quando venne pubblicato nel 1952, suscitò l’entusiasmo della critica e si aggiudicò prestigiosi premi. Oggi, viene considerato il testo che ha ispirato García Marquez per la scrittura di Cent’anni di solitudine.
Il debito che Marquez ha nei confronti di Garro è riconoscibile, per esempio, nell’importanza del luogo in cui si svolgono le vicende narrate: chiunque abbia letto la storia di Aureliano Buendía e dei suoi discendenti si ricorderà, infatti, di Macondo, la cittadina protagonista del romanzo di Marquez. Nel libro di Garro, il paese in cui avvengono i fatti, è addirittura la voce narrante della storia: Ixpetec.
Il romanzo è ambientato in Messico, in un tempo non definito, a cavallo tra l’ennesima rivoluzione e l’ennesima dittatura. All’epoca dei fatti è il generale Francisco Rosas a comandare, o meglio, la sua amante Giulia. L’uomo è infatti perdutamente innamorato di questa ragazza dalla bellezza ammaliante, che però non ricambia il sentimento, subisce più che altro il potere e la violenza di lui. Il generale è consapevole del distacco di Giulia, per questo si ubriaca tutte le sere e riversa sugli abitanti di Ixpetec la rabbia di non riuscire a conquistare il cuore della donna che lo ha stregato.
A osservare le ripetute esecuzioni causate dalle intemperanze di Giulia, oltre al paese di Ixpetec, ci sono i suoi abitanti: la famiglia Moncada, le ragazze dell’hotel Jardín, Doña Matilde e Joaquín, Doña Elvira e sua figlia, il Presidente, Luchi e le altre prostitute del bordello… In particolare, fra tutti loro spicca la figura di Isabel Moncada, che incontriamo bambina all’inizio della storia, intenta a giocare coi fratelli Nicolás e Juan e che poi, quando i due vengono mandati a lavorare nelle miniere, perché la famiglia ha bisogno di denaro, resta sola in casa ad aspettare un marito. La ribellione di Isabel a questa traiettoria di vita è l’innesco della conclusione del romanzo, anche se a dirla così si semplificano parecchio le cose.
Elena Garro viene considerata la madre di un genere letterario, il realismo magico sudamericano che, come sappiamo, prevede la presenza di elementi irrazionali e inspiegabili nel racconto della realtà. Nel caso di questo romanzo la magia, o meglio l’incantesimo, si manifesta più che altro nell’amore o nell’indifferenza delle donne: quando Giulia, rischiando la sua stessa vita, decide di andare via da Ixpetec, seguendo il misterioso personaggio di Hurtado, la scrittrice sospende il piano di realtà e impedisce che i due amanti muoiano uccisi dalla gelosia del generale. La magia o il maleficio riaccadono quando Isabel decide che c’è un solo uomo a cui può concedersi ed è il più malvagio. Si tratta di un elemento particolarmente interessante: riscoprire nel romanzo di una scrittrice che viene considerata vittima del potere maschile, l’idea che ogni malìa ha origine nelle donne.
Ovviamente, la figura di Isabel è stata definita femminista, ma è bene non diventare preda di queste letture anacronistiche: Giulia, Isabel, tutte le ragazze descritte nel romanzo vivono in una condizione di cattività, che è diversa dalla mancanza di libertà che connota la vita degli altri abitanti. In questa condizione sviluppano un rapporto con il tempo e con la morte del tutto eccezionale: Isabel è nel presente e nel passato allo stesso momento e Garro, che si cimenta nella prova durissima di raccontare tale compresenza quantica, in questo è davvero visionaria: «Una generazione succede all’altra e ognuna ripete le azioni della precedente. Solo un istante prima di morire scoprono che è possibile sognare e disegnare il mondo a modo proprio».