Camminando lungo i corridoi degli studi radio di Besso si respira aria di dismissione. Molti uffici vuoti, le ditte di trasloco imballano materiali e attrezzature. Dopo 63 anni, la storica sede, progettata dagli architetti Camenzind, Tami e Jäggli, e inaugurata il 31 marzo 1962, cambia volto. Le attività radiofoniche si trasferiscono a Comano, dove già si trovano gli studi televisivi. Una decisione del Consiglio di amministrazione della SSR che risale al 2008 e che risponde a esigenze di razionalizzazione di costi e spazi, grazie a una maggiore integrazione tra radio, tv e digitale e alla riduzione delle superfici.
Motivi comprensibili, certo, ma la malinconia che si respira alle macchinette del caffè, è difficile da ignorare. Sui muri dei corridoi sono comparsi versi poetici scritti con il pennarello indelebile, come ultimo gesto d’affetto verso un luogo che ha ospitato idee, voci e progetti per oltre sei decenni. A partire dal prossimo autunno, questo edificio, definito al momento dell’inaugurazione «tra gli istituti radiofonici più moderni d’Europa» cambierà funzione, diventerà una cittadella della musica, accogliendo sotto lo stesso tetto diverse istituzioni legate alla classica. «Ma poco spazio per la musica “attuale” e la scena contemporanea…» commenta con una punta di amarezza un giovane fonico sorseggiando il caffè.
L’interno di questo grande stabile, che con la sua struttura lunga e compatta ricorda un transatlantico, è un vero labirinto. E proprio nel ventre della nave (laddove, seguendo la metafora marinaresca, si troverebbe la sala macchine) c’è uno spazio poco conosciuto, quasi magico: lo Studio 4. È qui che, per decenni, si è registrata la prosa radiofonica. Da questo studio, sono passati i più importanti professionisti del mondo teatrale e letterario di lingua italiana. Ma non immaginatevi uno studio classico: «il quattro» è una vera bottega delle meraviglie, progettata per dare vita all’universo sonoro dei racconti radiofonici. Vi si trovano porte e finestre, pavimenti in materiali che scricchiolano in maniera differente, scale, rubinetti che gocciolano, stoviglie, forzieri di vecchie monete, macchine da scrivere, un pianoforte, campane e campanelli. L’inventario sembra infinito, e il solo elenco fa girare la testa. In questo spazio, gli attori recitano in movimento, usando lo spazio dello studio, come un set cinematografico. Il risultato è un racconto sonoro profondamente «spaziale», dove ogni gesto ha un’eco concreta. Uno studio unico nel suo genere, capace di trasformare ogni storia in un’esperienza immersiva, soprattutto se ascoltata in cuffia, grazie al sistema di registrazione «binaurale» che mira a creare un’esperienza sonora tridimensionale, simile a come il suono viene percepito dall’orecchio umano.
«Nel periodo di massimo splendore della prosa radiofonica, negli anni Settanta e parte degli Ottanta, si poteva contare su diversi produttori: Alberto Canetta per il teatro classico; Ketty Fusco per i radiodrammi; Vittorio Ottino per il teatro sperimentale e Sergio Maspoli con Fernando Grignola per quello dialettale» racconta Francesca Giorzi, attuale responsabile della fiction radiofonica della RSI. «C’era anche una compagnia stabile, quella dei radioattori, che registrava in questo studio ogni giorno, a ciclo continuo. Una cosa impensabile ai giorni nostri, dove comunque abbiamo mantenuto un nucleo produttivo stabile con Sara Flaadt e Flavio Stroppini che si occupano di regia e scrittura, il sound designer Thomas Chiesa e Angelo Riviezzi assistente di produzione».
Ma la storia del radiodramma affonda le proprie radici ben più lontano. Potremmo farla risalire alla notte dei tempi, quando ci si raccoglieva attorno al fuoco per raccontarsi storie. Oppure, meno romanticamente, al 1924, quando in Inghilterra la BBC trasmise Danger, scritto da Richard Hughes, considerato il primo vero esperimento radiofonico in questo senso. Nella Svizzera italiana, il primo radiodramma risale al 1931: I maestran, di Ulisse Pocobelli e Giotto Cambi. Raccontava il ritorno degli emigranti da oltre Gottardo a Carona, loro villaggio d’origine.
Uno dei protagonisti della prosa radiofonica degli ultimi decenni è Antonio Ballerio, classe 1941, tra le voci più riconoscibili della nostra radio. «A partire dalla metà degli anni Ottanta, quando sono arrivato in Ticino, ho fatto un po’ di tutto, non solo l’attore», racconta, «mi è capitato anche di curare alcune regie. Lo Studio 4 ha segnato la mia vita, anche quella personale. È un luogo mitico». Anche perché c’è differenza tra recitare su un palco e farlo invece per i radiodrammi: «La radio ti insegna a diventare più vero. Non devi portare la voce fino alle ultime file: puoi essere autentico e meno enfatico, perché parlare al microfono è come essere vicino all’orecchio del tuo ascoltatore».
Con la conversione dello studio al digitale nel 2002, la produzione è cambiata profondamente. Pur evolvendosi, nel tempo la fiction radiofonica ha continuato a esplorare generi e tematiche diverse, dando voce, accanto ai classici, a storie del territorio e offrendo spazio anche ad autori e autrici emergenti. «Negli anni abbiamo raccolto un archivio sterminato di radiodrammi», ricorda Giorzi, «in gran parte già digitalizzato, ma forse ancora poco conosciuto e valorizzato sulle nostre piattaforme». Lo Studio 4 è stato, per decenni, la casa di queste storie. Ora sarà necessario riorganizzare tutto nei nuovi studi di Comano. «Faremo di necessità virtù. Dovremo cambiare modalità di lavoro: potremmo uscire, registrare in esterni, quasi come in una produzione cinematografica» afferma con convinzione Giorzi. «Il radiodramma ha ancora un ruolo importante e attuale. Negli anni abbiamo sperimentato nuove forme di racconto per raggiungere un pubblico più ampio, aggiornando i linguaggi: a volte non li chiamiamo più radiodrammi, ma podcast. Quello a cui però non vogliamo rinunciare è la qualità tecnica, e soprattutto quella drammaturgica».
Segnaliamo un’ultima occasione per visitare lo Studio 4 grazie alle porte aperte della sede radio di Besso, in programma sabato 20 settembre 2025.