Non era impossibile prevedere che l’alleanza tra Donald Trump e Elon Musk sarebbe stata provvisoria. Troppo forti le loro personalità, troppo divergenti i loro interessi. Trump nega il cambio climatico ed elogia il carbone e la benzina; Musk produce auto elettriche. E poi il presidente degli Stati Uniti lo può fare solo uno per volta. I due ufficialmente hanno rotto sulla gestione del bilancio: Musk voleva tagli più drastici alla spesa sociale; Trump l’ha bloccato, per non perdere i voti delle classi popolari ed evitare una rivolta. Trump ha conquistato gli Stati ex operai grazie appunto al voto delle classi popolari, in particolare dei bianchi poveri, con i quali sente una particolare sintonia. Un giorno, in viaggio sull’aereo privato con un miliardario e una modella, Trump propose di scendere ad Atlantic City per visitare uno dei suoi casinò. L’amico rispose che ad Atlantic City non c’era niente da vedere: solo «white trash», spazzatura bianca. «Cosa vuol dire white trash?» chiese la modella. «Sono quelli come me – rispose Trump – solo che loro sono poveri».
Ora Musk annuncia di voler fondare un partito che ha l’unico obiettivo di portare via voti ai repubblicani di Trump e fargli perdere il controllo del Congresso. Vedremo come andrà a finire. Nulla dopo Trump sarà più come prima. Tuttavia, è un uomo anziano. Tra poco più di un anno dovrà affrontare le elezioni di mid term, in cui – Musk o non Musk – rischia davvero di perdere la maggioranza al Congresso, senza la quale il presidente è un’anatra zoppa. E Trump non potrà ricandidarsi. Musk non può diventare presidente, perché non è nato negli Stati Uniti. Ma è molto più giovane e ricco di Trump. Sotto certi aspetti, è più potente e pericoloso. Perché è dentro la grande rivoluzione del nostro tempo: quella digitale. Che incrocia la corsa allo spazio e l’intelligenza artificiale. Questa rivoluzione ha creato immense ricchezze che però finiscono in poche mani, e spesso sono messe al sicuro nei paradisi fiscali. Per la gran parte della società, il progresso implica maggiore fatica, ansia, un peggioramento di qualità della vita. Come ai tempi della rivoluzione industriale. Se allora gli operai distruggevano le macchine, in cui vedevano la loro condanna, stavolta sarà il ceto medio a vedere distrutti i propri lavori: banche, assicurazioni, studi professionali. Impiegati, medici, avvocati, architetti, giornalisti saranno sempre più sostituiti dall’IA. Resteranno i lavori di cura, i servizi alle persone, che i nostri figli e nipoti rifiutano di fare, lasciandoli ai migranti; il cui arrivo, tanto più quando è gestito dai moderni mercanti di esseri umani, procura gravi disagi sociali, una guerra tra poveri per la casa, il posto all’a[1]silo nido, il letto in ospedale, i salari, i diritti. L’intelligenza artificiale non si limita a sostituire l’uomo. Rischia di cancellarlo. Il combinato disposto tra l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, le clonazioni renderà in teoria possibile l’avvento di creature post-umane, cyborg dal corpo meccanico che avranno come cervello il computer e come me[1]moria la rete: sapranno molte più cose di noi, saranno molto più intelligenti di noi; e non si vede perché dovrebbero obbedirci, anziché darci ordini. A quel punto il potere politico starà dalla parte degli umani, anziché da quella dei post-umani, che costano di meno, non pretendono salari o diritti, non si ammalano, e rendono molto di più?
La spaventosa concentrazione in poche mani di potere economico, potere politico, potere di controllo dei dati crea immensi pericoli e immense velleità. Elon Musk non fa mistero di puntare all’immortalità: se i nostri corpi umani deperiscono e muoiono, la nostra coscienza, la nostra memoria, la nostra identità, inserita come un chip su nuovi apparati biotecnologici, in teoria potrebbero farci vivere per sempre. Non noi, certo; i tecnocrati e i loro cari. Magari su Marte. Fantascienza? Cosa avrebbero pensato i nostri bisnonni, se qualcuno avesse detto che i loro pronipoti si sarebbero parlati a distanza, avrebbero volato nello spazio, avrebbero costruito bombe in grado di distruggere il pianeta, e un giorno avrebbero minacciato seriamente di usarle? Di fronte a queste sfide epocali, la democrazia vacilla. L’elettorato reagisce spesso rifiutando i partiti tradizionali e appoggiando i populisti antisistema, di sinistra e più spesso di destra. Uno di loro è diventato presidente degli Stati Uniti. Ma un altro nordamericano è diventato Papa. Il primo della storia. Sarà Leone XIV, con la sua salvezza, a indicarci la retta via? Non resta che sperarlo. Dall’America in fondo sono sempre arrivate molte cose buone.