L’ascesa e la caduta di un duca controverso

«Come un topo lasciato in un acquario insieme a un serpente a sonagli», così una delle innumerevoli fonti citate in Entitled ha catturato in un’immagine il rapporto tra il principe Andrew, personaggio grottesco, pomposo e ingenuo, e il finanziere pedofilo Jeffrey Epstein, genio maligno della macchinazione, del ricatto machiavellico e della sapiente tessitura sociale grazie anche alla sua complice Ghislaine Maxwell, mente altrettanto perversa e figlia di quella stratosfera sociale britannica decadente e anaffettiva che Andrew Lownie, nel suo libro uscito di recente, racconta così bene. A Londra non si parla d’altro, anche perché le avventure del duca di York e della sua vivace ex moglie Sarah Ferguson, oltre ad avere una componente disturbante e salace, tra avventure e flirt di entrambi nel jet set mondiale, sostiene l’esistenza di una gigantesca, continua truffa portata avanti dai due ai danni del contribuente britannico, convinto nel migliore dei casi di finanziare un’istituzione in grado di dare lustro al Paese e preservare il suo sacrale senso di eccezionalità e costretto di fatto a foraggiare gli eccessi e gli infantilismi di una Royal Family che per decenni ne ha tradito la fiducia. Ci sono due coppie, in questo libro, una di potenti mefistofelici e l’altra di aristocratici stolidi e senza direzione, entrambe unite da un’alleanza fortissima che trascende quella sentimentale: Jeffrey e Ghislaine, che hanno tessuto una rete che miete vittime a distanza di decenni, e Andrea e Fergie, che vivono insieme in una grande magione ormai a pezzi da cui re Carlo e soprattutto William non vedono l’ora di cacciarli.

Lownie, scrittore e agente letterario, in un lavoro certosino durato quattro anni e lungo 400 appassionanti pagine, racconta l’ascesa e la caduta della casa di York, il titolo storicamente dato al secondogenito maschio di un monarca, dalla nascita privilegiata quando Elisabetta II era già regina da un po’ e si poteva dedicare meglio a questo bambino nato bello, senza quei tratti vagamente equini caratteristici della famiglia, dall’intelligenza considerata mediocre, sorridente in divisa al ritorno dalle Falklands, pieno di fidanzate vistose e più sveglie di lui, sposato con la ruspante aristocratica rossa Fergie, inizialmente carismatica e alla mano e poi, molto presto, presa da un entusiasmo vorace per i soldi, capace di viaggiare con 25 valigie e di perdere aerei in continuazione, così semplice e infantile da voler dei ricami di orsacchiotti e di elicotteri sul vestito da sposa – la stilista oppose un secco «no» – e alla ricerca di attenzione, di cibo, di cose, di amore, di riconoscimento. Divorziano presto ma restano legati, lui la aiuta con i soldi – i conti sono vertiginosi, si viaggia intorno al milione all’anno, lei vuole dieci piatti di pasta per capire quale mangerà e bestie intere arrostite sul tavolo ogni sera come fosse un banchetto medievale, e guai a riproporle il giorno dopo – e inevitabilmente cadono nella rete di Lucignolo Epstein, che offre, ospita, paga, tende la tela del ricatto e non può credere alla sua fortuna quando si trova davanti due sprovveduti di questo calibro.

Le ragazze che condividono raccontano a Jeffrey che Andrew è «l’animale più perverso della camera da letto», l’unico addirittura più ossessionato dal sesso di lui, e la povera Virginia Giuffre rivela quelle tre volte in cui lei, minorenne, è dovuta passare tra le braccia di lui, mentre autisti e staff vario riferiscono di ragazze «intorno ai diciott’anni» portate avanti e indietro con un po’ di droga e tanti soldi. In ordine di gittata internazionale, la notizia più importante è che Jeffrey avrebbe venduto i segreti di Andrew al Mossad, ai servizi sauditi e pure alla Libia di Gheddafi. Bastava agevolarlo nelle sue passioni per donne giovani e bella vita, e il principe passava informazioni che poi il finanziere trasferiva a Israele. Ma non solo, anche la Russia di Vladimir Putin è finita coinvolta nel valzer di informazioni e ricatti di Epstein, «agente di influenze» per il Cremlino. Ma l’aspetto più desolante è che il principe, tronfio e pieno di sé, non si è mai accorto di nulla. Per dieci anni Andrew ha girato il mondo per conto della Corona come rappresentante per il commercio, esposto al facile corteggiamento di malintenzionati di varia provenienza, a partire dai cinesi. Scriveva lettere di auguri di compleanno a Xi Jinping sotto dettatura da parte di una spia di cui era diventato amico, con la benedizione, pare, di Buckingham Palace. Sembra fosse cosa risaputa che durante un viaggio in Thailandia per il giubileo di diamante di Re Bhumibol si sia fatto portare 40 ragazze in camera, sotto gli occhi di diplomatici esterrefatti. L’altro scoop è quello, subito smentito dalla California, secondo cui Harry avrebbe preso a cazzotti lo zio – con tanto di «naso sanguinante» – nel 2013 per avergli parlato alle spalle, mentre quando anni dopo è entrata in scena Meghan l’ha definita apertamente «un’opportunista». O forse solo una dilettante, perché quello che racconta Entitled sposta l’asticella dell’avidità molto più in alto.

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