Un premio che fa la corte alla cultura popolare

Dieci edizioni dopo la sua nascita quasi per caso, Facciamo la Corte! continua a essere un festival che non assomiglia a un festival. Ed è forse proprio questa sua natura fuori formato ad avergli fatto ottenere uno dei Premi svizzeri di musica 2025, assegnati dall’Ufficio federale della cultura. Un riconoscimento che va oltre la qualità della programmazione musicale – che negli anni ha portato a Muzzano nomi importanti della scena indipendente svizzera – ma riconosce soprattutto la capacità di trasformare un’intuizione semplice in uno spazio collettivo, libero e necessario.

La prima edizione, nel 2014, organizzata letteralmente nel cortile di casa a Muzzano, da tre amici di lunga data: Simone Bernardoni, Paride Bernasconi e Damiano Merzari, è all’origine del nome: Facciamo la Corte!. Alla base, la volontà di ricreare lo spirito delle vecchie feste di paese, ma con la musica degli amici. Senza grandi pretese, con una gestione quasi artigianale. Negli anni, il festivalino campestre, come amano definirlo, è cresciuto in modo spontaneo, spingendosi oltre i confini della corte e coinvolgendo piazzette, lavatoi, giardini e passaggi del nucleo storico del paese.

«Quando abbiamo iniziato non sapevamo nemmeno se sarebbe arrivato qualcuno. Volevamo solo creare un momento in cui le persone si incontrano, si sentono bene. Far succedere qualcosa», racconta Merzari. «La cosa più significativa è che è successo davvero. Forse perché nasce in un luogo familiare, in cui ci conosciamo tutti. Gli artisti vengono alloggiati dai nostri genitori, dai nonni. È un tipo di ospitalità che non si spiega, la vivi se cresci in un paese. E le origini del festival sono proprio lì, in quelle feste di piazza che da piccoli aspettavamo tutto l’anno. Abbiamo provato a ricreare quello spirito, dove la semplicità delle cose di paese – quell’innocenza da periferia che poi periferia non è – può essere ancora uno spazio fertile per qualcosa di autentico».

Il premio federale, arrivato quasi a sorpresa, manda un segnale forte all’interno del dibattito sulla cultura indipendente e sulla mancanza di spazi di aggregazione, soprattutto in Ticino. «Stupisce che venga riconosciuta una realtà così piccola, distante dai modelli culturali consolidati. Ma forse si sta iniziando a capire che la cultura può essere anche qualcosa di vicino, accessibile, di popolare nel senso più autentico del termine. E che ci sono esperienze piccole che hanno un impatto reale. Negli ultimi anni si percepisce una maggiore attenzione verso il Ticino, forse la voglia di capire meglio cosa succede da questa parte. Fin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato semplice: condividere ciò che ci piace con le persone vicine», racconta Merzari. «La cultura, troppo spesso, è percepita come qualcosa di distante, persino inaccessibile. Eppure, a volte, basta poco: anche la musica o il cinema più complessi possono trasformarsi in esperienze immediate, se vissuti e condivisi nel contesto giusto. È nella semplicità, spesso, che si deposita ciò che resta».

La pandemia ha interrotto due edizioni, ma non ha fermato lo slancio. Al contrario: ha spinto il festival a ripensarsi, scegliendo di puntare sulla scena svizzera, con un’attenzione particolare alle realtà emergenti e indipendenti. L’edizione 2025, in programma il 29 e 30 agosto, ospiterà artisti come Tatum Rush, Tendinites e Dino Brandão. A Muzzano, da dieci anni, succede questo: una festa che non cerca di diventare qualcos’altro. E che, proprio per questo, lo è già diventata.

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