Il tema non è nuovo. Da più decenni, e nonostante le possibilità immigratorie offerte dalla libera circolazione, i datori di lavoro dell’economia svizzera si lamentano perché manca il personale qualificato di cui necessitano. È nostra opinione che se il tema viene rilanciato attualmente è anche perché gli ambienti padronali si stanno preparando alla lunga battaglia che dovranno sostenere per rigettare l’iniziativa dell’UDC che tende a fissare nella Costituzione un massimo di popolazione. Il problema è di quelli che scottano perché la possibilità di continuare a reclutare manodopera è diventata, nelle attuali condizioni di produzione, una condizione indispensabile.
Prendiamo il caso dell’economia ticinese. Nel corso del XXI secolo il Prodotto interno lordo reale di quest’economia è cresciuto a un tasso nominale pari circa al 2,4% annuo. Nel medesimo periodo l’effettivo degli occupati è aumentato a un tasso pari all’1,8%. In altre parole, negli ultimi 20 anni tre quarti della crescita della nostra economia è stata assicurata dall’aumento degli effettivi del fattore lavoro mentre solamente un quarto può essere collegato alla crescita della produttività per lavoratore. Ora, sempre nel caso di quest’economia, siccome gli occupati residenti, a causa dell’invecchiamento della popolazione, tendono a diminuire, l’aumento dell’occupazione può essere praticamente garantito solo dall’aumento dell’effettivo dei frontalieri. Dovessimo rinunciare a loro, nel lungo termine, il tasso nominale di crescita annuale medio dell’economia ticinese si ridurrebbe di tre quarti, o forse anche di più scendendo probabilmente sotto l’1%. Questo significa che con un tasso di inflazione pari all’1% l’economia ticinese, in futuro, non crescerebbe più. Non ci sono soluzioni miracolose: con i tassi di natalità e di mortalità che ci ritroviamo, con una popolazione insomma che invecchia rapidamente, se vogliamo mantenere un tasso annuale di crescita reale positivo, dobbiamo accettare l’immigrazione di ulteriori forze lavorative anche solamente per sostituire le forze di lavoro che, nei prossimi anni, andranno in pensione.
A questa conclusione, seguendo però un’altra strada, arrivano anche Maurizio Bigotta e Vincenzo Giannone in uno studio sulle difficoltà della sostituzione dei futuri pensionati, apparso di recente su «extradati». Essi hanno analizzato il problema della sostituzione dei lavoratori che vanno in pensione. Secondo loro, a causa dell’invecchiamento della popolazione, sarà sempre più difficile reperire nuove forze di lavoro, non solo in Ticino, ma anche nella zona di frontiera italiana. Se fosse così, l’ulteriore crescita economica, anche a tassi nominali relativamente bassi, pari all’1 o all’1/2%, si potrà conseguire, in Ticino, solo con un’ulteriore immigrazione di lavoratori stranieri e quindi solo con un aumento di popolazione. Il che dimostra quanto drastica sia l’iniziativa demografica dell’UDC con la sua pretesa di voler porre un limite all’espansione demografica. A livello nazionale, in una situazione di libera circolazione dei lavoratori, si quantifica attualmente la carenza di lavoratori, entro il 2035, in più di 400’000 unità. Ci si può chiedere che cosa succederebbe se l’immigrazione dovesse venir bloccata per rispettare il limite proposto dall’iniziativa UDC e se la sorgente dei frontalieri, a causa dell’invecchiamento, dovesse a poco a poco inaridirsi. I più ottimisti reputano che, in seguito alla scarsità, i salari dei lavoratori residenti aumenteranno, che finalmente l’aumento degli affitti potrebbe essere contenuto, che le code nella rete stradale degli agglomerati potrebbero diminuire e che quindi anche le immissioni potrebbero ulteriormente ridursi, migliorando così il livello di benessere.
I pessimisti dubitano che con un’economia stagnante il livello di benessere possa essere migliorato e prevedono scenari nei quali la stagnazione economica genererà una stagnazione supplementare. Concludendo: nelle attuali condizioni di produzione della nostra economia non si possono imporre limiti alla crescita demografica senza provocare un drastico rallentamento della crescita economica. L’alternativa? Più digitalizzazione, più intelligenza artificiale, più robot al posto dei lavoratori che mancheranno.