Sarebbe lungo da spiegare come sono finito a vendere pesce in scatola sulle coste spagnole. La faccio breve: ho comprato una barca, che si chiama El Dorado, e sono uscito alla ricerca di sardine, cozze e capesante. Naturalmente non mi limitavo alla pesca, ma curavo ogni parte della filiera di produzione: dall’inscatolamento del pesce fino alla vendita al dettaglio e alla pubblicità.
Con il tempo ho provato ad allargare il giro d’affari. Mi sono iscritto alla Cofradía de pescadores, la corporazione locale, e ho comprato una seconda barca, il Camarón de la Isla. Tutto ciò comportava delle spese, quindi mi sono inventato una nuova ricetta per poter alzare il prezzo del pesce in scatola. Avevo già messo gli occhi su un terzo peschereccio: ero indeciso fra la Carpa Diem, che costava poco ma richiedeva una certa manutenzione, e il ¿Te parece bonito?, un mezzo meno capiente ma più sicuro. Per gestire il lavoro dei pescatori e quello degli inscatolatori, senza parlare dei venditori, dovevo tenere alta la produzione. È stato questo a fregarmi. A un certo punto le barche hanno cominciato a tornare con un carico sempre più ridotto. Che cosa stava succedendo? Un vecchio giù al porto mi ha aperto gli occhi. «¡Tu eres un tonto!» mi ha detto. «Hai pescato troppo». Mi ero dimenticato che bisogna curare la fauna ittica e dare ai pesci il tempo di riprodursi. Altrimenti la riserva si esaurisce.
Come avrete capito, ho perso la mia prima partita di Conservas (Salt & Pepper Games, 2024, nella foto). E anche la mia seconda… ma riproverò! Conservas, creato da Scott Almes e magnificamente illustrato da Jorge Tabanera Redondo, è pensato per un solo giocatore. La sfida prevede un ciclo di dodici partite da una ventina di minuti, che seguono i mesi dell’anno. Con il passare del tempo cambiano le esigenze: all’inizio c’è una varietà di specie limitata, in primavera bisogna rinnovare i magazzini, durante l’alta stagione occorre diversificare l’offerta, sempre cercando di mantenere una relazione equilibrata con l’ecosistema marino.
Il sistema di Conservas è basato sul cosiddetto bag building: per simulare la pesca il giocatore estrae alcune tessere da un sacchetto, secondo vari criteri, poi valuta che cosa farne e come investire i guadagni. Al di là della meccanica, il bello sta nella simulazione delle stagioni che passano mentre cambia la luce sul mare. Si ha l’impressione di avere davvero lasciato tutto per un colpo di testa ritrovandosi alla guida di una piccola, scalcagnata azienda alimentare.
Dopo avere portato la mia ditta al fallimento, non mi restava che prendere il mare. Avevo bisogno di riflettere e si sa che «acqua e meditazione sono sposate per sempre», come dice il saggio Ishmael in Moby Dick. Del resto, «quasi ogni ragazzo sano e robusto, che abbia dentro in sé uno spirito sano e robusto prima o poi ammattisce dalla voglia di mettersi in mare» (Herman Melville, Moby Dick, 1851, Adelphi, 1994). Benché non sia più un «ragazzo sano e robusto», ho deciso di prendere il largo e, per essere fedele alla tradizione dei buoni romanzi d’avventura, ho fatto naufragio al largo di un’isola deserta.
Visto che abbiamo parlato di un gioco pensato per una sola persona, come non citare un classico del genere? Freitag (2F-Spiele, 2011) è un piccolo gioiello di Friedemann Friese (in italiano: Venerdì, Uplay, 2013), per partite di un quarto d’ora. In maniera simile a Conservas, la sfida consiste nell’amministrare le proprie risorse senza fare il passo più lungo della gamba. Cambia però lo scenario: in questo caso il giocatore indossa i panni di Robinson Crusoe che deve ingegnarsi per sopravvivere. Come accade nel romanzo di Daniel Defoe, si tratta di una solitudine temporanea: presto arriveranno cannibali e pirati a movimentare la vita del naufrago. La meccanica è quella del deck building: si parte con un piccolo mazzo di carte al quale si aggiungono altre carte utili oppure pericolose; bisogna perciò valutare quali rischi correre e creare un mazzo efficiente, prima di affrontare la lotta contro i filibustieri.
Nello spazio di un pomeriggio ho comprato un peschereccio e creato un’azienda, mi sono imbarcato su un veliero e sono sopravvissuto su un’isola deserta (sì, sono riuscito a vincere almeno una partita a Venerdì). Alla fine mi sembra di avere imparato qualcosa non solo come giocatore, ma anche come scrittore. Quando raccontiamo un storia, infatti, può capitare che perdiamo la rotta. L’importante è resistere, senza cadere nella tentazione di sfruttare troppo la fauna ittica delle nostre idee. E soprattutto, quando occorre, non esitiamo a prendere il largo: dietro ogni naufragio ci sono nuove terre e nuove isole da scoprire.