Quando la pallacanestro ci lascia a bocca aperta

by Claudia

Che il basketball svizzero sia finanziariamente piuttosto povero, è un dato di fatto. Chiedete ai presidenti della Spinelli Massagno e dei Lugano Tigers quanto sia difficile far quadrare il bilancio. Oppure a quello del Riva Basket, costretto prudenzialmente ad auto retrocedersi dalla A alla B. Tuttavia, secondo un’antica teoria di Poirot di Agatha Christie, tre indizi equivalgono a una prova. Ebbene, a cavallo tra giugno e luglio, la pallacanestro svizzera, di indizi ne ha prodotti quattro. A testimonianza di uno stato di salute tutt’altro che disprezzabile.

Il primo, in ordine cronologico, riguarda Yanic Konan Niederhäuser. Con quel nome da guerriero non poteva che essere una montagna di muscoli di 211 centimetri per 110 chili. Dalla prossima stagione, vestirà la maglia dei Los Angeles Clippers. È il quarto rossocrociato che raggiunge l’Olimpo della pallacanestro mondiale. Dopo Thabo Sefolosha (2006), Clint Capela (2014) e Kyshawn George (2024). Un poker che, se messo in relazione alle cifre scarse del nostro movimento, suona come un’enormità. Fatte le debite proporzioni, è come se dal nostro campionato di hockey su ghiaccio, ogni anno, una decina di giovani talenti facesse le valigie per varcare l’oceano, direzione National Hockey League.

Il secondo indizio, a mio modo di vedere, è ancora più colossale. A Ulan Bator, in Mongolia, ai Mondiali di basket 3 x 3, nonostante qualche assenza di spicco, la Nazionale svizzera ha conquistato la medaglia d’argento. I fratelli Natan e Thomas Jurkovitz, con Jonathan Dubas e Jonathan Kazadi, hanno vinto il girone, hanno superato la Lettonia ai quarti, strapazzato la favoritissima Serbia in semifinale, prima di soccombere per 21 a 17 contro la Spagna nell’atto conclusivo.

Qualcuno obietterà che si tratta di basket a 3, quindi di una sorta di surrogato. Da un lato è vero che la nostra federazione, forse in ossequio alla legge dei numeri, ha preferito investire in questa nuova disciplina in cui è forse più facile ritagliarsi una fetta di gloria. Tuttavia, a conferma della crescita globale, ecco il terzo indizio : il luminoso percorso della selezione rossocrociata U19 ai Mondiali di categoria svoltisi alla Vaudoise Arena di Losanna-Prilly. Superata la fase a gironi, nei quarti di finale, i giovani elvetici hanno estromesso la Francia, una delle potenze del pianeta basket, prima di essere eliminati ai quarti dalla fortissima Nuova Zelanda. Contro i transalpini è stato fondamentale il contributo del ticinese Oliver Sassella, figlio d’arte, autore di 25 punti. Il cecchino elvetico, cresciuto nell’Arbedo, passato prima a Friburgo, poi a Gordola, ha completato la sua maturazione nel Centro Nazionale Svizzero di Basket (CNSB), prima di tornare in Ticino, sponda Tigers. Un motivo di fierezza in più, sia per la struttura nazionale, sia per il club che lo ha ingaggiato.

Se tutto ciò non bastasse, per dipingere a colori questa disciplina sportiva che in passato ha fatto vibrare migliaia di cuori ticinesi, ecco il quarto indizio : la 17a edizione del Campionato Mondiale Maxibasketball, che si è tenuta a Bellinzona e dintorni, dal 27 giugno al 6 luglio. Le cifre dicono che, numericamente, si è trattato del più grande evento cestistico della storia : 350 squadre, oltre 6mila giocatori e giocatrici in rappresentanza di più di 40 Paesi. Uomini e donne over 35, star della pallacanestro del passato, ma anche protagonisti la cui immagine è transitata in filigrana nella storia di questo sport. Senza lasciare una traccia su scala mondiale, ma senza dubbio capace di accendere luci e passioni sui vari parquet sui quali hanno avuto il privilegio di giocare.

E a proposito di parquet, quello che ha ospitato la manifestazione bellinzonese è lo stesso calcato la scorsa estate a Parigi da tutte le «étoiles» che hanno dato vita al Torneo Olimpico, Dream Team USA compreso. È un indizio che volge lo sguardo prevalentemente al passato. Non lo nego. Ma è intriso di amore e di energia. Di risorse emotive importanti di cui la pallacanestro elvetica ha bisogno per portare in futuro, un quinto, un sesto… suo giocatore in NBA. Un dato con il quale, sia chiaro, non si cambierebbero le sorti del pianeta, ne sono convinto. Tuttavia, un movimento sportivo in crescita, ne sono altrettanto convinto, è uno dei molteplici segnali di benessere di una nazione.