Psicologia: dall’«ascolto attivo», all’importanza dell’autocompassione, un nuovo libro aiuta a interagire meglio con l’universo infantile
Capire il funzionamento della mente dei bambini non è solo affascinante, ma anche utile. I più piccoli vivono le emozioni e le difficoltà in modo diverso dagli adulti. Se è vero che siamo stati tutti bambini, tendiamo a non ricordare quello che pensavamo in quegli anni che ci sembrano così lontani. Federica Rizza, psicoterapeuta e neuropsicologa, ha scritto una guida per orientare gli adulti nella comprensione dell’universo infantile. Genitori empatici è il titolo del testo pubblicato da FrancoAngeli per risolvere dubbi e rispondere a curiosità. Dall’«ascolto attivo», ai meccanismi che scatenano i «capricci», si arriva a comprendere il valore dell’«autocompassione», la capacità di perdonarsi quando si sbaglia.
Federica Rizza, come funzionano le emozioni?
Le emozioni sono risposte fisiologiche e psicologiche a stimoli esterni o interni. Quando percepiamo qualcosa che ci coinvolge, il nostro cervello elabora questa informazione e attiva una reazione emotiva. Le emozioni possono essere suddivise in primarie (come paura, gioia, tristezza) che sono universali e istintive, e secondarie (come la vergogna o la colpa) che sono più complesse e legate all’esperienza e alla cultura. Le emozioni non sono solo reazioni, ma influenzano anche il nostro comportamento, il nostro corpo e le nostre decisioni.
Che cosa significa ascolto attivo?
L’ascolto attivo è un processo di comunicazione che implica non solo sentire le parole dell’altro, ma anche comprendere il loro significato profondo. Significa prestare attenzione, mostrare empatia e confermare ciò che l’interlocutore sta dicendo, sia con segnali verbali che non verbali. Un buon ascolto attivo aiuta a creare una connessione emotiva, favorendo un ambiente di fiducia e apertura, particolarmente importante nelle relazioni genitori-figli. Nella società odierna siamo spesso distratti da device come gli smartphone e da stimoli esterni. Dimentichiamo così l’aspetto relazionale ed empatico e la connessione attiva che dovremmo invece avere con le persone con cui interagiamo.
Come si gestiscono i «capricci»?
I capricci sono spesso il risultato di emozioni forti o frustrazione, specialmente nei bambini piccoli che non hanno ancora gli strumenti per gestirle. È fondamentale rispondere con calma, evitando di cedere immediatamente alle richieste del bambino. Occorre anche cercare di capire la causa del capriccio, che potrebbe essere fame, stanchezza o un bisogno di attenzione. Inoltre, insegnare al bambino come esprimere le emozioni in modo sano è un passo importante per ridurre la frequenza dei capricci. Nel mio libro scrivo, in particolare, di come il cervello del bambino non sia uguale al nostro. È in sviluppo costante e ancora non dispone delle capacità di autoregolazione. In questo senso, è molto importante il ruolo dell’adulto nell’accogliere e sostenere i comportamenti del bambino al meglio, comprendendo che il bambino esprime i suoi bisogni talvolta anche con i «capricci». Essere un buon educatore significa saper porre dei limiti con dolcezza, essere autorevoli ma empatici e permettere al bambino di raggiungere l’autoregolazione.
Quali sono le grandi preoccupazioni dei bambini?
Le preoccupazioni dei bambini variano in base all’età, ma alcune delle più comuni riguardano la separazione dai genitori, il timore di non essere amati o accettati, il fallimento scolastico e le dinamiche familiari. In generale, i bambini sono sensibili a ogni cambiamento nel loro ambiente, e la percezione di insicurezza o incertezza può essere una grande fonte di ansia. Parlo spesso dell’importanza delle routine nei bambini. Le routine tranquillizzano e rendono l’esperienza del bambino prevedibile. È importante creare un ambiente sicuro e rassicurante per aiutarli a gestire queste paure.
Come si favorisce una relazione sana con il cibo?
Una relazione sana con il cibo si basa su un approccio equilibrato e senza giudizio, dove il cibo non è una punizione né una ricompensa. È importante educare i bambini a riconoscere i segnali di fame e sazietà, senza forzarli a mangiare o usare il cibo come strumento di controllo. Inoltre, promuovere l’importanza di una dieta varia e nutriente, insegnando loro a godere dei pasti e non a vivere il cibo come qualcosa di negativo, è fondamentale. Viviamo in una società dove i fast food stanno sostituendo il valore del cibo anche come veicolo relazionale. È molto importante mangiare tutti insieme, in famiglia, essere un modello per i nostri bambini e iniziare sin da subito, con lo svezzamento. Se pensiamo al nostro passato, ricordiamo lunghe tavolate in cui tutti, adulti e bambini, mangiavano gli stessi pasti in armonia. Spesso oggi si tende a preferire i «menù bimbi» e anche ad anticipare il pasto del bambino.
Perché i bambini imparano dai genitori? Come dare il buon esempio?
I bambini sono osservatori attenti e tendono a imitare comportamenti, atteggiamenti e valori che vedono nei genitori. Il loro cervello è particolarmente ricettivo durante i primi anni di vita, quindi i genitori hanno un ruolo cruciale nel modellare il comportamento. Dare il buon esempio significa essere coerenti nelle azioni e nelle parole, mostrando rispetto, empatia e autocontrollo. I bambini imparano non solo da ciò che diciamo, ma soprattutto da ciò che facciamo.
Che cos’è l’auto-compassione e come si insegna?
L’auto-compassione è la capacità di trattarsi con gentilezza, comprensione e pazienza, soprattutto nei momenti di difficoltà o quando si commettono errori. Non si tratta di indulgere o giustificare i propri comportamenti negativi, ma di riconoscere le proprie imperfezioni con empatia. Per insegnarla ai bambini, è fondamentale che vedano i genitori trattarsi con auto-compassione, mostrando che è normale sbagliare e che il fallimento non deve portare a sensi di colpa eccessivi. Insegniamo loro a essere gentili con se stessi e a comprendere che, come ogni essere umano, anche loro sono degni di amore e rispetto, nonostante gli errori.