Bagni misteriosi di De Chirico

Amo camminare per ore, senza meta, nelle grandi città in agosto. In cerca solo di scorci, per un momento, come dipinti metafisici. Trovo più interessante un tuffo in mare in ottobre. Per ora avvisto, avanzando lento nel parco Sempione, la cabina balneare di Giorgio De Chirico (1888-1978). Il primo degli otto elementi dei Bagni misteriosi: «composizione pintoscultorea» la definisce lo stesso pittore famoso per le piazze-enigmi, inaugurata, per la XV Triennale, verso la fine dell’estate 1973. Estate 1934, con frontone da tempio e le bandierine sopra, sospesa come palafitta, appare già – oltre al cigno, palla, Dioscuri, sorgente – in tutte le dieci litografie stampate a Parigi per accompagnare le poesie di Jean Cocteau.

Una corre con il suo pomerania che le trotterella dietro, turisti giovani sfiancati dall’afa siedono sulle panchine del più grande parco di Milano risalente a fine Ottocento. Più vicino, da dietro il recinto del giardino della Triennale, scorgo, in pietra di Vicenza come tutto quanto il resto, la scala – dentro la cabina balneare – che scende nell’acqua di questa vasca curvilinea di ventitré metri di lunghezza massima e dodici di larghezza. Il ricordo all’origine di questa scala, racconta De Chirico, è stato scatenato da un’acquaforte di Max Klinger del 1894: dal palcoscenico di un pianista che suona Brahms una scala scende in mare. Come le scale degli stabilimenti balneari nel golfo pagaseo che da piccolo, De Chirico, credeva dovessero scendere nel cuore delle tenebre oceaniche.

Vicino alla cabina c’è la palla balneare-semisfera a righe. Faccio acrobazie, per agguantare con gli occhi, sul fondo giallo ocra della «piscina orribile di De Chirico» come la denigra all’epoca su «Paese Sera» il critico d’arte Nello Ponente, il movimento elettrizzante delle onde disegnate a zig zag. In realtà il motivo deriva dal parquet. Un pomeriggio De Chirico – fratello tra l’altro di Alberto Savinio, autore del libro-faro che ci ha illuminato spesso la via gironzolando per Milano e non perderemo certo di vista – vede un signore camminare su un parquet appena lucidato con la cera. E ha l’impressione che egli vi potesse affondare in quel pavimento come in una piscina, parla poi di «acqua-parquet» e «piscina-pavimento». Il ricordo del mare d’infanzia, a Volos, dove nasce, in Grecia, completa l’opera. Oltre alle cabine balneari-palafitte, c’era, a fianco della spiaggia, la foce del fiume Anavros dove nuotavano i cigni. Qui, tra le fronde del cedro, ora osservo nuotare il cigno gigante multicolore. Un cigno-plesiosauro, secondo Fagiolo dell’Arco (ma che nomi certi critici d’arte) che rintraccia una curiosa somiglianza del cigno di parco Sempione con l’illustrazione di Edouard Riou in copertina di un libro d’infanzia di De Chirico. Non lontano nuotano i due Dioscuri, uno biondo uno moro. Sono delle riproduzioni fedeli in occasione del restauro di non molti anni fa; gli originali sono esposti al museo del Novecento, in compagnia del pesce. Fuor d’acqua come quello attuale, identico, all’ombra del cedro.

Abbraccerei i bagni misteriosi con lo sguardo molto meglio nel giardino del palazzo della Triennale, opera di Muzio conosciuto in primavera per via del suo tennis club, però che bambo, mi sono dimenticato: lunedì la Triennale è chiusa. «Vabbé, fa lo stesso» canta Achille Lauro dalla radio del baracchino mobile. Del resto con tutta la roba che inquina lo sguardo lì nel giardino, preferisco quasi conquistarmi l’opera, pezzo per pezzo, dal parco. Quasi più misteriosi i bagni così che del resto preferivo anni fa in stato di degrado, scoloriti. Alle spalle della sorgente noto i due vani per il meccanismo di aspirazione dell’acqua e sento appena lo scorrere dell’acqua. Mi sposto in un punto, per vedere, flebile, la sorgente-cascata. Ecco anche la piattaforma circolare con scala e cordicelle dove in una scena di Una sera c’incontrammo (1975), sbuca, rincorsa, un’attrice non conosciutissima di nome Lia Tanzi. Sul tema dei bagni misteriosi spuntano teorie di vasche come intestini umani o collegamenti alchemici, viaggi verso lo spazio o Dio. «Non si dovrebbe andare così lontano nell’interpretazione di queste opere che, pur nella loro semplicità d’ispirazione giocosa, celano sicuramente misteri» sostiene un esperto di De Chirico. Un tempo forse solo i cani e i bambini li avevano capiti: giocandoci dentro.

Related posts

Monumento-fontana di Aldo Rossi a Segrate

Corpi ingombranti e tavole imbandite

L’altalena del mistero