Baci rubati e lanci impazziti

by Claudia
11 Agosto 2025

Tra il ludico e il dilettevole: il baseball come metafora della vita, fra basi conquistate, lanci a effetto, e insospettabili grilli

Nel libro Pensare come un antropologo, Matthew Engelke racconta che, giovane studente di antropologia, durante un soggiorno in Zimbabwe, mentre si dedica allo studio dei costumi locali conosce Philip, un ragazzo del luogo con cui fa subito amicizia. Un giorno Philip si presenta da lui chiedendogli, sorridente, «do you like cricket?» («Ti piace il cricket?»). Engelke è americano, ma conosce bene il passato coloniale dello Zimbabwe, così dà per scontato che Philip, il cui inglese è molto approssimativo ma sufficiente per comunicare, lo stia invitando a giocare a cricket. Quando però, poco dopo, il suo amico entra in cucina e ne esce con una ciotola in mano, si rende conto che Philip in realtà gli sta offrendo un grillo, uno dei cibi più prelibati della zona.

Engelke, si capisce, è incappato in un equivoco semantico: il termine cricket, infatti, indica lo sport ma significa anche grillo. Lo stesso vocabolo, dunque, rinvia a due significati distinti senza che fra loro vi sia alcuna affinità di senso. Altre volte, però, le stesse parole o espressioni possono migrare da un contesto a un altro e, conservando alcune proprietà semantiche, danno luogo a nuovi impieghi: è il caso di quelle parole o espressioni di cui si dice che abbiano un senso figurato. In questo contributo ci occuperemo di sensi letterali e figurati partendo da uno sport che, guarda caso, è la versione americana del cricket e che, assieme al basket e al football, si contende la palma di sport nazionale americano per eccellenza. Stiamo parlando, qualora non fosse chiaro, del baseball.

Non bisogna conoscerne le regole per sapere che questo sport è profondamente radicato nella cultura americana. Pur non praticandolo, salvo eccezioni, nel nostro tempo libero, da profani possediamo qualche nozione che ci permette di crearci un’immagine più o meno rappresentativa di questo sport. Parte di tale conoscenza vicaria ci arriva da quel cinema, da quei telefilm e serie TV grazie a cui, fra l’altro, la cultura americana si diffonde nel mondo intero.

Molti di noi sanno a cosa allude un adolescente (che chiameremo Johnny) quando, in un telefilm o in una serie TV, riferendosi a una compagna di scuola (che chiameremo Kate), confida agli amici di aver «raggiunto la seconda base». Non abbiamo bisogno di chat GPT per capire che non allude alla partita della squadra della scuola, ma alla ragazza che sta frequentando in quel momento.

Tuttavia, pur cogliendo il sottotesto implicito nel senso figurato, codifichiamo solo parzialmente il contenuto veicolato, come se riconoscessimo una strizzata d’occhio senza afferrare tutti i dettagli. Partendo dall’analogia con il baseball, sappiamo che Johnny è confrontato con una serie di tappe di una relazione sentimentale. Sappiamo che la progressione culmina, idealmente, nella conquista di una posta in gioco dall’alto contenuto simbolico. Quanto al resto, ci affidiamo all’intuizione, all’immaginazione e magari anche all’esperienza diretta, e completiamo il quadro in maniera parziale.

Per i curiosi, invece, ecco i dettagli: Johnny ha già pomiciato (prima base) e ha palpeggiato la zona sopra la vita (seconda base). L’eventuale terza base, previo consenso di Kate, implica la stimolazione delle zone erogene sotto la vita, e la quarta e ultima base – la home run del baseball – equivale a un rapporto completo.

Occorre aggiungere, tuttavia, che tale schematizzazione – diffusasi negli States a partire dal secondo dopoguerra – ha suscitato, e continua a suscitare, pareri controversi. I suoi detrattori insistono, per esempio, sul fatto che la metafora lasci intendere che le relazioni intime siano simili a uno sport dove a contare sono soprattutto la prestazione e la vittoria. Sul fronte apposto, c’è chi evidenzia la valenza didattica ed educativa della faccenda, partendo dall’idea diffusa, e condivisibile, secondo cui la propria sessualità va, idealmente, esplorata in modo progressivo, evitando di bruciare le tappe.

Se tutto ciò dimostra che il cinema, la televisione, e ora anche le piattaforme di streaming, diffondono con successo porzioni importanti di cultura pop americana facendo leva sulla metafora del baseball, è bene sapere che questo sport ha dato luogo anche a migrazioni di senso meno note, ma non per questo meno istruttive. Per esempio: cosa hanno in comune il gioco del baseball e le brillanti e divertenti commedie girate a Hollywood negli anni Trenta e Quaranta? La risposta, come vedremo, non è per nulla scontata.

Forse alcuni di voi sapranno che la commedia cinematografica statunitense di quel periodo è nota anche come screwball comedy. Meno noto è invece l’origine di questa locuzione che ci riporta, ancora una volta, al baseball. Nel baseball, screwball (letteralmente «palla avvitata») è il nome di un lancio messo a punto da Carl Hubbell, lanciatore dei New York Giants, negli anni Venti. Grazie al movimento del polso, e alla presa delle dita attorno alla palla, Hubbell imprimeva a quest’ultima una rotazione tale che, a un certo punto, la sua traiettoria improvvisamente si incurvava verso l’esterno mandando a vuoto, come si dice in gergo, lo sconsolato battitore.Dopo che Hubbell battezzò il suo lancio, il termine screwball entrò nell’uso comune per indicare qualcosa di inaspettato, imprevedibile o eccentrico, designando talvolta una persona dal carattere curioso, talaltra un qualcosa di sciocco o poco pratico: oppure, appunto, un genere di commedia incentrata sull’amore e sul corteggiamento, sui mille ostacoli e impedimenti, anche inverosimili, che interferiscono nel rapporto di coppia.

Le trame di questi film – realizzati da grandi registi quali Frank Capra e Howard Hawks, e interpretati da attori iconici come Cary Grant o Carole Lombard – sono, proprio come la traiettoria di una screwball, imprevedibili e eccentriche, a volte imbizzarrite e spiazzanti. I suoi protagonisti si muovono nell’alta società, dando luogo a una comicità «svitata» ritmata da dialoghi serrati, intrisi di doppi sensi e battute spregiudicate. Estremamente popolare negli anni Trenta, negli anni Quaranta la verve creativa e il disimpegno della screwball comedy subiscono il contraccolpo dell’entrata degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale. Tuttavia, il suo stile caratteristico sopravvivrà sotto altre forme tanto da ritrovarsi, ancora oggi, in alcune produzioni contemporanee.

Fra basi conquistate, lanci impazziti e commedie svitate, passando con disinvoltura dagli affetti agli effetti, forse qualcuno si sarà chiesto, giustamente, come finisce la storia del grillo. Finisce che, quando Philip gli presenta quel grillo appena fritto, l’antropologo lo mastica e cerca di inghiottirlo. Ma, dato che il suo corpo non è abituato a mangiare insetti, il grillo, mezzo masticato, si ritrova di nuovo fuori. Forse, allora, anche il cricket e la screwball hanno qualcosa in comune: entrambi possono essere insidiosi; anzi no, indigesti.