Prendersi cura degli altri prendendosi cura di sé

«Mi sono chinata per aiutare un paziente ad alzarsi dal letto. Un movimento come tanti, ma quella volta ho sentito una fitta alla schiena. Non ho più lavorato per settimane». È una testimonianza come molte altre, ma ogni volta lascia il segno.
Di fatto, quante volte un infermiere (o un qualsiasi altro operatore sanitario) si piega male per aiutare un paziente a mettersi a sedere? Quante volte un movimento sbagliato può compromettere anni di carriera? Dietro a un gesto quotidiano può nascondersi un rischio spesso sottovalutato.
La movimentazione dei pazienti è un’attività quotidiana fondamentale per chi lavora in ambito sanitario, ma spesso anche una delle più rischiose per gli operatori.

Con l’obiettivo di ridurre al minimo i rischi per chi lavora in prima linea nella cura delle persone, la SUVA (Istituto svizzero per l’assicurazione contro gli infortuni) ha la peculiarità esclusiva di coniugare prevenzione e riabilitazione con l’assicurazione, e in quest’ottica ha elaborato programmi formativi mirati. Per comprendere cosa prevedono queste linee guida, e l’impatto concreto del cambiamento che possono esercitare sulla sicurezza e la salute su lavoro, abbiamo intervistato Elisabetta Cogotzi (direttrice Forum GSA Ticino: «Gestione salute in azienda») e la specialista del team Ergonomia Suva Fabia Dell’Era. A quest’ultima abbiamo chiesto di contestualizzare dapprima l’ambito in cui affonda le radici la campagna SUVA di sensibilizzazione sulla movimentazione dei pazienti: «Partiamo dal presupposto che i disturbi a schiena e spalle rappresentano una reale insidia per il personale dei servizi di cura e assistenza, proprio a causa del sovraccarico biomeccanico dovuto a una movimentazione non adeguata delle persone a mobilità ridotta. Quindi, ad esempio, i disturbi a schiena e spalle sono molto diffusi nei lavori di cura e assistenza infermieristica e possono generare come conseguenza giorni di assenza o, talvolta, l’abbandono del lavoro stesso». Questa campagna nasce dunque: «Con l’obiettivo di preservare collaboratori e collaboratrici del settore da questo rischio, aumentando la qualità dei servizi di cura e assistenza».

Dal canto suo, la direttrice del Forum Gestione Salute in Azienda Ticino (Forum GSA) Elisabetta Cogotzi pone l’accento sul tema che, pur «relativamente nuovo nell’ambito del FGSA», va affrontato con cognizione e deve essere approfondito sotto l’egida della prevenzione e della sensibilizzazione: «Per questi aspetti, il Forum GSA funge da punto di congiunzione per attirare l’attenzione sull’importanza di un’educazione alla movimentazione intelligente nella propria azienda, coadiuvata dall’invito all’impiego sistematico di ausili alla movimentazione stessa, sempre a tutela della salute dei propri collaboratori». Secondo Cogotzi: «Sensibilizzare sull’evitare il sovraccarico biomeccanico è un essenziale strumento di prevenzione, anche perché sovente le possibili conseguenze (disturbi fisici) si manifestano sul lungo periodo: bisogna quindi pensarci oggi per prevenire le problematiche di domani, preservando in tal modo la salute degli operatori».

È questo il messaggio di SUVA supportato dalle parole della direttrice del Forum GSA. L’obiettivo è prevenire le malattie professionali come, ad esempio, mal di schiena, mal di spalle, gomito del tennista, sindrome del tunnel carpale e via dicendo. Quindi, la sensibilizzazione alla movimentazione intelligente, pure con l’uso costante di «ausili minori», vuole porre l’accento sul preservare il meglio possibile la salute dei collaboratori, ribadisce Fabia Dell’Era alla quale chiediamo di spiegare meglio cosa siano questi «ausili alla movimentazione»: «Quando parliamo di ausili, la maggior parte delle persone pensa subito al sollevatore o al verticalizzatore, mentre è a disposizione tutta una serie di ausili minori (come, ad esempio, il telino ad alto scorrimento, la tavola di transfer, il tappetino antiscivolo e l’ausilio con scaletta) che aiutano concretamente sia il collaboratore sia il paziente: al collaboratore permetteranno di preservare la salute, mentre al paziente favoriranno l’uso delle proprie risorse residue». Dunque: «Sensibilizzare sulla movimentazione intelligente significa invitare a un impiego sistematico di ausili, combinato con una modalità di lavoro orientata alla prevenzione e alle risorse: tre elementi che reggono un unico principio».

Si tratta di tre punti salienti che, mette in guardia la nostra interlocutrice, «possono variare e vanno considerati individualmente, secondo la situazione, a cominciare dalla prevenzione»: «È molto importante valutare attentamente la situazione di volta in volta, perché l’ambiente e le circostanze possono variare tanto quanto lo stato del paziente che, ad esempio, al mattino potrebbe avere più forza e risorse per alzarsi dal letto, mentre nel pomeriggio potrebbe avere meno forza nelle gambe, e in serata ancora di meno». Allora, il primo punto consiste nell’analizzare, sentire e vedere com’è la situazione: «Un esempio sulla modalità di lavoro che tiene conto della prevenzione esige che ci si renda conto dapprima dello spazio disponibile, e che sia possibile alzare il letto all’altezza adeguata». A questo proposito, Dell’Era puntualizza: «Purtroppo, il letto rialzabile a domicilio è ancora un tabu e spesso sono i pazienti (o i famigliari) a opporsi a questa soluzione, mentre gli operatori accettano la situazione anche se il limite del sovraccarico biomeccanico è superato da un bel po’. Sarebbe invece auspicabile che si riesca ad avere il letto rialzabile già dall’inizio, poiché favorisce entrambi (paziente, famigliari e collaboratore)».

In seguito, si devono valutare le risorse stesse di cui il paziente può ancora disporre: «Qui parliamo dell’ottimizzazione delle proprie risorse insieme a quelle dell’assistito perché unire le reciproche potenzialità permette proprio di andare verso una mobilizzazione intelligente che tiene peraltro conto del paziente stesso, sia a livello fisico sia cognitivo. Questo, ricordandosi di verificare la sua collaborazione cognitiva: è importante assicurarsi anche soltanto del fatto che il paziente sia in grado di schiacciare un bottone in autonomia per alzare o abbassare il letto affinché l’operatore non debba adoperarsi fisicamente e manualmente».

E veniamo al terzo elemento che prevede l’uso adeguato degli ausili già citati: «Il loro uso facilita il lavoro e riduce il sovraccarico biomeccanico del personale di cura e assistenza, a condizione che siano utilizzati in modo sistematico e corretto». Dunque, la sicurezza nella movimentazione dei pazienti è una responsabilità condivisa fra operatori, strutture sanitarie e istituzioni e non solo una questione di tecnica. Le linee guida della SUVA offrono strumenti concreti per prevenire e sensibilizzare sulla movimentazione intelligente, promuovendo in questo modo una cultura del lavoro più attenta e sostenibile. Ne sono certe le nostre interlocutrici che, per voce di Fabia Dell’Era, giungono a un’univoca conclusione: «Investire nella formazione, usare correttamente gli ausili e prendersi il tempo per fare ogni gesto in modo sicuro non è una perdita di efficienza, ma un guadagno in salute, sia per chi riceve cure sia per chi le offre». Perché prendersi cura degli altri comincia anche dal prendersi cura di sé.

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