Nel suo nuovo libro, "Per una vita autentica", Lina Bertolainvita a riscoprire l’ascolto dell’anima e il legame profondo con il sacro
In estate il tempo rallenta, un po’ perché il caldo intorpidisce i nostri giorni un po’ perché finalmente ci concediamo pause dal lavoro più lunghe del solito. È la stagione giusta per dedicarci all’esplorazione di quel territorio che troppo spesso trascuriamo che è il nostro mondo interiore. A prenderci per mano in un viaggio che riporta la nostra attenzione su «quell’umano che ci abita nel profondo» è Lina Bertola con il suo ultimo libro intitolato Per una vita autentica. Coltivare l’intimità con noi stessi e con il mondo (Armando Dadò editore). «Siamo anime stanche – scrive la filosofa – che vivono sulla superficie del tempo, in un’agitazione permanente che mobilita gesti e pensieri, senza pause, senza soste. Tutto deve accadere in tempo reale, in un flusso perpetuo e ripetitivo che ci chiede di funzionare bene. I tempi del lavorare si mescolano sempre più spesso con quelli del riposo e anche il tempo libero si trasforma facilmente in una forma di lavoro: dobbiamo divertirci… Il rischio di perdere il contatto con la nostra dimora interiore è davvero grande».
Ma da dove iniziare l’esplorazione del nostro mondo interiore? Lina Bertola suggerisce alcuni sentieri, tutti presuppongono una predisposizione all’ascolto o meglio all’osservazione di ciò che ci circonda. Per la filosofa, un atteggiamento pronto allo stupore, alla curiosità e all’accoglienza nei confronti della realtà è indispensabile per ricongiungerci al nostro io più intimo. E concretamente questo si avvera quando ripartiamo dal «sapere del cuore», che, avverte subito Bertola, non ha nulla a che vedere col sentimentalismo ma al contrario «è una forma di conoscenza intuitiva in cui si esprime con forza la passione per la verità», è, insomma, un sentire che nutre il pensare. Bellissimo qui l’invito che Lina Bertola rivolge al lettore ad «abitare poeticamente il mondo» perché scrive «è questo il senso originario della poesia: qualcosa che ci chiama con la sua bellezza a esplorare i sentieri dell’anima».
Ed eccole allora due vie che possiamo percorrere in questo viaggio negli aspetti più intimi dell’umano: l’ascolto dell’anima e l’esperienza del sacro. Nel capitolo dedicato all’ascolto dell’anima l’autrice si fa accompagnare dalla filosofa spagnola Maria Zambrano che, scrive Lina Bertola, con i suoi scritti ci porta verso il sapere dell’anima, verso un sapere che accoglie ed esprime «l’ordine della nostra interiorità». Nelle pagine dedicate all’esperienza del sacro le possibilità sembrano poi moltiplicarsi perché il sacro «può venire ad abitare il nostro mondo interiore in tanti modi», può rivelarsi nelle piccole cose attraverso la contemplazione o la poesia. E qui si moltiplicano anche i compagni di viaggio: Simone Weil, Umberto Galimberti, Christian Bobin.
Ad arricchire il denso volumetto ci sono tre «Interludi», riflessioni personalissime e intime di Lina Bertola, il cui tono risuonerà familiare ai lettori che sono abituati a seguire le sue riflessioni sulle pagine di «Azione» nella rubrica mensile Approdi e derive. Infine l’autrice affida un «Epilogo» ad altre voci. Invita, infatti, tre amici con i quali condivide «molti luoghi dell’anima» a «provare a dare parole a questo rivelarsi del sapere del cuore». Sono il poeta Leopoldo Lonati, la pittrice Carolina Nazar, e il sacerdote don Luigi Pessina. A loro Lina Bertola affida il compito di donare parole a ciò che viene prima della parola, prima del gesto, prima della preghiera. Un compito che l’autrice sembra affidare anche a tutti i lettori.