Perché va fatto il Ponte sullo Stretto

Era il 2012. Si votava per le regionali in Sicilia. Beppe Grillo annunciò che sarebbe arrivato sull’isola a nuoto. Con altri cronisti lo aspettavamo sulla sponda siciliana dello Stretto. Chiesi ai curiosi in attesa se fossero favorevoli o contrari al Ponte. Risposero più o meno così: «Il Ponte l’abbiamo già pagato. Sono decenni che qui si fanno carotaggi, scavi preparatori, studi di fattibilità. Solo che il Ponte non c’è». Da allora sono passati tredici anni. Scavi preparatori, carotaggi, studi di fattibilità si sono intensificati. E il Ponte non c’è ancora.

Il Ponte sullo Stretto è la perfetta metafora dell’Italia, che discute da una vita delle stesse cose, senza affrontarle mai. Lo si fa da almeno mezzo secolo. Oppositori e sostenitori citano sempre gli stessi argomenti. Un classico è ricordare lo stato penoso delle ferrovie siciliane: oltre tredici ore per percorrere i 300 chilometri che separano Trapani da Ragusa. Da trent’anni si sente dire: «Prima del Ponte bisogna fare le ferrovie!». Ma nel frattempo non si sono fatte né le ferrovie, né il Ponte. L’unica novità è rappresentata da coloro che nel frattempo sono passati da un’opinione all’altra. Matteo Salvini, quando nel 2016 Renzi voleva il Ponte era contrario – «dobbiamo prima costruire le ferrovie in Sicilia!» – , e ora che è ministro delle Infrastrutture è favorevole.

Tuttavia, non è possibile accettare la logica per cui, se una cosa la dice Salvini, allora è sbagliata. Sul Ponte (e, a mio avviso, su poco altro) Salvini dice una cosa giusta.

Il Ponte – sempre a mio avviso – va fatto. In Paesi che da sempre si confrontano con il rischio sismico, come in Giappone, sono stati fatti ponti dieci volte più lunghi. L’idea per cui in Italia le cose non si possono fare è inaccettabile. È un modo per arrendersi preventivamente alla mafia senza combatterla. Il Ponte sullo Stretto è il più annunciato – e costoso – tra i ponti che non sono mai stati costruiti. Ne parlavano già gli antichi romani, che ne fecero uno, provvisorio, di barche. Già prima dell’unità d’Italia i Borbone ci avevano pensato e rinunciato. Nel 1866 l’Italia unita elaborò un progetto, ma piantare i piloni nel mare sembrò troppo difficile, e si pensò a un tunnel sottomarino; ma il terremoto di Messina del 1908 bloccò tutto.

Da allora, un governo proclama di volere il ponte, e quello successivo lo blocca. Nel 1985 Bettino Craxi, presidente del Consiglio, e Romano Prodi, presidente dell’Iri, insieme annunciano: «Avremo il Ponte tra dieci anni». Viene creata una società per il Ponte, ma il ponte non si fa. Silvio Berlusconi è favorevole; il centrosinistra contrario. Tutto sembra pronto nel 2011; però l’austerity voluta dal governo guidato da Mario Monti blocca i lavori.

Approdato sulla sponda siciliana dello Stretto, dopo averlo attraversato a nuoto, Beppe Grillo proclamò che il Ponte non serviva. Però non possiamo farla tutti a nuoto, come lui. Adesso ci riprova Salvini. Ma i nordisti della Lega sono contrari. Anche molti siciliani. Il Ponte spazzerebbe via la piccola ma florida economia dei traghetti. Ma darebbe un grande impulso al turismo: Malta, che è 82 volte più piccola, ha un fatturato e un indotto maggiore; le Baleari e le Canarie hanno quattro o cinque volte i turisti della Sicilia. Il Ponte sarà un grande volano per l’economia calabrese e siciliana, soprattutto se sarà accompagnato dall’alta velocità ferroviaria. In questi anni in Sicilia si sono mosse molte cose. Non in politica. Sull’isola i partiti hanno fallito tutti. Ha fallito la sinistra con Crocetta. Ad attendere il Grillo nuotatore c’era un gruppo di militanti dei 5 Stelle, capitanati da un giovane ribelle anti-sistema: Giancarlo Cancelleri, che adesso sta con Schifani, il presidente di Forza Italia. La riscossa della Sicilia non verrà dalla politica, ma solo dai siciliani, dal loro lavoro, e dalla valorizzazione di un concetto largo e alto del turismo: non solo alberghi e ristoranti, ma infrastrutture, cultura, spettacoli. Il turismo non ha bisogno solo di cuochi e albergatori ma di architetti, ingegneri, interpreti, guide, attori, artisti. E di enologi: il vino siciliano è cresciuto moltissimo, sull’Etna hanno investito i grandi produttori piemontesi da Gaja a Farinetti, Tasca d’Almerita esporta in tutto il mondo; e molti enologi siciliani sono donne. I teatri greci di Siracusa e Taormina sono più belli di quelli greci e ospitano rassegne importanti. Poi ci sono luoghi meravigliosi poco valorizzati, come Piazza Armerina con i suoi mosaici romani. Il Ponte servirà anche a questo.

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