«Questa inaugurazione sembra davvero una cosa seria», disse Kurt, spalmando uno spesso strato di marmellata sul pane e burro.
«Non essere ingordo», disse la mamma con tono di rimprovero.
Ma Kurt non si lasciò scoraggiare. Quando si poteva fare colazione in pace, bisognava approfittarne. «Hanno persino chiuso le scuole per l’inaugurazione».
«No, le scuole le hanno chiuse a causa dell’assemblea degli insegnanti», lo corresse Barbara.
«Per me qualsiasi scusa va bene».
«Si prenderanno le cose da soli!» Come aveva sottolineato la signora Giezendanner, era una cosa inaccettabile. «Io lì non ci vado. Non ci penso minimamente».
«Ma mamma!», disse Barbara.
«Non provare neanche a convincermi. Queste nuove mode non fanno per me».
«Ma eri sempre così contenta della Migros».
«Quando la Migros era ancora la Migros. Ma ora che presto si dovrà pure parlare in inglese…».
«Perché inglese?»
«Viene dall’America questa nuova moda dei negozi dove si prendono le cose da soli. Non voglio averci nulla a che fare. Non c’è più contatto umano».
Barbara sapeva che sua madre non amava i cambiamenti. Quando il razionamento di generi alimentari era stato introdotto nel 1939, le ci era voluta un’eternità per abituarsi al nuovo sistema, e ora che stava per essere abolito definitivamente, si preoccupava già in anticipo di come avrebbe fatto la spesa senza le fedeli tessere.
«È pratico prendere da sé ciò che si desidera dagli scaffali».
«No, la praticità è quella che avevamo prima. Dicevo alla signora Burri di cosa avevo bisogno e lei lo prendeva per me. In più mi metteva sempre da parte una lattuga particolarmente bella. E ora, improvvisamente si deve fare tutto da soli… Non saprei nemmeno dove trovare le cose».
Barbara guardò il fratello in cerca di aiuto. Fratello e sorella erano abituati a persuadere insieme la mamma. Ma con sua grande sorpresa, questa volta Kurt la pugnalò alle spalle.
«Penso che la mamma abbia assolutamente ragione», disse. «Se non si sente più a suo agio alla Migros, allora non dovrebbe più andarci».
«Vedi!», disse la signora Giezendanner.
«Sarò felice di andare a fare la spesa per te. Scrivi quello che ti serve e te lo prendo».
L’offerta fu una sorpresa, non solo perché il figlio diciassettenne non era solitamente così disponibile, ma anche perché in famiglia fare la spesa era sempre stata una cosa da donna.
«Davvero?»
«Ti faccio volentieri questo piccolo favore», disse Kurt e andò a prendere il cappotto.
Barbara, che conosceva molto bene il fratello maggiore, lo guardò dubbiosa.
Sorprendentemente, ci mise un bel po’ di tempo a tornare. Eppure la Seidengasse non era poi così lontana. Quando finalmente riapparve, i piatti della colazione erano stati lavati e rimessi a posto già da tempo. Madre e figlia erano sedute al tavolo della cucina a pelare le patate. La signora Giezendanner era dell’idea che non si dovesse oziare neanche nei giorni in cui non c’era la scuola.
«Allora? Com’è andata?», chiese Barbara.
«Molto male», disse Kurt, «assolutamente nessun contatto umano».
«Lo sapevo», disse la signora Giezendanner.
«E una folla terribile».
«Sarà così solo oggi», disse Barbara. «La gente è solamente curiosa di vedere il nuovo sistema».
«Fare la spesa così è terribilmente complicato», disse Kurt, «per questo non ho trovato tutto».
«Cosa ti dicevo?» Si capiva che la signora Giezendanner era fiera di aver avuto ragione con le sue fosche previsioni.
«Devo andarci di nuovo per comprare il resto. Sono tornato a casa un attimo tra un viaggio e l’altro per non farti preoccupare».
«È carino da parte tua».
«Non riesco a immaginare che sia così difficile», intervenne Barbara. «Ho letto che in America funziona senza problemi».
«Forse in America». Mamma Giezendanner non aveva un’alta opinione dell’America. «Dove le donne non sanno più cucinare, ma solo aprire le scatolette. Ma da noi…»
«Vuoi che vada a prendere il resto?», Barbara aveva sempre odiato pelare le patate.
«Non c’è bisogno», disse rapidamente Kurt. «Mi sono assunto questo compito e intendo portarlo a termine. Non voglio deludere la mamma». E sparì di nuovo dalla cucina prima che Barbara potesse dire qualcos’altro.
«È un bravo ragazzo», disse la signora Giezendanner.
«Ma c’è qualcosa che non va», pensò Barbara. «Quando fa quella faccina innocente, significa che ha qualcosa in mente».
Quella volta Kurt ci mise ancora più tempo. Intanto Barbara aveva finito da un po’ di pelare le patate ed era stata condannata a rammendare le calze. «Devi essere in grado di farlo se vuoi sposarti un giorno», aveva detto la signora Giezendanner, portando Barbara a decidere che non si sarebbe sposata mai.
Quando finalmente il fratello si presentò con il resto della spesa, si scoprì che mancava ancora l’Eimalzin.
«Questa volta è colpa mia», disse. «Me ne sono completamente dimenticato».
La mamma disse che non era poi così importante, che nel barattolo ce n’era ancora abbastanza per qualche tazza, ma lui insistette per andare in Seidengasse una terza volta. «Ci dici sempre che bisogna finire ciò che si è iniziato».
Se n’era appena andato quando Barbara si ricordò di voler comprare un coniglietto di Pasqua di cioccolato. «Domani è il compleanno della mia migliore amica e, dato che Pasqua è tra due settimane, ho pensato… Corro subito da Kurt e gli dico di portarmene uno. Di sicuro alla Migros ce l’hanno. Hanno sempre tutto».
Una volta raggiunto Kurt, non gli corse incontro, ma si nascose nell’ingresso di un edificio. Lo seguiva come un detective.
Löwenstrasse.
Gerbergasse.
Kurt si fermò davanti a un piccolo giardino. Si guardava intorno in tutte le direzioni, come una persona con la coscienza sporca.
O come un criminale prima di commettere un crimine.
Passò la mano attraverso la recinzione e raccolse un narciso. Si guardò intorno ancora una volta e poi riprese a camminare velocemente.
Svoltò in Seidengasse. Barbara gli stava sempre dietro.
Alla Migros, come si poteva vedere dalla vetrina, non c’era alcuna confusione. Inoltre, non sembrava che fare acquisti lì fosse particolarmente complicato. Al contrario: tutto sembrava molto ben organizzato. Le lattine di conserva erano ordinatamente impilate, le bottiglie, dal sidro dolce all’olio da cucina, erano perfettamente allineate e la frutta e la verdura erano presentate in modo così appetitoso negli scaffali che a Barbara venne di nuovo fame, anche se aveva appena fatto colazione.
E c’era anche Kurt, che si dirigeva senza esitazione verso uno scaffale dove, accanto alle confezioni di caffè, c’erano i barattoli di Eimalzin. Altro che difficile da trovare! Aveva ancora in mano il fiore rubato.
Due donne aspettavano davanti alla cassa. «Hanno almeno l’età della mamma», pensò Barbara, «e non hanno nessun problema a capire come fare».
Ma molto più interessante delle clienti era la cassiera che registrava gli acquisti. Una signorina. Una giovane. Era carina, molto carina in effetti, lo si vedeva anche dalla vetrina. Indossava il camice bianco come se fosse stato disegnato per lei dal più costoso stilista di Parigi e i capelli appuntati sotto la cuffietta erano di un biondo da far morire d’invidia.
Quando arrivò il suo turno, Kurt le porse il narciso e fece quella faccia stupida che fanno gli uomini (Barbara e le sue amiche erano d’accordo) quando sono innamorati. Naturalmente, dalla strada non si poteva sentire di cosa stessero parlando, ma di certo non aveva nulla a che fare con i prodotti Migros. Non c’era da stupirsi che Kurt cercasse una scusa per correre sempre in Seidengasse.
Probabilmente avrebbero parlato ancora a lungo se non fosse intervenuta la cliente successiva in coda. Kurt era così confuso che quasi dimenticò di pagare l’Eimalzin.
Quando uscì in strada, Barbara gli sbarrò la strada. «Quindi», disse, «nessun contatto umano, vero?».