La noia è sana e stimola la creatività

Ha dato il nome alla canzone vincitrice del penultimo Festival di Sanremo, un sentimento che generalmente tendiamo a rifuggire, ma che la sua interprete – Angelina Mango – accoglie invece come un trampolino di lancio verso qualcosa di nuovo, come un’occasione di rinascita. Stiamo parlando della noia, la cui usuale concezione viene quindi ribaltata dal testo, riguardo al quale la cantante ha affermato in un’intervista a Radio Deejay: «Non si deve aver paura della noia: va accolta, è importante, così come tutti i sentimenti che ci portano giù, in fondo. C’è una risalita, sempre. La noia non va combattuta: è tempo prezioso da dedicare a noi stessi».

Di un’idea simile sembrano essere pure alcuni ricercatori, i quali con i loro lavori hanno messo in luce come la noia sia una condizione necessaria alla salute mentale nonché – seppur in apparenza possa sembrare un paradosso – un ingrediente irrinunciabile per il corretto funzionamento dei processi creativi.

Michelle Kennedy e Daniel Hermens, ricercatori nel campo della salute mentale alla University of the Sunshine Coast, in Australia, hanno a tal proposito spiegato su «The Conversation» come la sovrastimolazione tipica della nostra epoca possa essere molto costosa a livello cerebrale: «Quando siamo stressati a causa dell’acquisizione continua di informazioni o del fatto di dover passare da un’attività all’altra, il sistema nervoso simpatico può esserne sopraffatto e farci provare uno stato di sovreccitazione che può aumentare il rischio di ansia. In questo senso, lo stato di noia può considerarsi una sorta di “reset” per tale sistema nervoso». E non è tutto: concedere alla nostra mente una «sana dose» di noia sembra avere come effetto un aumento della creatività, dell’indipendenza di pensiero, della ricerca di interessi altri rispetto agli stimoli esterni più immediati.

A tal riguardo, la dottoressa Sandi Mann della britannica University of Central Lancashire ha condotto una serie di esperimenti volti proprio a studiare l’effetto di noia e distrazioni sul lavoro creativo. In uno di questi esperimenti, Mann chiedeva a un gruppo di studenti di svolgere un compito ripetitivo e poco stimolante come copiare numeri di telefono da una rubrica. In una seconda fase, a questo gruppo e a un secondo, che aveva passato il tempo svagandosi e facendo quello che voleva, veniva chiesto di trovare il maggior numero di utilizzi possibili per due tazze di plastica. Il risultato? Il gruppo che aveva riscritto i numeri della rubrica si rivelava sempre il più inventivo.

Ricerche come queste ci fanno capire come sia importante concederci delle soste che ci aiutino poi a valorizzare ed eseguire al meglio i compiti che necessitiamo di svolgere. La noia, quindi, è un buon carburante per generare creatività, seppur comunemente la viviamo come uno spiacevole mix di senso di vuoto, demotivazione e malinconia, di cui facciamo esperienza quando ci sembra che attorno a noi non ci sia niente di interessante da fare, oppure – come visto – quando siamo costretti a svolgere un compito monotono, il che ci porta a sentirci anche inutili. Oltre a ciò, la noia altera il nostro senso del tempo, facendo percepire come ore quelle che in realtà sono minuti. Per tutti questi motivi cerchiamo di evitarla e in questo, oggi, sono due gli elementi che ci vengono in aiuto, e cioè lo stile di vita e la tecnologia.

Nel tempo siamo, infatti, passati a considerare i momenti vuoti come non efficaci, e quindi da riempire a tutti i costi, così che le nostre vite, e quelle dei nostri figli, si trovano a essere strutturate in modo da non prevedere più spazi per la noia; dobbiamo sempre avere qualcosa da fare o da pensare. A ciò si aggiunge il fatto di avere costantemente a portata di mano i dispositivi connessi, ai quali siamo abituati a rivolgerci se abbiamo anche solo pochi minuti di «vuoto», per appagare il bisogno di essere sempre aggiornati o assaporare la gratificazione istantanea che i social sono in grado di darci.

Anche i ragazzi, oggi, sembrano non avere il diritto di annoiarsi: «Scuola, impegni, sport, tutto è organizzato, tutto è definito – afferma Jessica Gennari Weber, psicologa, psicoterapeuta e psiconcologa – credo che dietro alla volontà dei genitori di “tenere i figli occupati” ci sia un’intenzione benevola, ma che forse la vera ragione sia che essi non sono in grado di gestirli, non ne hanno voglia o semplicemente non ci pensano, con il risultato che, volendo evitare che i ragazzi si annoino, si corre il rischio di non rispettarne i reali desideri». Paradossalmente però, i giovani di oggi non si annoiano necessariamente meno di quelli delle generazioni precedenti. Un po’ perché – come detto in precedenza – l’eccesso di stimoli può in realtà rivelarsi controproducente; essere continuamente esposti a informazioni di vario tipo, può infatti rappresentare un sovraccarico che a sua volta può portare ad un blocco, un po’ – di nuovo – a causa di cellulari e pc, che bambini e ragazzi – e non solo – tendono a usare proprio, e anche, in quei pochi momenti in cui non hanno da fare.

Ma siamo davvero sicuri che la tecnologia riesca a non farci sentire la noia? «Il web e i social riempiono gran parte del nostro tempo, togliendo tempo al tempo, limitando e a volte alterando la nostra visione e percezione del mondo, della vita, delle relazioni interpersonali. Che si tratti di bambini, ragazzi o adulti, giochiamo, socializziamo e ci identifichiamo attraverso lo schermo, dove tutto è preconfezionato e sempre a disposizione, senza fare alcuno sforzo, creando inconsapevolmente noia nella noia e subendola passivamente. Tale condizione rende difficile l’iniziativa, coltivare interessi e talvolta mettersi nella semplice condizione di immaginare o sognare», continua la psicoterapeuta.

Una situazione ben diversa – se restiamo focalizzati sui ragazzi – rispetto al passato: «Se pensiamo anche solo alla mia generazione, a una quarantina di anni fa, quando i genitori davano poche regole – “torna per quell’ora”, “non andare troppo lontano”, “stai attento”,… – che venivano però rispettate incondizionatamente, i giochi si creavano, si inventavano situazioni, ruoli, avventure e il tempo scorreva veloce tanto che non c’era spazio per annoiarsi, tranne forse per i pranzi o le cene dove si era costretti a stare in mezzo agli adulti, ma allora bastava vedere qualcuno della propria età per stravolgere la serata e creare dal nulla una nuova avventura», racconta Jessica Gennari. Per fare in modo che i nostri ragazzi – e non solo loro – ritrovino un po’ di questa iniziativa, bisognerebbe forse metterli – e mettersi – nella condizione di potersi annoiare, banalmente tenendo in tasca il proprio smartphone o accettando la possibilità di passare del tempo senza nulla da fare. Questo consentirebbe infatti di rivolgere l’attenzione verso di sé e di potersi così connettere meglio con i propri pensieri, le proprie idee ed emozioni, oltre che di avere la possibilità di riordinare e rielaborare quanto vissuto.

Di fronte a momenti di questo tipo, è importante però lasciare a bambini e ragazzi la possibilità di gestirli in autonomia, per consentire loro di imparare ad affrontare e trasformare una condizione che si può percepire come spiacevole in un fattore positivo, di consapevolezza e creatività. La noia va infatti vista come una spinta a cambiare una situazione non soddisfacente che si sta vivendo, tirando fuori la propria curiosità e inventiva.

«La noia la posso immaginare come una medaglia a due facce, una positiva e l’altra meno: sta a noi avere la “voglia” di girarla più o meno a nostro favore», commenta Jessica Gennari.

Del lato positivo abbiamo appena detto; esso coincide cioè con l’opportunità di esplorazione e crescita, stimolando una condizione di auto-riflessione. Per quel che riguarda invece il lato negativo, la noia può influenzare il nostro modo di comportarci; per esempio facendoci banalmente mangiare più del necessario oppure guidare a una velocità superiore a quella consentita. Inoltre, essa può influire negativamente sulle prestazioni scolastiche e lavorative ed essere collegata a una maggiore propensione a comportamenti a rischio, tra cui il gioco d’azzardo e l’abuso di sostanze. «La noia può portare a una serie di effetti negativi anche a livello psicologico, causando talvolta ansia, insoddisfazione e frustrazione. Oltre a ciò, può rendere le persone inerti o irritabili e accrescerne il senso di costrizione, specie nelle situazioni che non si possono modificare e in cui ci si sente intrappolati – spiega la psicoterapeuta – questo si è visto bene con il Covid, che ha spinto le persone a fare i conti con ciò che non potevano più fare, limitandole in tutto, in un senso, appunto, di costrizione. Tornando all’idea delle due facce della noia, in quei mesi di isolamento personale e sociale le persone hanno però pure sperimentato questa condizione come un’occasione per trovare delle alternative, delle idee per occupare il tempo in modo creativo essenzialmente “facendo cose”. Cose che, peraltro, per i nostri nonni erano attività normali e quotidiane, come preparare il pane in casa, inventare dei giochi, condividere momenti riempiendoli di gioia e divertimento».

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