Come ogni anno, l’arrivo dell’estate inaugura anche la stagione dei cosiddetti Festival Open Air: eventi musicali di grandissimo richiamo che, nati direttamente dall’alone di leggenda sviluppatosi attorno agli storici raduni live di Woodstock e dell’isola di Wight, rappresentano oggi appuntamenti imperdibili per la maggior parte dei giovani di qualsiasi nazione, Svizzera inclusa. Infatti, nonostante le dimensioni apparentemente ridotte del territorio elvetico, il nostro Paese può vantare un’offerta di tutto rispetto nell’ambito dei festival estivi – come dimostrato dal celebre Openair Frauenfeld, in programma ogni luglio nella città del Canton Turgovia.
Così, nonostante le difficoltà organizzative (e le polemiche legate all’impatto ecologico e ai problemi di viabilità) che ogni evento di tale portata da sempre implica, i molti effetti positivi che un festival di alto livello può avere sull’economia locale restano una spinta più che valida alla creazione di simili occasioni di aggregazione. Ma cosa succede quando l’allettante opportunità di un facile guadagno si combina con una certa ingenuità da parte del pubblico pagante, dando vita a truffe di proporzioni epiche?
È quanto avvenuto alcune settimane fa con il misterioso Elysia Festival, presentato sul web come un imperdibile evento live della durata di cinque giorni, da svolgersi in agosto al Letzigrund di Zurigo con la partecipazione di ospiti del calibro di The Weeknd e Bruno Mars (e la sponsorizzazione, tra gli altri, di marchi come Coca-Cola e Red Bull). Peccato che l’ormai svanito sito web dedicato all’Open Air apparisse quantomeno sospetto (si veda l’uso piuttosto maldestro della lingua svizzero-tedesca), e che nessuno, a partire dai vertici dell’amministrazione zurighese in giù, avesse mai sentito parlare dell’evento in questione.
Un episodio che, secondo molti commentatori, ricorda quello del famigerato Fyre Festival, programmato per l’aprile 2017 nell’isola di Great Exuma, nelle Bahamas, e che, proprio come Elysia, avrebbe dovuto vedere avvicendarsi sul palco ospiti di caratura internazionale – per poi rivelarsi uno specchietto per le allodole, visto che, una volta giunti sul posto, gli spettatori non avrebbero trovato altro che un caotico camping a buon mercato, senza nemmeno l’ombra di una star musicale.
Fortunatamente, nel caso dell’Elysia Festival, la scoperta della truffa è avvenuta ben prima dell’arrivo sul posto degli ospiti paganti – anche se si può dire che il danno fosse ormai fatto: chiunque abbia acquistato biglietti per l’Open Air non avrà infatti molte possibilità di rivedere il denaro investito, se non tramite richieste di rimborso presso le società emittenti delle proprie carte di credito. In effetti, questo caso sembra riaprire vecchie ferite, su tutte quella relativa alla terza edizione dell’ambizioso Vibiscum festival di Vevey, che, proprio l’anno scorso, venne annullato all’ultimo momento senza che le migliaia di ignari compratori venissero mai rimborsate.
Del resto, appare chiaro come, in un certo senso, tali problematiche rispecchino la struttura della nostra società odierna, in cui il passaggio della maggior parte delle attività di compravendita dal negozio alle eteree piattaforme del web ha reso fin troppo semplice la promozione di beni o servizi che, in realtà, neppure esistono. E se le denunce di truffe online sono ormai all’ordine del giorno – quasi a ricordarci come il nostro mondo «virtuale», basato su acquisti immediati e pagamenti digitali, presenti più di qualche rischio per chi non è avvezzo alle insidie dell’e-commerce – l’avvento dell’IA, ormai alla portata di tutti, ha ulteriormente peggiorato la situazione (come dimostrato dalle immagini palesemente «costruite ad arte» presenti sul sito dell’Elysia Festival).
In altre parole, in un’epoca in cui la tecnologia può ammantare di falsa legittimità qualsiasi impresa fraudolenta, forse l’unico gesto di ribellione possibile è rappresentato da una sana diffidenza nei confronti di qualsiasi cosa non sia immediatamente verificabile secondo i nostri canoni di un tempo: così da non dimenticare come, oggi più che mai, sia necessario impedire che l’apparenza continui a vincere sulla sostanza.