Il fantasmagorico futuro di Gaza

by Claudia
8 Settembre 2025

È comprensibile che i media si concentrino sull’incandescente presente di Gaza, sulla flottiglia di imbarcazioni che cerca di raggiungere la Striscia, sui cingoli dei carrarmati con la Stella di David che mordono il terreno e sull’inesorabile conta delle ultime vittime provocate dal piano strategico israeliano, noto come «Carri di Gedeone».

Ma è importante non perdere di vista il suo futuro. Israele respinge qualsiasi proposta che preveda la nascita di uno Stato palestinese. L’unica opzione esterna che non scarta è quella del video creato dall’intelligenza artificiale in febbraio, dove Gaza è un resort di lusso, Donald Trump e Benjamin Netanyahu parlottano a bordo piscina, Elon Musk mangia hummus sotto una pioggia di dollari, e una statua dorata di Trump troneggia al centro di una metropoli pullulante di grattacieli, yacht, spiagge e fuochi d’artificio. 

Sembrava una farsa pacchiana e invece esprime in modo grossolano un progetto di 38 pagine elaborato da ambienti vicini a Trump e dai medesimi imprenditori israeliani che hanno generato la Gaza Humanitarian Foundation, l’organizzazione americana che gestisce, in modo a dir poco controverso, i quattro centri di distribuzione per il cibo nella Striscia. Il progetto è stato pubblicato nei giorni scorsi dal «Washington Post». Ne ho letto una sintesi sul «Corriere della Sera» scoprendo che il piano non smentisce la megalomania dell’ispiratore. Si chiama GREAT Trust (acronimo di Gaza Reconstruction, Economic Acceleration and Transformation), e prevede scenari che ricordano le torri curvilinee e scintillanti di Doha e Dubai, profumano di riccanza e disegnano una Disneyland per milionari sulle macerie di Gaza. 

Insomma, una metropoli florida e tecnologicamente avanzata costruita sopra un cimitero. Ma, soprattutto, senza palestinesi. Il GREAT prevede infatti che Gaza venga amministrata per almeno dieci anni dall’America, mentre gli oltre due milioni di abitanti dovrebbero trasferirsi «temporaneamente» in altri Paesi o in zone «delimitate e sicure» dentro la Striscia fino alla fine dei lavori. Perché niente dà più fastidio dei legittimi proprietari di quelle terre che circolano nei cantieri governati da terzi, magari addirittura pretendendo di dire la loro sulla ricostruzione. 

Il documento assicura che si tratterebbe di spostamenti «volontari» anche se fortemente consigliati e sussidiati nella misura di 5 mila dollari per ogni palestinese che se ne va, aiuti per l’affitto per quattro anni e di un anno per il cibo. Ai proprietari di terra verrebbe invece offerto un «portafoglio digitale» per andarsene o acquistare un appartamento in una delle misteriose otto città «intelligenti, gestite dall’intelligenza artificiale» che a quanto pare verranno edificate. 

Fatico a immaginare un balzo di Gaza in questa sceneggiatura da film di fantascienza, o in altre ipotesi messianiche adombrate dai coloni alleati con Netanyahu. Ma è agghiacciante l’idea di creare una «Riviera del lusso» sulla pelle di due milioni di persone costrette a lasciare le loro case, per andare a vivere non dentro fantomatiche città smart, ma trasferite in massa in Egitto, Giordania e Libano, che già ospitano in condizioni miserabili milioni di rifugiati palestinesi. Altro che sogno dorato: innescherebbe nuove ondate di antisemitismo, di radicalizzazione, di conflitti ingestibili in Medio Oriente e flussi di immigrati in Occidente.