Non era mai accaduto negli ultimi vent’anni che il Maestro desse l’attacco mentre il pubblico ancora rumoreggiava per raggiungere il proprio posto a sedere. È successo a Bayreuth quest’anno, nel «tempio» di Wagner, probabilmente perché un certo numero di persone si è attardato per catturare con l’occhio e con l’obiettivo il cancelliere Merz e l’ex cancelliera Merkel o qualche divo della tv tedesca in passerella sul tappeto rosso, dando così un dispiacere a chi invece era già seduto compostamente e silenziosamente al proprio posto. E certo anche a Daniele Gatti che, alla guida dell’orchestra di Bayreuth, è alla sua seconda inaugurazione di festival, con la prima avvenuta nel 2008 con Parsifal.
Il Maestro milanese, direttore principale della Staatskapelle di Dresda e di recente nominato direttore musicale del Teatro del Maggio Fiorentino, è grande conoscitore della partitura, avendola diretta più volte a Zurigo, Milano e a Salisburgo. Per cause esterne si è dunque persa un po’ la magia del Preludio maestoso e coinvolgente. Poi il sipario si apre su una scena curiosa, una lunghissima scala di legno che porta alla chiesa di Santa Caterina, edificio lontano, lassù in alto, da cui usciranno non solo i bravi borghesi di Norimberga con le loro parrucche e gli abiti seriosi, ma anche la vivace e colorata Eva, tutta un fremito dopo l’incontro con il cavaliere che la corteggia, il cantore «rivoluzionario» Walther von Stolzing. Un’atmosfera fiabesca e leggera aleggia sulla scena, e non l’abbandonerà mai, tranne che nel terzo atto, quando entreremo nella casa evocativa di Hans Sachs, il poeta calzolaio.
Nel primo atto la scena girevole ci porta all’incontro dei maestri cantori in chiesa, borghesi che hanno ereditato le regole dell’antica poesia tedesca medievale ormai inaridite dall’usura e divenute appunto un cumulo di regole soffocanti, senza spazio per una vera creatività. Ecco perché i maestri cantori indossano, sopra i loro abiti cittadini, lunghi mantelli e ridicoli copricapi di un’altra epoca, che li fanno apparire più carnevaleschi che solenni. Tra di loro, Beckmesser il censore si propone come il più ligio e agguerrito conservatore della regola, nonché aspirante alla mano di Eva, che per volere del padre Veit Pogner diventa il premio per il vincitore della gara di canto. In questa vicenda d’amore e di lotta fra tradizione e innovazione, Hans Sachs è il perno intorno al quale ruota un mondo in trasformazione: depositario delle antiche regole, amatissimo dal popolo che ne riconosce l’alta poesia, è però consapevole che il suo mondo si va dissolvendo, l’età avanza in ogni senso e i giovani vogliono conquistarsi uno spazio nella vita e nella storia. In lui c’è una malinconia profonda, depressiva, che lo rende dedito all’alcol e ai ricordi, consumato da una passione irrisolta per la giovane Eva.
Il regista Matthias Davids viene dal musical e dichiara apertamente di voler mettere in luce la «commedia» dei Meistersinger, lasciandosi alle spalle le macerie della Norimberga nazista e l’antisemitismo, trattati con vigore da registi come Harry Kupfer o più recentemente Barrie Kosky. E «commedia» significa anche rendere umano, e non una macchietta, il personaggio comico di Beckmesser, dare profondità al personaggio di Eva che si ribella al ruolo di «ragazza-premio» del concorso e alla fine non incoronerà nessuno, ma con Walter rifiuterà proprio quell’accademia che Sachs ritiene imprescindibile e che dovrebbe sancire il trionfo dell’arte tedesca sul mondo e sulla politica. Un finale nuovo dunque. La giovane generazione nega il ruolo della tradizione, lo lascia agli esegeti, al poeta Hans Sachs e al rigido Beckmesser, che se ne vanno via discutendo le regole della composizione.
Il terzo atto, dopo la scarna simbolica scenografia che fa da cornice alla casa-mondo di Hans, schiaffa davanti al pubblico un’enorme mucca gonfiabile rovesciata a fungere da arco trionfale per la festa di S. Giovanni. Le scene sono di Andrew D. Edwards, che nel secondo atto ci regala una veduta colorata e fiabesca di una Norimberga che è un mix di ieri e di oggi: le case sono quelle dell’epoca di Dürer, ma in primo piano campeggiano cartelli stradali dei giorni nostri e una bibliocabina che servirà da rifugio a Beckmesser durante la rissa finale.
Del resto, quando l’opera era davvero viva, il giovane Puccini inviato da Ricordi a Bayreuth, fece disinvoltamente dei Meistersinger una riduzione per la scena italiana. Oggi, a servire in scena una «commedia» convincente e articolata c’è il grande Georg Zeppenfeld nei panni del tormentato Hans Sachs, Christina Nilsson che dà voce magnifica e interpretazione vibrante a un’Eva grintosa e determinata, Michael Nagy nel ruolo sanguigno di un Beckmesser vero, che suscita tenerezza e simpatia, mentre Michael Spyres è uno Stolzing un po’ scuretto di voce. Daniele Gatti dirige con gioiosa affettuosità e raffinatezza, e anche con calda malinconia (penso al preludio al terzo atto), senza retorica o trionfalismi, una tavolozza musicale ricchissima e splendente, fondata sul magistero armonico e contrappuntistico del Wagner maturo. Il coro di Bayreuth, eccelso come sempre, diretto da Thomas Eitler-De Lint, si difende bene alle prese con la coreografia di Simon Eichenberger. Non dimentichiamo che questa produzione dei Meistersinger (in scena fino al 22 agosto insieme ad altri titoli, www.bayreuther-festspiele.de ) è un po’ anche musical!