Il biografo ufficiale Pietro Verni racconta il ruolo di questa importante figura spirituale che dal 2011ha rinunciato ai suoi poteri politici e continua a ispirare milioni di seguaci, come Richard Gere
«Sua santità» Il 14° Dalai Lama, vero nome Tenzin Gyatso, guida spirituale del popolo tibetano e premio Nobel per la Pace per la sua lotta per la liberazione del Tibet, dall’anno 1959 vive in esilio a MacLeod Ganj, un piccolo villaggio dell’India settentrionale. Quando La Cina volle annettersi il Tibet fu costretto a lasciare l’amata Patria occupata dalle truppe di Pechino, fu un violento e doloroso trauma per lui e per il suo popolo. La sua attuale residenza è ben diversa dal maestoso palazzo di sette piani che domina la valle di Lhasa, in Cina, dal 17° secolo residenza ufficiale dei Dalai Lama. Nato il 6 luglio del 1935 nel Tibet nordorientale, da una famiglia di agricoltori, all’età di 2 anni Tenzin Gyatso è stato riconosciuto come reincarnazione del XIII Dalai Lama, Thubten Gyatsoi. Ora che ha compiuto 90 anni ancora si definisce un semplice monaco buddista. Sebbene abbia saputo instaurare un dialogo con importanti scienziati e capi spirituali delle grandi religioni, ha rinunciato alla sua autorità politica, non a quella spirituale. I seguaci del buddismo tibetano si trovano in tutto il mondo, in Svizzera se ne contano 20 mila. La questione delicata della sua successione resta in primo piano, in questo momento storico così cruciale per il Tibet. Ne abbiamo parlato con Piero Verni, esperto del Tibet e biografo ufficialmente autorizzato dal Dalai Lama, sentito durante le recenti celebrazioni per il novantesimo compleanno.
Pietro Verni, nella cultura del popolo tibetano è molto radicata la credenza nella reincarnazione. Potrebbe spiegarci come si relaziona con la tradizione dei Dalai Lama?
La teoria della reincarnazione, come ha giustamente detto lei, è profondamente radicata all’interno della Civiltà del Tetto del Mondo. Secondo il pensiero buddista tutti noi ci reincarniamo attraverso un ininterrotto processo di nascite, morti e rinascite fino a quando non otterremo l’Illuminazione che ci libererà da questo ciclo karmico. La tradizione tibetana ha inserito, all’interno di questo orizzonte, anche la figura dei “Tulku “(Corpi di emanazione), vale a dire degli esseri molto avanzati sotto il profilo delle proprie qualità spirituali che scelgono di tornare, esistenza dopo esistenza, per continuare ad essere di aiuto agli esseri senzienti e guidarli lungo il non semplice cammino che conduce alla Liberazione interiore. La stirpe dei Dalai Lama, iniziata con Gendun Drup (1391-1474), si situa in questo contesto, dal V Dalai Lama (Ngawang Lobsang Gyatso, 1617-1682) hanno guidato i governi del Tibet.
Quando terminò questa consuetudine?
Nel 2011, quando l’attuale Dalai Lama (il Quattordicesimo) ha formalmente rinunciato ai suoi poteri politici. Dal punto di vista spirituale, i Dalai Lama sono considerati una emanazione terrena del «bodhisattva Cenrezig», nume tutelare del Tibet, i tibetani si sentono da lui rappresentati e hanno nei suoi confronti una forma di venerazione particolarmente sentita. Mi riesce sempre difficile descrivere a parole l’intensità e la profondità del legame che lega il Dalai Lama al suo popolo. Tanto è intenso e sentito. In sintesi potremmo dire che Kundun (il più diffuso dei numerosi nomi con il quale i tibetani si riferiscono ai Dalai Lama), incarna l’essenza stessa dello spirito del Tibet. E la relazione tra questa figura spirituale e la sua gente, è puro amore. Nell’accezione più nobile del termine.
Ci parla dell’ultima edizione del suo libro, la biografia autorizzata del Dalai Lama, Il sorriso e la saggezza?
L’edizione del 2021 è quasi esaurita, la Nalanda edizioni ha voluto pubblicarne una nuova, aggiornata al maggio di quest’anno in veste grafica particolarmente curata, un omaggio per i 90 anni di Sua Santità il Dalai Lama. Rispetto alla precedente edizione, abbiamo fatto alcuni cambiamenti nella struttura dei capitoli e degli «Approfondimenti» sulla cultura del Tibet che si intersecano con la vera e propria narrazione biografica della vita di Kundun. Questa edizione è disponibile dalla fine giugno e si può ordinare sia presso il sito della Nalanda (https://www.nalandaedizioni.it/) sia tramite le principali librerie
Lei ha anche scritto la biografia di Jetsun Pema, la sorella minore del Dalai Lama: Amala-Jetsun Pema: Madre del Tibet, sorella del Dalai Lama, (Italia 2024) edito da Ubiliber e uscito nel novembre 2024.
Ho il privilegio di godere dell’amicizia di Jetsun Pema da tre decenni. Il libro ha una struttura un po’ particolare… ho individuato, nella vita di questa donna eccezionale, alcuni “nodi“ particolarmente significativi e li ho collegati tra loro con tutta una serie di “puntini biografici“. Non dimenticando mai il contesto sociale e politico in cui questi “nodi“ sono inseriti. Sia Jetsun Pema sia il suo adorabile marito Tempa Tsering mi hanno fornito un aiuto incommensurabile riguardando il testo che io inviavo loro in una elementare traduzione inglese.
Quest’anno a Milano L’Unione Buddhista Italiana (UBI) con una serie di eventi ha celebrato l’importante ricorrenza del Vesak (che ricorda i tre principali momenti dell’esistenza del Buddha Sakyamuni: nascita, illuminazione e parinirvana). Lei ha coordinato una conversazione tra la signora Jetsun Pema e l’attore Richard Gere. In chiusura, il 25 maggio, c’è stata la prima visione italiana del film «Wisdom of Happiness» dedicato al XIV Dalai Lama del Tibet. Richard Gere è uno dei principali produttori. Ci parla dell’amicizia tra Richar Gere e il Dalai Lama?
In Nepal a fine anni 70 Richard Gere incontrò le prime comunità di profughi tibetani quando, come tanti giovani della sua generazione (che è anche la mia!), viaggiavano in Oriente. Rimase molto colpito da quei rifugiati, dalla loro cultura e dal loro leader. In una nostra conversazione, quando lo conobbi personalmente una trentina di anni fa, Richard mi disse la data nella quale incontrò personalmente Kundun, credo si trattasse dei primi anni 80 del secolo scorso. Il Dalai Lama, con la sua umanità, compassione e saggezza gli fece un’enorme impressione. Gere divenne suo discepolo e continua ad esserlo ancora oggi, con immutata devozione. Per quanto mi è dato vedere, il rapporto così stretto con Sua Santità ha avuto un grande impatto sulla vita dell’attore americano. E mi pare lo abbia molto aiutato ad affrontare aspetti del mondo del cinema sovente poco gradevoli.
Che cosa ci può dire della successione del Dalai Lama? Il governo di Pechino in più occasioni ha detto di considerarsi l’unica autorità a decidere in merito.
Quando, nel marzo 2015, il Dalai Lama mi concesse una lunga intervista per il libro che stavo scrivendo sulla tradizione dei tulku (P. Verni-G.Mattolin, Tulku, le incarnazioni mistiche del Tibet, sec. ed. Italia 2018), affrontò anche il problema del futuro della tradizione dei Dalai Lama e delle eventuali modalità relative alla sua successione. In sintesi mi spiegò che al momento non aveva ancora preso una decisione al riguardo ma che pensava di affrontare il tema, consultando anche importanti personalità religiose tibetane, «fra una decina di anni». Adesso quella «decina di anni» è trascorsa, e il Dalai Lama ha confermato che avrà di certo un successore…