Ci sono date che restano scolpite nella mente. Sono normalmente quelle delle grandi catastrofi come per esempio l’11 settembre 2001, la distruzione delle Torri gemelle del World Economic Center di New York. È probabile che, per gli svizzeri, il 7 agosto scorso diventi una data di questo tipo, da non dimenticare. Quel giorno sono infatti entrate in vigore le nuove tariffe doganali statunitensi: dazi dell’ordine del 39% sulle importazioni dal nostro Paese. Nel tentativo di evitare la stangata, la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il consigliere federale Guy Parmelin si erano recati a Washington, presentando una nuova offerta. L’incontro con il segretario di Stato Marco Rubio non ha però portato a un cambio di rotta da parte americana.
Per molte aziende esportatrici dell’economia svizzera è una vera stangata. Vediamo perché. In primo luogo perché gli Stati Uniti sono un loro cliente molto importante. Nel 2023, per esempio, le aziende elvetiche hanno esportato negli Stati Uniti prodotti per 56 miliardi di franchi. Le importazioni da quel Paese in Svizzera hanno raggiunto, sempre nel 2023, i 29,7 miliardi di franchi. Negli scambi commerciali con gli Stati Uniti la Confederazione ha quindi realizzato un’eccedenza di esportazioni pari a 26,3 miliardi. In secondo luogo occorre rilevare che, mentre la quota degli Stati Uniti nelle esportazioni del nostro Paese rappresenta, anno più anno meno, circa il 20%; l’eccedenza di esportazioni che la Svizzera realizza con gli Usa corrisponde a più della metà dell’eccedenza complessiva della nostra bilancia commerciale. Il mercato statunitense è quindi per la Confederazione la gallina dalle uova d’oro. Questo risultato è dovuto al fatto che la Svizzera, in proporzione, importa molto poco da quel Paese. La bilancia commerciale con il gigante americano è decisamente disequilibrata. Infatti, mentre le esportazioni della Svizzera verso gli Stati Uniti rappresentano il 20% del totale, le importazioni da quel Paese non costituiscono che il 13,1% del totale delle nostre importazioni.
Questi gli argomenti che probabilmente spiegano perché il presidente Trump si sia particolarmente accanito contro gli esportatori svizzeri. Dazi vicini al 40% sono infatti tra quelli più elevati che la sua amministrazione intende imporre. Trump avrebbe infatti spiegato che i dazi per i prodotti elvetici sono stati fissati al 39% perché l’eccedenza della Svizzera nella bilancia commerciale sarebbe pari a 40 miliardi di franchi. È possibile che in un anno di esportazioni eccezionali, come è stato il 2024, l’eccedenza abbia potuto raggiungere i 40 miliardi. In anni normali, però, il valore di quest’eccedenza non raggiunge i 35 miliardi. Ma queste sono quisquilie statistiche che non rimettono in discussione la realtà del disequilibrio nella bilancia degli scambi commerciali tra i due Paesi. Le autorità svizzere hanno dichiarato di essere molto deluse dalla decisione americana, perché i progressi fatti nelle trattative condotte sin qui lasciavano sperare una soluzione decisamente migliore. Gli sforzi dell’ultimo minuto per cercare di indurre il presidente americano a ribassare i dazi previsti non sono come detto serviti a nulla. Quindi molte aziende svizzere si trovano ora confrontate con una situazione di mercato a loro particolarmente sfavorevole. Attenzione però: solo il 60% dei prodotti esportati dalla nostra economia negli Stati Uniti saranno sottoposti ai nuovi dazi. In particolare non lo saranno, per il momento, quelli delle aziende farmaceutiche e delle fonderie dell’oro che, nel 2024, sono state largamente responsabili del disequilibrio degli scambi.
E allora? Il presidente americano rischia di fare un buco nell’acqua. È infatti possibile che i dazi sulle nostre esportazioni non riescano a ridurre l’eccedenza della nostra bilancia commerciale perché gli stessi non si applicano a quelle esportazioni che sono maggiormente responsabili del disequilibrio. Le nuove tariffe doganali statunitensi avranno comunque un effetto molto negativo per molte altre aziende esportatrici svizzere. Per il nostro Paese non è la fine del mondo ma un diluvio universale sì.