Snoezelen, una filosofia di accompagnamento

È una parola strana, quasi onomatopeica, «Snoezelen», che nasce dalla contrazione di due verbi olandesi, snuffelen (esplorare) e doezelen (sonnecchiare, rilassarsi), e dietro alla quale si cela un mondo fatto di luci soffuse, suoni armoniosi, profumi delicati e, soprattutto, una moltitudine di materiali da esplorare: uno spazio multisensoriale, arricchito di volta in volta da stimoli diversi e pensato per infondere benessere.

Nell’ambiente controllato

L’approccio designato da questo curioso neologismo si deve al lavoro svolto nell’Olanda degli anni 70 da due psicologi, Ad Verheul e Jan Hulsegge, basandosi su mezzi di stimolazione sensoriale già allora considerati come vettori di miglioramento per la condizione di persone affette da malattie mentali nonché di comunicazione per entrare in contatto con loro. Lo Snoezelen è infatti prima di tutto un «approccio alla persona», che prevede la costruzione di una relazione sensibile tra l’«accompagnato» e l’«accompagnatore» in un ambiente controllato in cui vengono offerti vari tipi di stimoli con l’intento di promuovere – come detto – lo star bene e la realizzazione del proprio essere. Negli anni, questo affascinante approccio si è sviluppato e diffuso nel mondo, rivelandosi un efficace strumento in molteplici condizioni umane.

«La cosa che di questo approccio mi ha colpito maggiormente, è l’“effetto wow” che si ha quando si aprono le porte di una sala Snoezelen», afferma Francesca Ferrari, operatrice Snoezelen attiva a Lugano, «che è poi uno degli effetti che vorremmo ottenere ogni volta che allestiamo la stanza per una seduta». Lo Snoezelen si può infatti definire anche una «filosofia di accompagnamento», proprio perché si tratta di un’attività studiata su misura per un determinato paziente. «È un accompagnamento verso il rilassamento, la gioia, il benessere, in un ambiente accogliente lontano dallo stress quotidiano. È immaginazione e gioco, apprendimento, scoperta e divertimento. È stimolare, ritrovare il proprio corpo e conoscersi attraverso i propri sensi in un luogo in cui stare con sé stessi o solidificare le relazioni affettive», continua Francesca Ferrari, la quale ci spiega poi come non sia possibile fare dei paragoni, proprio per il fatto che lo Snoezelen non può essere definito né un metodo, né una tecnica né tantomeno una terapia, ma piuttosto una «filosofia relazionale», un approccio – come detto – alla persona, che si può sì tentare di descrivere a parole ed immagini ma che meglio sarebbe vivere, trattandosi di un’esperienza personale e soggettiva.

Se torniamo ai due termini che sono alla base di questo neologismo, e cioè «esplorare» e «rilassare», essi ci rimandano a loro volta ad un concetto cardine dell’approccio in questione, e cioè quello di entrare in relazione con l’altro attraverso un bilanciamento perfetto di momenti di stimolazione e di rilassamento. «Tendenzialmente mettiamo l’attivazione ad inizio seduta, per mezzo di un’attività primaria orientata alla percezione sensoriale di luci, rumori, cose da toccare e annusare, per poi avvicinarci pian piano ad una fase di rilassamento, più o meno profondo», racconta l’operatrice Snoezelen, che è anche insegnante di massaggio infantile. Vivendo l’esperienza di uno spazio Snoezelen si può arrivare ad un livello emozionale profondo, quello dei ricordi e delle sensazioni, e questo perché l’ambiente creato (i materiali ma anche la relazione) permette un’apertura sensoriale che favorisce l’interiorizzazione.​

Come visto in precedenza, le sedute si svolgono all’interno di uno spazio appositamente organizzato. «Prima della seduta bisogna decidere quello che si farà, cosa si utilizzerà, cosa si terrà acceso e cosa spento, i materiali di cui si avrà bisogno», racconta l’operatrice Snoezelen, «una preparazione che può richiedere molto tempo. Io, per fortuna, ho dalla mia il vantaggio di essere molto creativa: apro l’armadio dove tengo i materiali, o guardo quelli che conservo in cantina, mi lascio ispirare, e subito mi viene in mente un fil rouge lungo il quale costituire l’attività». Oltre alla stanza in sé e per sé, che ha già un grande impatto, dato che ogni elemento in essa contenuto ha la funzione di stimolare uno dei cinque sensi, inducendo ad esplorare ed interagire con ciò che è presente, nell’organizzazione delle singole sedute rientrano dei piccoli materiali e delle micro attività che vengono scelti dall’operatore: «Può trattarsi di materiale iridescente, riflettente, di palline, spugne, pannelli in varie texture, eccetera», continua Francesca Ferrari, «oltre a ciò, possiamo proiettare delle immagini o dei video e pure servirci di un proiettore particolare, il quale crea sulla parete un enorme cerchio all’interno del quale i liquidi colorati dalla consistenza oleosa che esso contiene si muovono in modo lento e molto suggestivo.

Il sottofondo musicale

Per quel che riguarda il sottofondo musicale, utilizziamo esclusivamente le composizioni di Martin Buntrock, un autore che crea brani appositamente per lo Snoezelen». Infine, la diffusione di aromi ed essenze, ma pure la presenza di frutta e fiori freschi, sono altri semplici elementi su cui si punta per creare un’atmosfera piacevole e rassicurante, che permetta alla persona di lasciarsi andare e di sperimentare un’altra realtà, sempre nel rispetto del suo ritmo e dei suoi tempi. Detto ciò, ogni seduta resta costantemente modulabile: «Questo vuol dire che posso apportare delle modifiche a quanto ho organizzato. Se mi rendo conto che alcuni stimoli sono esagerati, che rischiano di diventare fastidiosi, li posso togliere e viceversa, ne posso aggiungere di nuovi, a dipendenza di quello di cui avverto il bisogno», aggiunge Francesca Ferrari, che si è avvicinata allo Snoezelen grazie alle sue figlie, che oggi hanno 11 e 9 anni. «Entrambe hanno frequentato un asilo montessoriano e questo ha accresciuto in me l’interesse per la figura di Maria Montessori e la sua filosofia. Da qui ho sviluppato una passione verso il gioco educativo – che utilizza a scopi, appunto, educativi, giocattoli in legno, costruiti con estrema cura ed attenzione – dopodiché sono venuta a conoscenza dei giochi sensoriali e lì mi si è aperto un mondo; quello che non acquistavo più perché di plastica, ho scoperto che, se messo, per esempio, su una tavola luminosa, acquisisce una vita ed un senso propri. Mi sono quindi informata su questo mondo e ho deciso di seguire i corsi per diventare operatrice Snoezelen, che si tengono anche nel nostro Cantone», racconta.

Attualmente, nella sua attività lavora con un’utenza molto varia, che va dai bambini agli anziani. «Lo Snoezelen è infatti un’attività inclusiva che si adatta ad ogni età e condizione e che può, fondamentalmente, essere utilizzato da tutti», commenta. Principalmente, ne possono trarre benefici bambini con disabilità, autismo e deficit di apprendimento, soggetti con forte stress per esempio lavorativo o post traumatico, individui con dolore cronico o acuto e pazienti con malattie neurodegenerative. «Recentemente ho lavorato all’OTAF e posso dire che la totalità dei resistenti della struttura può tendenzialmente trarre benefici dallo Snoezelen», afferma Francesca Ferrari, che lavora anche con gruppi di donne in gravidanza, di mamme con bebè, di bambini in tenera età. «Offro inoltre sedute private adatte ad ogni età ed esigenza e mi capita di accogliere adulti in un’ottica di prevenzione del burnout», aggiunge.

Insomma, si tratta di un approccio dagli utilizzi davvero molteplici, che ben si prestano alla società in cui viviamo. «Visto lo stress che caratterizza le nostre giornate, lo Snoezelen è sicuramente utile nel momento in cui si vuole ricreare uno spazio per sé stessi, anche perché all’interno delle attività possono essere inseriti dei piccoli massaggi, dei viaggi guidati, finalizzati sempre al rilassamento», commenta l’operatrice.

Un tema specifico

In generale, per gli adulti e i bambini dai circa sette anni in su, le sedute possono essere organizzate attorno ad un tema specifico. «Nel caso invece di un bambino più piccolo, vengono fatte più che altro delle sedute esplorative. Vengono cioè messi nella stanza una serie di stimoli, secondo quelle che sono le sue esigenze, i suoi interessi, e il bambino è libero di esplorarli insieme alla mamma», continua Francesca Ferrari. «A tal riguardo, ci tengo a precisare che venire a fare una seduta con il proprio bambino non è come portarlo in ludoteca o al parco giochi. Si tratta di un contesto in cui la relazione con la mamma (o comunque con la persona adulta presente in quel momento) è determinante. Io – che sono l’altro adulto presente – sono lì con la funzione di accompagnatore, per dare cioè degli spunti, per far vedere delle cose a cui loro magari non pensano, ma l’attività deve avvenire tra la figura di riferimento e il bambino». Più in generale, infatti, è importante non ridurre lo Snoezelen ad un luogo contenente materiali vari ed affascinanti destinati a stimolare i sensi; esso è molto di più, è sì – sintetizzando quanto fin qui visto – uno spazio che mira a far raggiungere rilassamento e benessere attraverso la sensorialità, ma pure un mezzo di stimolazione capace di mettere in atto dei processi di apprendimento ed educazione e, infine, uno strumento relazionale, l’incontro di due esseri umani nel «qui e ora».

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