Un giardino esoterico nel cuore della Maremma

by Claudia
18 Agosto 2025

Dal sogno di Niki de Saint Phalle, un luogo unico fatto di colori, simboli e visioni: 22 figure monumentali immerse nella natura che si possono toccare, esplorare e abitare

«Il mio giardino è un posto metafisico e di meditazione, un luogo lontano dalla folla e dall’incalzare del tempo, dove è possibile assaporare le sue tante bellezze e i significati esoterici delle sculture. Un posto che faccia gioire gli occhi e il cuore». Questa scritta accoglie il visitatore al Giardino dei Tarocchi ed è una frase di Niki de Saint Phalle, l’artista che ha creato questo museo a cielo aperto dove si incontrano Il Mago, La Papessa, la Ruota della Fortuna, la Luna e il Sole, il Mondo, la Stella, il Diavolo, il Profeta. Sono solo alcuni dei nomi delle statue all’interno del parco che si trova a Garavicchio, vicino a Capalbio, nelle campagne della bassa maremma Toscana.

Tutte le statue, come dice il nome del Giardino, sono una rappresentazione multicolorata delle carte dei tarocchi. L’idea è nata, come detto, dall’artista francese Niki de Saint Phalle, ispiratasi (ed è evidente) soprattutto al celebre Antoni Gaudí e al suo Parco Guell di Barcellona, ma anche al Palazzo Ideale di Ferdinand Cheval e al Parco dei Mostri di Bomarzo.

La costruzione di questo Giardino inizia nel 1978, quando i principi Caracciolo regalano un pezzo di terra alla Phalle, già artista affermata a livello internazionale, per poter concretare la sua opera: 22 grandi sculture che rappresentassero gli Arcani Maggiori dei Tarocchi. Un progetto per la cui realizzazione si è andati avanti fino al 1995. Ma, come ha avuto modo di spiegare l’artista, l’idea covava in lei già da molti anni, quando da giovane venticinquenne visitò Barcellona. «Nel 1955 – scrive – andai a Barcellona e vidi per la prima volta il meraviglioso Parco Guell di Gaudì. Capii che mi ero imbattuta nel mio maestro e nel mio destino: tremavo in tutto il corpo. Sapevo che anche io, un giorno, avrei costruito il mio giardino di gioia, un piccolo angolo di paradiso. Un luogo d’incontro tra l’uomo e la natura».

C’è anche la mano dell’architetto ticinese Mario Botta nella costruzione del Giardino. (Con lui Azione aveva visitato il parco, raccontando il suo rapporto con la Phalle in un articolo uscito il 28/11/2022). Botta e Roberto Aureli hanno disegnato il muro di cinta che rappresenta la divisione dalla realtà quotidiana a quella immaginifica, mentre l’ingresso – una grande apertura circolare – è la soglia da varcare per prendersi una pausa dalla vita di tutti i giorni per immergersi nella magia.

Alcune delle 22 statue all’interno del giardino superano i venti metri di altezza. Realizzate in cemento e ferro, sono rivestite di mosaici colorati in vetro e ceramica. Appena si entra, si viene colpiti dalla miriade di colori: ceramiche arancioni, blu mare, bianco, giallo, rosso. O da piccoli pezzi di specchi che riflettono i raggi del sole, come nella Casa dell’Imperatrice, che per anni fu studio e casa dell’artista. I viali ben curati permettono di visitare con calma il museo. E panchine all’ombra dei pini accolgono le famiglie per una sosta.

Mi siedo in una di queste e scopro come per i bambini il Giardino dei Tarocchi è un magico parco dei divertimenti in cui creano storie immaginarie dove le statue sono protagoniste: «L’imperatore e l’imperatrice hanno fatto questo museo che però per me è anche un castello e hanno fatto venire qui tutti i loro amici e amiche» dice con voce squillante una bambina bionda vestita di rosa. Ma se per i più piccoli è un mondo di creature strane e colorate, l’intento di Niki de Saint Phalle era invece quello di creare soprattutto un itinerario esoterico e onirico ispirato ai tarocchi, senza in verità offrire alcun tipo di pratica divinatoria.

Il percorso inizia dalla Grande Piazza Centrale dove un’immensa vasca accoglie le figure della Papessa e del Mago. Il mago è un giocoliere e rappresenta l’intelligenza, la creazione e il gioco, mentre la Papessa, dalla cui bocca sgorga l’acqua della fontana, rappresenta la potenza femminile. E come in una piazza di paese da cui poi partono le varie vie, da qui partono i vari tragitti all’interno del Giardino, percorsi che non portano solo alle altre statue, ma sono arricchiti dai pensieri, memorie e messaggi dell’artista che accompagnano il visitatore in un viaggio fisico ma anche spirituale. Come quello che si legge su una lastra di cemento che ricopre una parte di un viale: «Se la vita è un gioco di carte noi siamo nati senza conoscere le regole. Dobbiamo giocare la nostra mano. Attraverso gli anni poeti, filosofi, alchimisti, artisti, hanno studiato il loro significato».

La visita è estremamente facile, perché, come nelle volontà dell’artista, basta lasciarsi andare e perdersi tra la vegetazione e i simboli dei tarocchi. E così, dopo la Grande Piazza decido di salire sul sentiero alla mia sinistra e passato accanto alla scultura della Forza, dove la statua di una donna vestita di bianco domina un grande drago ricoperto da un mosaico di vetri colorati di verde, rosso e giallo, arrivo fino alla casa dell’Imperatrice, una statua che si può ammirare sia dall’esterno, sia dall’interno.

Era la casa-studio di Niki de Saint Phalle, e proprio da qui ha diretto e seguito i lavori di realizzazione del giardino. L’interno, che non ha una forma regolare, è completamente rivestito di piccoli specchi che creano un vortice di riflessi di luce candida, creando un’atmosfera eterea che dà la sensazione di galleggiare a mezz’aria. «Ma questa è la casa delle fate» dice con un tono pieno di gioia una bambina bionda mentre ruota su se stessa.

Salendo ancora un po’ lungo il viale si raggiunge la statua dell’Imperatore, forse l’opera più complessa. Una statua a forma di cerchio al cui interno si trova una piccola piazzetta mentre all’estremità la figura maschile è rappresentata da un grande razzo rosso che punta il cielo, simbolo di esuberanza e potenza, e richiamo alla virilità maschile. Ed è anche la statua che forse, per colori e stile ricorda di più il Parco Guell di Gaudì.

All’interno della piazzetta una scalinata stretta e tortuosa porta in un terrazzo che gira tutto intorno alla statua. Da qui in alto si può vedere il mare e se ne può sentire anche l’odore, portato da una dolce brezza. Tutte le sculture all’interno del parco, gli arcani maggiori dei tarocchi con i loro colori forti e brillanti, sono cariche di significati esoterici e simbolici. L’aspetto delle statue rievoca corpi formosi e morbidi che sembrano ostentare le loro forme con allegria, trasmettendo una visione felice del mondo: è questo il risultato di un profondo processo artistico che ha permesso a Niki de Saint Phalle di superare periodi difficili e dolorosi della sua vita culminati con un ricovero psichiatrico nel 1953.

Il giardino, come si sarà capito, non ha un percorso prestabilito, per cui lascia al visitatore la totale autonomia di muoversi secondo il suo istinto e i suoi gusti; io riprendo dunque ad arrampicarmi lungo il sentiero, fino ad arrivare alla statua degli Innamorati che richiama Adamo ed Eva, seduti uno di fronte all’altro, come a rappresentare la scelta giusta e la scelta sbagliata.

Il sole si sta abbassando verso l’orizzonte e le statue sono avvolte in una luce dorata che rafforza e fa risplendere ancora di più i mille colori che le rivestono. Il flusso di persone è continuo ma non manca lo spazio per isolarsi e ammirare le statue. Anche perché, una cosa bella del Giardino dei Tarocchi, è che le sculture le puoi vivere, toccare, girarci intorno, alzare lo sguardo verso il cielo e impressionarti per come sono grandi e imponenti. Non ci sono transenne o distanze da rispettare. La dimostrazione mi viene data da due bambini che giocano a nascondino e hanno scelto come rifugio l’interno della statua del Profeta, cava all’interno, dal volto inespressivo e totalmente ricoperta di specchi. Ed è anche l’unica che non ha nessun colore.

Il parco è di fatto una sorta di labirinto emozionale, dove ognuno può vedere quello che vuole attraverso la sua fantasia. I colori delle statue che si stagliano sul verde degli alberi danno allegria mentre i volti non sono mai cupi o cattivi.

Riscendendo passo accanto alla Torre di Babele, forse l’opera più importante del Giardino. Monumentale e solenne, è totalmente ricoperta di specchi ed è sovrastata da una scultura metallica, mentre su ogni lato si aprono le finestre, una diversa dall’altra, da cui si può ammirare tutto il parco.

Una deviazione sul sentiero mi porta a due statue più nascoste, il Diavolo e la Morte. Il primo è un corpo di donna con lunghe corna con un uomo e una donna ai suoi piedi e rappresenta il sesso e l’energia. Mentre la Morte è una enorme statua a cavallo, entrambi ricoperti di ceramiche colorate. Ma non incute timore e non emana un senso di negatività, perché senza la Morte non ci sarebbe la Vita e qui nel Giardino dei Tarocchi rappresenta il rinnovamento. E allora penso alla nostra artista Niki de Saint Phalle che ha dedicato tutta la sua vita per realizzare questo museo.

L’artista era affetta da una grave malattia polmonare dovuta al contatto con il poliestere, un materiale che usava moltissimo per creare le sue statue e che la portò alla morte nel 2002. In un’intervista diceva: «È molto strano avere a che fare con un materiale attraverso il quale amo esprimere la mia creatività, e che allo stesso tempo è il mio nemico, in quanto assolutamente letale per me». Un nemico ma anche un alleato che le ha permesso di realizzare questa città utopica dove regna l’armonia.