Fotografia: cartoline, posture e visioni filtrate da uno sguardo che flirta con l’industria dell’immagine e immortala la permanenza dei gesti
La fine dell’Ottocento fu un’epoca di alcuni importanti stravolgimenti in Ticino. Si è soliti far risalire la nascita del nostro turismo alla data d’apertura della galleria ferroviaria del San Gottardo (1882). Città, montagne e bellezze d’Oltralpe e della Romandia erano già da tempo ambite mete di teste coronate e VIP di mezza Europa, mentre il Sud delle Alpi restava isolato per buona parte dell’anno. Sicché, quando le prime sbuffanti locomotive sbucarono ad Airolo, si aprì davvero una nuova epoca. Nel contempo, nacque una quantità tale di «Gabinetti Fotografici» che non si spiega solo con l’arrivo dei turisti: non posso permettermi l’ingaggio di un pittore per un ritratto su tela? Ecco che me lo realizza un fotografo, rapidamente, saltando lunghe sedute in posa e a un costo probabilmente minore.
La fotografia in Ticino si diffuse a macchia di un leopardo che, dai centri maggiori, si spinge sorprendentemente pure verso parecchie località discoste. In pochi anni aprirono i loro atelier Angelo Allegranza a Dangio (zona Donetta!); Roger Franzina a Cerentino; Raffaele Domenighetti a Indemini; Ines Ceresa a Colla (una donna lassù: chapeau!); Agostino Metalli a Ludiano ed Eugenio Schimdahauser ad Astano.
A quest’ultimo, Giancarlo Talamona (già curatore nel 2011 della mostra al Castelgrande di Bellinzona che ci offrì tutte le scoperte appena citate), si dedica adesso firmando l’expo al MASI di Lugano, con la collaborazione di Ludovica Introini. Oltre il Malcantone è il titolo che anticipa quel che il visitatore avrà davanti agli occhi: da una parte lo Schmidhauser che si dedica al commercio delle cartoline turistiche. Dall’altra, la testimonianza di un’epoca in cui erano ancora ben vive professioni oggi scomparse: ecco allora i ritratti del cestaio, dello zoccolaio o dell’arrotino.
Il ricco catalogo che accompagna la mostra ci racconta invece l’avventura umana e artistica del fotografo, che volentieri rasenta la leggenda: si dice che, sceso per la prima volta alla stazione di Lugano, chiese d’essere portato a Osteno (sul Ceresio presso Porlezza) a un vetturino. Quest’ultimo capì invece Astano e dunque si ritrovò nel Malcantone. Forse è leggenda, però è carina!
È certo invece che una figura importante nella vita di Schmidhauser fu il ricco imprenditore tedesco Rudolf Fastenrath. Personaggio eccentrico e imprenditore audace quanto illuminato, dai molti interessi cultural/commerciali (dal trattamento delle malattie veneree al commercio di caffè, dalla musica all’omeopatia, dall’insegnamento alla letteratura: fu pure autore di un romanzo), costui divenne il precettore del giovane Eugenio, già suo allievo alla Scuola commerciale di Herisau, ma subito cooptato quale suo fotografo personale, dopo avergli finanziati gli studi al prestigioso Lehr und Versuchsanstalt für Photographie di Monaco di Baviera. Dalla natìa Westfalia, Fastenrath si stabilì a Magliaso, dove aprì un ufficio turistico, incaricando Schmidhauser di ritrarre le bellezze della regione. Aprì la Pension Paradies a Bedigliora, calandosi nel contempo nei panni dell’editore, fiutando il doppio affare: la promozione turistica attraverso la produzione di cartoline illustrate. Un mercato all’epoca più che fiorente: nel 1902 ne furono vendute in Svizzera più di venti milioni di esemplari. Schmidhauser rimase affascinato dall’intera regione malcantonese, ma fu conquistato in particolare dalle bellezze e dalla cordialità degli abitanti di Astano, villaggio che lo adottò sin dal suo arrivo, fino a sceglierlo poi quale sindaco – dal 1932 al 1950. In riva all’ameno laghetto conobbe sua moglie, Ginevra Zanetti, con la quale rilevò e gestì per anni la Pensione della Posta.
Non così idilliaco fu il suo rapporto con storici e colleghi. Virgilio Gilardoni gli rimproverò d’aver creato per le popolazioni cisalpine la sciocca immagine del popolo allegro. «Anche i fotografi ticinesi, impegnati a trasmettere una visione più autentica del Ticino – scrive Damiano Robbiani nel suo saggio in catalogo – si uniscono a questa critica. Tra loro Vicenzo Vicari, che fatica a imporre le proprie cartoline illustrate in un mercato allora dominato dagli svizzeri tedeschi».
Il centinaio di opere esposte al MASI permetteranno viceversa al visitatore di scoprire anche l’assoluto valore artistico/estetico di Schmidhauser, del resto premiato all’epoca con alcuni riconoscimenti internazionali. Immagini vintage che si accompagnano alle ristampe curate da Stefano Spinelli, il quale riconosce al fotografo – tra le esigenze di Fastenrath e le sue mai sopite velleità lontane da interessi commerciali – il merito di essersi ritagliato uno spazio libero. Scrive infatti nel catalogo: «Paesaggi carichi d’intensità e a forti tinte, quasi inquietanti, degne illustrazioni di ipotetici racconti gotici che ci mostrano nel contempo la maestria tecnica e compositiva di cui Schmidhauser era dotato».